Abbasso la mamma e viva X Factor

Simonetta Sciandivasci

Tutti ventenni, tutti talentuosi, tutti tenaci. A parte un cafone e un mitomane vittima del bullismo bianco del sud. Vogliamo Di Battista tra i giudici

E’ come quando, da bambina, ti dicono che esistono i fantasmi, e ti spiegano che tu non li vedi ma loro vedono te, e allora per settimane vivi in imbarazzo e in allerta e fai tutto con grande cautela, eleganza, sospetto, forse terrore, e ti spogli e sbadigli e fai i ruttini il meno possibile, e quando vai in bagno spegni la luce. 

 

Ieri sera a X Factor c’erano così tanti talenti che oggi e domani e tra un mese tutte le volte che usciremo di casa e incontreremo l’inferno, cioè l’altro, penseremo: e se questo qua è un grande cantante, e se dopodomani me lo ritrovo in classifica, non vorrai aggredire il nuovo Renato Zero soltanto perché ti sta sbraitando in faccia, e senza mascherina, il suo diritto a parcheggiarti sui piedi? 

 

Ma dov’erano finiti tutti questi bravoni, in un lockdown pregresso durato dieci anni? Ma magari sono fioriti tutti adesso, grazie alla pandemia che a questo punto bisogna cominciare a dire che ha fatto bene alla X, e pure grazie alla GenZ, che sembra piuttosto rorida di talenti (ci perdoneranno quelli che odiano le generazioni, e dicono che sono etichette sceme, o “invenzioni del marketing” – così la pensa Calcutta, lo ha detto a questo giornale un mesetto fa). Come che sia, all’ultima puntata delle audizioni si sono presentati quasi solamente bravi ragazzi, a parte il pazzo di paese che ha detto di aver portato qualcosa di inedito per l’Italia, e che tutti a Foggia gli dicono che è un genio (amici foggiani, crudeli che siete), e vedete come la provincia esercita il bullismo bianco: convincendo un immeritevole egocentrico molto estroso e però anche ingenuo (povero cuore!) a salire su un palco dicendogli per anni che il mondo non aspetta che lui, e lasciando poi che quel palco lo cacci via a pedate. Fuori dalle grandi metropoli, dove ci si annoia parecchio ma ci si diverte con poco, il bullismo bianco ha portato certuni persino a candidarsi a sindaco, e la cittadinanza è stata al gioco più del tribunale di X Factor, e ha votato molto di più di quattro sì, ed ecco spiegate certe bizzarre giunte che amministrano certi luoghi dimenticati, inoperosi ma forse un po’ felici. 

 

Ma torniamo a noi. A proposito di talenti che non lo erano, ieri sera mentre X Factor andava in onda c’era Di Battista a Piazza Pulita che dava dell’Udeur al Movimento Cinque Stelle e per la millesima volta diceva che se il suo contributo rivoluzionario non è più gradito, perché il movimento è ormai un partito a vocazione democristiana, lui può anche andarsene (e dove? A dirigere case editrici? Caro X Factor, non è che te lo vuoi prendere tu, questo subcomandante Marcos? Non a cantare, per carità, ma a giudicare? Dai, prenditelo, lo vendiamo per poco, come quel cantautore, che tutti conosciamo, vendeva il suo didietro in quella canzone che dovremmo ascoltare ogni giorno insieme all’Ave Maria). 

 

Bravi e anche belli tutti questi giovani ventenni o giù di lì (ma i trenta-quarantenni sono scomparsi? Hanno trovato lavoro? Sono andati per età, si sono sposati e hanno fatto carriera, che è una morte un po’ peggiore - sempre quel cantautore che è superfluo citare?). Menzione speciale per il ragazzo di Sicilia, Roccuzzo, che ha cantato “Promettimi” di Elisa e ha fatto piangere Emma, che piange spesso e in un modo bellissimo, con rabbia, coi nervi a fior di pelle, e quindi è già la nostra più amata, anche perché canta, balla, imita, sta seduta a quella scrivania come se ci fosse nata, e ogni tanto è così a suo agio che sembra pronta a farsi fare le unghie dei piedi. Come Roccuzzo, quasi tutti gli aspiranti avevano alle spalle una storia di genitori rompipalle che dai figli vorrebbero “una laurea in qualsiasi cosa, basta che sia una laurea”, canovaccio classico e tipico che grazie al cielo non hanno infilato nelle canzoni, ma semplicemente nel dito medio che hanno opposto a mamma e papà, evitando l’università e andando a fare i camerieri nell’attesa di trovare qualcuno disposto a farli cantare. Martina, ventunenne e bellissima, alla mamma che prima l’ha iscritta a un corso di musica e poi le ha detto che sarebbe stato meglio laurearsi, ha risposto tatuandosi il suo nome, presentandosi a X Factor con una canzone nella quale le dice di star zitta e ascoltare la radio, e passando le prime selezioni. Quando l’ha chiamata per avvisarla, la signora ha risposto: “Fammi vedere Mika”. In mani a chi sono i nostri ragazzi.

 

S’è visto soltanto un genitore sostenitore, ed era un papà che accompagnava il ragazzo bolognese che ha cantato gli Stadio, è stato ammesso con tre sì su quattro, ed era dispiaciuto di quell’unico no, e il suo papà gli ha detto ma che importa, essendo un padre e non una momager. 

 

Altra menzione speciale allo sbruffoncello che ha rappato che la sua vita è rock’n’roll e quando Emma gli ha parlato, le ha sbadigliato in faccia. Mica male. Lei, dopo avergli urlato che al mondo esiste gente che per stare al posto suo si alza all’alba e va a servire ai tavoli, gli ha pure detto di sì. Grazie al cielo, lo hanno bocciato gli altri. Lui ha detto: non mi sono accorto di aver avuto un brutto atteggiamento. Così è il cafone puro: non sa di essere cafone. 

 

Manuel Agnelli ha detto a un certo punto d’esser dispiaciuto perché dalla prossima volta i giudici saranno nemici e in effetti è stato bello vederli così in armonia, così desiderosi di fare spettacolo oltre che processo. Modesta proposta: perché non formano una band? Una fluiband! Hell Raton produce, Agnelli scrive i testi, Emma e Mika cantano, ma sai che bomba, sai quante X. Di Battista, se vuole, può disegnare la copertina del primo disco. Fateci sognare. 

 

Ps. Un’altra modesta proposta: dal prossimo anno, sempre che il mondo esista ancora, non si possono ridurre le puntate di audizioni a una sola due ore di Corrida, per favore? 

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