Screen da Barry, Hbo

Di cosa si può ridere oggi?

Mariarosa Mancuso

Due categorie in lizza, visti i tempi: criminali e aspiranti attori. Risultato? “Barry” 

Sceneggiatori e dirigenti riuniti, ai piani alti della Hbo (la televisione via cavo che ha dato il calcio d’inizio alla più recente stagione d’oro della serialità, lo streaming di Netflix ne deriva ma non è arrivato primo). Di cosa si può ridere oggi? Minoranze no, là fuori ci sono feroci gruppi di opinione e raddrizza-mondi a colpi di tweet, una serie comica non durerebbe neanche un minuto. Donne, meglio lasciar perdere. Generi sessuali misti o incerti, pericolo – “Transparent” pareva una serie liberatoria e inclusiva dieci anni fa, quando il padre di famiglia con figli adulti Jeffrey Tambor decideva di mettersi la gonna. Non siamo più tanto sicuri che lo sia rimasta, con gli standard di oggi.

 

Pensa e ripensa, sono rimaste in lizza due categorie. I criminali, meglio se stranieri: qui sono ceceni, tatuati, non astutissimi, eppure non risulta che qualche associazione nazionale o di categoria abbia protestato. E gli aspiranti attori, disposti a vendere ciò che hanno di più caro per salire su qualsiasi palcoscenico: si possono strapazzare a piacere (direbbero: è tutta pubblicità). Pensa e ripensa, viene fuori “Barry”: la storia di un sicario svogliato e male in arnese che per motivi di lavoro – sta pedinando la vittima, onde trovare il modo più pulito per far fuori il poveretto, colpevole di essere andato a letto con la moglie di un mafioso –  finisce in un corso per aspiranti attori. La prima stagione della black comedy è dal 12 aprile scorso su Sky e Now, dal 3 maggio arriverà la seconda. La terza  e la quarta son già scritte, annuncia lo showrunner Bill Hader, talento uscito dal “Saturday Night Live” che ha lavorato in coppia con Alan Berg, e della serie è anche produttore e attore. Girarle, di questi tempi, non è facilissimo. Non tutti i killer lavorano da remoto con il fucile di precisione, qualche volta c’è da sporcarsi le mani, e addio distanziamento. 

 

“Tu e il tuo bersaglio vi siete abbracciati”, fa notare al sicario Barry, con una certa irritazione e il solito accento pesante, il criminale ceceno che ha pagato per il lavoro. Vero, alle lezioni di recitazione succede: per esercizio, per esigenze di copione, per semplice affetto. Insegna i rudimenti dell’arte un tizio che aveva un’aria familiare, ma mai lo avremmo identificato senza l’aiutino di internet: Harry Winkler, ovvero Fonzie. Il giovanotto della sit-com “Happy Days” che chiamava le ragazze facendo schioccare le dita (erano gli anni Settanta, la serie era ambientata nei Cinquanta, dovrebbe esser tutto caduto in prescrizione).      L’ex marine Barry in missione a Los Angeles scopre il brivido degli applausi. Improvvisa un monologo tratto dalla sua vita grama, mentre gli altri allievi spuntano il catalogo delle banalità da provino. Quello che si veste come Marcel Marceau e fa il mimo, quello che decide risolutamente per un ruolo da “poliziotto numero due” (il cattivo, isterico, dal grilletto facile). In più rubano scene strappalacrime ai film di successo, e mettono nella stessa frase – “son due ragazze che ce l’hanno fatta” – Meryl Streep e Kaley Cuoco. Per gli ignari di “The Big Bang Theory”, la biondina del pianerottolo accanto a Sheldon il genio della fisica (tra le due, oltre 30 anni e parecchi Oscar).

“Tutti recitano nella vita” sentenzia il maestro, mentre gli allievi dichiarano il loro vero mestiere – barista o cameriere – alla polizia che li interroga: Barry ha combinato un pasticcio, la vittima è stecchita con qualche danno collaterale. Cameriere e barista, perlopiù. Barry cerca di rimediare agli sbagli, e mentre prende la mira deve sorbirsi la lagna dell’aspirante bocciata al provino.

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