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il nuovo palinsesto

Pure la guerra finisce in caciara nei talk-show

Andrea Minuz

Fuori i virologi dai programmi televisivi, dentro gli esperti di geopolitica. E magari fossero solo quelli. Intanto è caccia soprattutto all’ospite ucraino o russo in studio

Ormai è chiaro che sostituendo Arcuri con Figliuolo stavamo anticipando il nuovo corso dei talk-show: fuori i virologi, dentro un manipolo di generali, sottufficiali, ex alpini, strateghi militari, riservisti, direttori di Limes. Il ritorno della Storia con la S maiuscola così, tutta insieme all’improvviso, fa venire il capogiro. “Putin vuole rimettere in piedi l’Urss”, dice Sallusti da Gruber. “Dunque è un nuovo Hitler”, replica Gad Lerner. “Di Battista è ambiguo come Chamberlain nel ’38”, sempre Sallusti, ma da Floris. Forse “testimone oculare” anche lì. E se Dibba è Chamberlain, Di Maio sembra Churcill nell’ora più buia: “Putin più atroce di qualsiasi animale”. Dopo Dostoevskij, toccherà anche a “Masha & Orso”.

 

Su e giù nel palinsesto si moltiplicano le apparizioni di Diego Fabbri, habitué delle maratone di Mentana, il Roberto Saviano della geopolitica, sempre risoluto, spesso adombrato, sprezzante. Ma è caccia soprattutto all’ospite ucraino o russo in studio. A “Cartabianca” c’è Anastasia Kuzmina, eroina di “Ballando con le stelle”, già vista in lacrime a “La vita in diretta”. E poi, Irina Guley a “Otto e mezzo”, Anna Safroncik a “Zona Bianca”, anche un ripescaggio di Natasha Stefanenko su Instagram. Alle brutte, si ripiega su Al Bano, un passato nella black-list ucraina, invitato ora in quota, “amico di Putin” che prende le distanze, inorridisce, dice che “non se l’aspettava”, lancia l’ennesimo boicottaggio, come l’Adidas, l’Uefa, la Fifa: “Non ci vado lì a cantare”. Tiè. Magnifico as usual Massimo Giletti che sbaraglia tutti con l’en plein: una russa e un’ucraina faccia a faccia, in split screen, come in un serale di “Uomini e donne”.

 

All’improvviso le mappe ingarbugliate con l’Italia gialla, rossa, arancione o bianca, sono un ricordo sbiadito e lontano. La tv è un gigantesco Risiko con cartine della Russia, movimenti di truppe, carri armati, avanzamenti. Tutto anche molto “anni Ottanta”: il temibile “pulsante rosso”, “The Day After”, l’invadenza della Nato, l’imperialismo amerikano, il judo di Putin, i russi di nuovo spietati e cattivissimi come in “Danko”, “Top Gun”, “Rocky IV”, Ivan Drago, “ti spiezzo in due”. All’alba del primo giorno di guerra la tv italiana s’era fatta trovare impreparata. Forse la testa era ancora al Covid. Quell’“ucraini popolo di camerieri e badanti” (e “amanti” precisava puntiglioso Di Bella a Lucia Annunziata), frase naturalmente estrapolata fuori-contesto, si capisce, tradiva però una sottovalutazione del problema. La mancanza d’una visione d’insieme, complessa, globale.

 

Noi lì a pensare ai ristoranti, alle cure o alle vogliette dei nostri anziani, mentre il mondo cambiava di colpo in poche ore. Ma subito la tv si è registrata sull’algoritmo della guerra, del resto identico a quello della pandemia. Le ragioni dell’altro, in televisione, sono spesso ragioni dell’audience. Dietro lo sbandieramento del pluralismo, dell’“altra campana”, del punto di vista critico e “fuori dal coro”, c’è il bisogno squisitamente televisivo di buttarla in caciara (altrimenti chi se la guarda?). Il mantra è sempre quello: c’è la narrazione “mainstream”, indotta e imposta col lavaggio del cervello.

 

Ma c’è anche chi si ribella al “pensiero unico”, sentiamo cos’ha da dirci. Anche qui, insomma, ci vogliono i “No vax”. Ma chi li fa? I retequattristi sembravano i candidati naturali. Ma rispetto alla dittatura sanitaria la situazione è più complessa. C’è una condanna unanime e compatta di un’Europa e un occidente mai così uniti dallo sbarco in Normandia. Era partito bene Marco Rizzo sventolando le “ragioni di Putin” da Barbara Palombelli durante le manovre nel Donbas. S’è intravista Lady Donato lanciatissima nel paragone tra leader No pass e manifestanti russi anti Putin, entrambi “perseguitati”, buttato lì anche a ribadire una continuità tra ospitate vecchie e nuove. C’è il tribuno Michetti che scalpita sui social (“non sanzionate la Russia!”) ma l’ambasciata non retwitta. C’è Montanari contro la Nato. C’è la Rai che, con discrezione, sonda nuovi freak. Ecco Sara Reginella, psicologia, psicoterapeuta e psicodiagnosta marchigiana, ma anche filmaker, documentarista, scrittrice. Il solito talento poliedrico, rinascimentale. In un’intervista a RaiNews24, “rompe il muro di gomma dei media”, spiega come “in questi anni gli occidentali hanno occultato la nazificazione dell’Ucraina”.

 

Il Tg2 di Sangiuliano, autore di “Putin vita da Zar”, poteva essere un punto di ritrovo per putiniani moderati, atlantisti pentiti, sostenitori dell’indipendenza del Donbas. Ma il direttore molla subito l’affondo anti imperialista di Marc Innaro da Mosca che se la prendeva con “la Nato che si allarga”. È una geopolitica anche spericolata e imprendibile. Per esempio, Venezuela, Nicaragua, Cuba e fino a ieri anche la Cina schierate con la Russia, con appoggio esterno dell’Anpi e di D’Alema, non si capisce proprio cos’abbiano in comune. Forse qualcosa in passato. Chissà. Chiediamo a Canfora o Caracciolo. Nel frattempo, col solito tempismo, La7 risfodera “Chernobyl” (la serie). La si riesamina non più alla luce dell’angoscia da virus, ma nella nuova, concreta ipotesi di disastro nucleare.
 

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