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Il direttore del Tg2 spiega perché l'Agcom ha preso un abbaglio sul caso svedese

Gennaro Sangiuliano

"La domanda elementare, quasi banale, è: le azioni del governo svedese possono essere raccontate, e magari criticate, dalla libera stampa?"

Al direttore - Nel maggio 2019, come i vostri lettori forse ricorderanno, il Tg2 dedica un’inchiesta alla Svezia e accende i riflettori sul fallimento del modello di accoglienza e integrazione svedese in particolare sui cosiddetti quartieri “fuori controllo” a forte presenza di comunità islamiche. Si tratta di una questione che attira l’attenzione dei media mondiali perché la Svezia da sempre ha rappresentato una nazione ad alto tasso di civiltà, modello di coesistenza pacifica e di servizi sociali avanzati. Grandi gruppi televisivi mondiali, a cominciare dalla Bbc alla Cbs, decidono di raccontare quello che accade, oltre alla carta stampata. Anche televisioni italiane e soprattutto la carta stampata giudicano rilevante la vicenda. I toni sono alquanto univoci, tutti i giornalisti concordano sulle difficoltà dell’integrazione e del modello multiculturale di questo paese.

 

Il Tg2 decide di mandare in Svezia per un’inchiesta l’inviata degli esteri Manuela Moreno prendendo spunto da un fatto evidente di cronaca, l’accoltellamento nella città di Helsingborg della moglie del locale capo della comunità ebraica. L’inchiesta del Tg2 solleva le proteste dell’ambasciata svedese in Italia che ritiene che la situazione non sia quella rappresentata dalla nostra testata. L’Agcom, raccogliendo alcune delle rimostranze dell’ambasciata svedese ha ritenuto di includere questa vicenda nella delibera 69/20 con cui ha sanzionato la Rai. Nel dettaglio l’Agcom scrive: “Il tema dell’integrazione in Svezia risulta esser stato trattato, peraltro in diverse puntate, in maniera univoca, con voci esclusivamente a sostegno della mancata integrazione e dei problemi legati a essa, dunque senza un effettivo contraddittorio con posizioni e opinioni diverse sulla materia”.

 

Il 22 agosto 2018 la Bbc, spesso presa a modello di imparzialità e obiettività, titola la sua inchiesta: “Stupro in Svezia: la maggior parte degli aggressori condannati di origine straniera, afferma la Tv”. La Bbc argomenta: “Circa il 58 per cento degli uomini condannati in Svezia per stupro e tentato stupro negli ultimi cinque anni sono nati all’estero, secondo i dati della televisione nazionale svedese. L’emittente pubblica Svt ha dichiarato di aver contato tutte le condanne giudiziarie per presentare un quadro completo in Svezia”. Il 7 ottobre 2016 in un’altra inchiesta sempre la Bbc aveva titolato: “Come la Svezia divenne un esportatore di jihad”.

 

Il 14 aprile del 2019 la Cbs, grande network statunitense, dedica un reportage alla Svezia: “Le aree urbane in Svezia note come ‘zone vietate’ sono presumibilmente invase dalla violenza dei migranti, dove persino alla polizia viene ordinato di non pattugliare lì. Cbsn Originals ha parlato con Erik Åkerlund, capo sovrintendente del comune di Botkyrka”. Ancora il network americano scrive: “Il tramonto dei diritti svedesi”. Del caso Svezia si sono occupati il Fatto Quotidiano, la Stampa, la Repubblica, “Piazza Pulita” La7, il Corriere della Sera, il Foglio, il Tempo.

 

Il Corriere della Sera ha titolato: “I villaggi della sharia alle porte dell’Italia e nel cuore dell’Europa”. “Piazza Pulita” ha titolato: “Islamic State of Stoccolma”, e aggiunge: “A pochi giorni dall’attentato di Stoccolma siamo andati nel quartiere della capitale svedese dove regna la sharia”. La Stampa titola: “Nel ghetto ribelle di Malmo dove vacilla il modello Svezia”. E ancora: “Capitale degli stupri. Aree off limits”. Il Foglio scrive: “Come riporta il Times, il 36 per cento delle donne svedesi ammette di non sentirsi al sicuro di notte. Il crimine aumenta nelle aeree di esclusione sociale che alcuni chiamano no go, per ammissione della Polizia ce ne sono 55”. Il Tempo titola: “Qui comanda l’islam”, sottotitolo “la piaga delle no go zone. I ghetti radicalizzati dove la polizia non entra”. Il Messaggero è il più duro e scrive: “E così in questo paese, insieme all’hockey su ghiaccio, lo sport nazionale è diventato lo stupro di gruppo. Secondo i dati del Consiglio nazionale per la prevenzione del crimine, nel 2017 ci sono state 73 aggressioni sessuali per ogni 100 mila abitanti, il 24 per cento in più degli anni passati. Un’inchiesta della televisione svedese Svt ha riportato come il 58 per cento dei condannati per crimini sessuali sia nato fuori dai confini dell’Unione europea”.

 

Nei servizi in questione il Tg2 ha incontrato imam, professori esperti di islam e di terrorismo, il capo della Comunità ebraica, analisti geopolitici, rappresentanti di ogni parte politica, colleghi e gente comune. Il temine “no go zones”, proprio perché controverso in Svezia, non è stato utilizzato nel servizio andato in onda nel Tg2 (termine invece abusato da tutte le corrispondenze fatte dalla Svezia, sia da carta stampata che dalle televisioni). Che esistano zone fisiche, e non, dove la polizia non entra ci è stato confermato dagli abitanti dei quartieri, i primi a essere preoccupati della situazione. Girando per queste zone non abbiamo mai incontrato la polizia. Tra gli intervistati del Tg2 c’è Isak Reichel, segretario generale del consiglio degli ebrei svedesi che con molta misura risponde ai nostri microfoni: “Ha notizie del suo assalitore? Sappiamo che è stato arrestato in Danimarca, portato in Svezia e sarà processato qui. Sa la matrice dell’aggressione? Ancora non sappiamo se è stato un crimine d’odio o meno. Aspettiamo ciò che dirà il giudice”.

 

Con assoluto equilibrio il Tg2 fa parlare l’imam di una delle più importanti moschee di Svezia, Anis Malik Al Rawi: “Se prendi una persona di livello molto basso della società e di colpo lo porti in alto qui in Svezia, è uno choc. Ci sono molti fanatici qui in Svezia, ma nelle moschee non li vogliamo”. Tra gli intervistati dell’inviata del Tg2 c’è il capo della campagna elettorale dei socialdemocratici, John Zanki, che ai nostri microfoni dice: “Non è stato un errore perché noi abbiamo preso una grande responsabilità per esempio nella crisi della migrazione del 2015. Continueremo ad avere una politica di immigrazione solidale, facciamo la nostra parte, gli altri paesi adesso devono fare di più”. La presenza dell’esponente del Partito socialdemocratico e soprattutto quelle dell’imam della moschea dimostrano che l’affermazione del documento Agcom “in maniera univoca, con voci esclusivamente a sostegno della mancata integrazione”, non è aderente ai fatti. Recentemente il Ceo della casa automobilistica Volvo Samuelsson con sede a Goteborg, conferma che forse dovranno chiudere la fabbrica per la difficoltà di trovare personale tecnico, manager disposti a trasferirsi a causa dell’alta criminalità. Su questa vicenda c’è stata una campagna screditante nei confronti del Tg2, della Rai e dell’autrice del servizio, un’inviata che dal 1992 lavora in Rai senza nessun precedente di questo tipo e alla quale, per le minacce ricevute sui social, la Digos ha concesso un protocollo di sorveglianza di livello 1. Per questo la collega ha avuto la solidarietà del Cdr, dell’Usigrai e dalla Federazione nazionale della stampa. Ogni ambasciata, peraltro di un paese democratico come la Svezia, ha il diritto di criticare impostazioni giornalistiche. Ma allo stesso modo le affermazioni di un’ambasciata non rappresentano una verità intangibile. Del resto, perché l’Agcom non si è interessata delle rimostranze dell’ambasciata venezuelana quando il Tg2 ha intervistato Juan Guaidó? La domanda elementare, quasi banale, è: le azioni del governo svedese possono essere raccontate, e magari criticate, dalla libera stampa? O la Svezia rappresenta una perfezione assoluta? Nel caso Regeni, giustamente, la stampa italiana non si è accontentata delle affermazioni dell’ambasciata egiziana ma le ha volute verificare.

 

Gennaro Sangiuliano è direttore del Tg2

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