Rai, sede di Viale Mazzini (foto LaPresse)

Il fermento in Rai in attesa delle nomine

Lorenzo Marini

Tutto fermo in Viale Mazzini, anche se la corsa è cominciata e i nomi ci sono già. Guai sul canone in vista

Roma. In Rai arriva sempre il momento in cui ci s’incarta sulle nomine. Perché la politica reclama posti e Viale Mazzini è sempre sensibile. Specialmente se nel frattempo la maggioranza di governo è cambiata e non è più quella che ha nominato gli attuali vertici. Le nomine in questione, che daranno l’avvio al piano industriale dell’ad Fabrizio Salini, arriveranno, forse, per fine mese, in un Cda che sarà convocato per il 28 novembre. Proprio per questo Alberto Barachini, presidente forzista della Vigilanza, ieri ha prontamente stabilito l’audizione di Salini il 26. La Vigilanza deve dare ancora un parere, non vincolante, al suddetto piano. E fare un passaggio in Parlamento prima di procedere è sinonimo di buona prassi istituzionale. Poi inizierà lo show che, almeno per ora, riguarderà solo reti e le direzioni di genere, mentre non saranno toccati i Tg, come vorrebbe il Pd, che spinge per avere un telegiornale: voleva il Tg1 ma si dovrà accontentare di avere un Tg3 d’area (con Giuseppina Paterniti), come ai vecchi tempi. “Il Pd la Rai non l’ha mai abbandonata, i dem considerano Viale Mazzini il salotto di casa loro, che ora reclamino posti di primo piano fa ridere quando molti dirigenti vengono da quell’area”, osserva una personalità di spessore dell’azienda.

 

In uscita dovrebbe esserci la “direttora” di Raiuno Teresa De Santis: al suo posto se la giocano Franco Di Mare (area 5 Stelle ma non dispiace ai dem) e Stefano Coletta (area Pd che non dispiace ai 5 Stelle). In caso di trasloco di Coletta da Raitre, lì è pronta a planare Maria Pia Ammirati. A Raidue nel post-Freccero il derby è tutto a destra tra Ludovico Di Meo (Fdi, favorito) e Marcello Ciannamea (più vicino alla Lega). Per quanto riguarda i generi, il risiko è il seguente: Antonio Di Bella all’approfondimento news; Coletta al prime time; Andrea Vianello al day time; Tinny Andreatta resta alla Fiction; Elena Capparelli resta al digital; Silvia Calandrelli rimane alla Cultura; Luca Milano resta a Rai Ragazzi. Resta aperta la casella di Rai Cinema e Serie tv, dove è in uscita Del Brocco. Il posto è assai ambito e i vertici della Rai vorrebbero puntare sull’ex dg Mario Orfeo. A scalpitare, però, c’è Monica Maggioni, ora a RaiCom: vorrebbe rientrare in prima linea con la direzione dell’offerta informativa, poltrona che fu di Carlo Verdelli. Se finisse lì, sarebbe la quadratura del cerchio vista la guerra che Maggioni fece all’attuale direttore di Repubblica. Oltre a Di Mare, i 5 Stelle pare stiano spingendo molto pure Francesco Giorgino, volto del Tg1, un tempo berlusconiano doc. Intanto gli ascolti calano: da metà settembre a metà novembre le tre reti Rai perdono l’1 per cento di share sull’intera giornata e l’1,5 sulla prima serata rispetto al 2018.

 

In questi giorni, però, attorno alla Rai è scoppiata pure la guerra del canone, che vede uniti in un fronte anomalo 5 Stelle e Italia Viva. Tutto parte da un testo depositato in Vigilanza dalla pentastellata Maria Laura Paixa: niente più canone e libero accesso al mercato pubblicitario, senza più il tetto di oggi. Luigi Di Maio, più cauto, parla invece di “riduzione”. Mentre proprio ieri in Vigilanza il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha sottolineato come “una riduzione dei costi debba portare a un calo del canone”. Il renziano Michele Anzaldi, invece, sta raccogliendo firme su Change.org per un calo graduale ogni anno se la Rai non mantiene standard di equilibrio e pluralismo. Contrarissima, naturalmente, l’azienda, con prese di posizione di Salini, dei consiglieri Riccardo Laganà e Rita Borioni, e pure dell’Usigrai. Ricordiamo che il canone in bolletta frutta alla Rai circa 1,7 miliardi l’anno, meno del previsto perché l’extragettito e tasse varie sono dirottate altrove, quindi dei 90 euro pagati dai cittadini Viale Mazzini ne incassa in realtà 74.

 

Infine, si discute anche di Fiorello. Il successo su Raiuno c’è stato ma, se si vanno a vedere i numeri, nell’azienda ormai fissata con lo share c’è chi storce il naso. Dopo il buon esordio al 25,1 per cento, Viva RaiPlay ha chiuso venerdì 8 novembre con un 21,6. In quella stessa fascia oraria, dopo il Tg1, il programma “I Soliti Ignoti” viaggia tra il 20 e il 21, con picchi anche oltre il 22. Mentre secondo il quotidiano Italia Oggi il programma va male anche sul web: è solo al 15esimo posto tra i programmi visti sui device digitali. Alla Rai, mostro ibrido tra servizio pubblico (poco) e tv commerciale (molto), lo share conta tantissimo. E che un programma sia bello, intelligente, innovativo (o di rilievo culturale) conta sempre meno se non praticamente nulla. Stavolta ne farà le spese anche Fiorello?

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