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Schizofrenico Sanremo

Manuel Peruzzo

La terza serata del Festival, dedicata alle cover, è stata come andare a un compleanno e trovarci a un funerale. Ma ci sono state anche delle note positive: Willie Peyote con Bersani, Ghemon con i Neri Per Caso, Malika Ayane. Ma il meglio l'hanno dato gli Extraliscio

“Mi rimetto alla clemenza del pubblico, e ho davvero bisogno che ci sia una reazione da parte loro. Se non ne hanno, mi sento perduto” David Bowie

  

Questa terza serata del Festival delle cover è stata come andare a un compleanno e trovarci a un funerale. È un festival schizofrenico: prima ti dicono che vogliono distrarci dal momento che viviamo, poi Amadeus se ne esce con “la gente è disperata, il Paese è come se vivesse una guerra”. Non pensate al pubblico che non c’è, ma ogni due secondi si ripete che sarebbe stato tanto meglio con le poltrone piene. Non pensate alle restrizioni pandemiche, ma facciamo l’orazione funebre ai teatri (persino Emanuela Fanelli nel monologo dolente da crisantemi secchi). “Quando sei arrabbiato non vai alla festa di compleanno", ha detto Amadeus per giustificare i bassi ascolti. Gli chiedevano perché la gente cambiasse canale. Forse l’obbiettivo della stampa è vederlo piangere.

 

Un elenco minimo di sventure raccolte durante la serata. La sclerosi multipla di Antonella Ferrari, la leucemia di Mihajlović, il disabile che gioca a calcio in carrozzina. È il Sanremo della spensieratezza ma anche un po’ medical drama. E i messaggi sono tutti giusti: il desiderio di inclusione della diversità, il superamento dell’avversità, il bisogno di rinascita. Eppure puntano al ricatto più che al riscatto. Abbiamo veramente bisogno ci si ricordi di non rubare il parcheggio ai disabili?

  

C’era quasi meno disgrazia sulla spiaggia di Camogli con i gabbiani che pasteggiavano coi resti delle bare franate in mare. Come fai a divertirti quando sei disperato e incazzato?  

 

Ma passiamo alle cose che contano. Al primo schiaffo bisogna denunciare, ma varrà anche per gli stylist? Renga s'è portato per spalla l’infagottata Casadilego, per farci dimenticare quella sua teoria sulle voci femminili che sarebbero più brutte. È stato evidentemente frainteso, intendeva che le cantanti in gara si vestono di merda. Come la Michielin in duetto con Fedez, ispirati dal capodanno russo. Il duetto era simpatico, ma le paranoie sul patriarcato –che interessano solo ai giornalisti– sono una sciocchezza tale che alla Michielin è bastato liberarsi del mazzo di fiori offrendolo a Fedez, per passare per Simone de Beauvoir. A nessuno importa di quei fiori tranne all’assessore di Sanremo. Il dubbio poi è se la mascolinità tossica contro cui lottiamo sarebbe quella di Fedez che piange se lo fissi o di Michele Bravi in pizzo?

  

Quanto a Vittoria Ceretti, modella bellissima che dice “Perfetto, che emozione” con la stessa mia convinzione di quando arriva uno diverso dalle foto profilo: è molto bella. Fine. 

   

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Ibra in queste condizioni è uno spreco totale. Ditemi, che senso ha dare 500 mila euro a Ibrahimovic per sentirlo parlare vestito (mica ci teniamo così tanto alla moda). In più, per accontentare quella percentuale di uomini etero, pure il siparietto di calcio con Mihajlović (l’unico che rimette Ibra al suo posto), e insieme hanno persino cantato malissimo “Io Vagabondo”. Peggio dei palloncini.

         

A causa di persone come questi giovani dai nomi che paiono password, Orietta Berti ci ha tenuto a puntualizzare che: “Ho cantato con un microfono normale, senza l’aiuto dell’intonazione come usano quasi tutti qua”. Ci sono stati anche momenti riusciti, e perdonatemi se li ricordo solo ora, ma in qualche modo devo sfogare la mia cattiveria. Willie Peyote con Bersani perché “Togli la ragione e lasciami sognare, lasciami sognare in pace”, i Neri per caso con Ghemon perché “Si può amare da morire ma morire d'amore no” (senza bisogno di tirar fuori le scarpe rosse), e Malika Ayane in quel capolavoro di Conte e Pallavicini, perché “chi se ne va che male fa?” (verso che dedichiamo a Zingaretti).

 

Fulminacci/Lundini/Roy Paci? Bravi, ondeggianti, brevi. La credibile Madame ha provato a rifare la perfezione, il Celentano di prisencolinensinainciusol, cioè quella cosa di quando c’erano idee, soldi, energia. Ma al posto della Carrà aveva dei ragazzini male inquadrati e neppure i banchi a rotelle per scivolare sul palco. Ma se non sei megalomane a 19 anni, quando? Irama con Cyrano di Guccini ci ha dimostrato che la didattica a distanza può funzionare.

  

Forse tra i momenti migliori, in quanto a tentativo riuscito d’evasione, ce n’è uno in particolare. È quello degli Extraliscio con tale Peter Pichler.

  

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Hanno portato il liscio a Sanremo quand’eravamo ancora svegli, il cantante ha fatto l'elicottero con la chitarra, una gran confusione organizzata sul palco e un tizio tedesco che li accompagnava con il Trautonium, uno strumento bizzarro e ipnotico. Roba che anche senza allucinogeni ti ritrovi in un altro mondo, alla sagra della zucca a Gavirate che ti pare Woodstock, coi vecchi rigidi che slittano in pista come sotto anfetamine. Forse è quello di cui più avremmo bisogno per non cambiare canale.

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