Perché se guardi “The society” su Netflix poi pensi ai Cinque stelle

La nuova serie tv ispirata al “Signore delle mosche”

David Allegranti

Roma. Allie, Cassandra, Becca, Grizz e Luke (più molti altri: stiamo parlando di un intero liceo) tornano da un breve viaggio scolastico e si ritrovano improvvisamente soli. Senza più genitori, bloccati nella città disabitata in cui sono cresciuti per tutta la vita. Gli adulti sono spariti e i ragazzi dovranno fin da subito imparare ad autogovernarsi e a prendere delle decisioni impegnative (qual è la pena giusta da comminare per un reato? Come gestire le riserve di cibo e acqua prima ancora che inizino a scarseggiare? Chi è il leader di una comunità appena nata sull’onda di un’emergenza? A chi tocca l’uso legittimo della forza?). A qualcuno la trama di “The society” (ideatore Christopher Keyser; tra i registi c’è anche il Marc Webb di The Amazing Spider-Man), uscita da pochi giorni su Netflix, suonerà famigliare. E’ infatti ispirata al “Signore delle mosche” di William Golding, libro uscito negli Stati Uniti per la prima volta nel 1954 che racconta la storia di un gruppo di ragazzi bloccati su un’isola disabitata e il loro tentativo di darsi un governo.

 

Fra romanzi e serie tv (tratte da romanzi e non), negli ultimi anni diversi autori hanno raccontato comunità o individui costretti a crescere velocemente e a fare cose per le quali non erano minimamente preparati. Nel 2016 è uscita “Designated Survivor”, serie creata da David Guggenheim e arrivata alla terza stagione, che racconta la storia di Thomas Kirkman, sconosciuto urbanista a capo del Dipartimento della casa e dello sviluppo urbano degli Stati Uniti che dopo un attentato terroristico in cui muore tutto il governo si ritrova alla guida del mondo libero (quella del “sopravvissuto designato” è una figura istituzionale del governo americano). 

 

Anche in questo caso, Kirkman, un idealista lontano dal piglio machiavellico della politica, veste i panni del totale neofita che deve decidere, pur avendo zero esperienza di governo, che cosa fare in caso di conflitti armati, quali azioni diplomatiche intraprendere nel duello geopolitico con la Russia. Può un moralista alla primissima prova in politica riuscire a governare senza farsi distruggere da una macchina complessa come quella dell’amministrazione americana? Del 2014 è invece la serie “The 100”, ispirata ai romanzi di Kass Morgan, che ha per protagonista un gruppo di giovani inviati sulla Terra per ricolonizzarla dopo che anni prima una guerra nucleare aveva decimato l’umanità costringendola alla fuga nello spazio. Anche qui i ragazzi, che provengono tutti dal carcere dell’Arca (così si chiama la nave spaziale che ha salvato l’umanità dalle radiazioni letali), dovranno sopravvivere cercando di darsi, o di non darsi, delle regole. Non tutti sono criminali incalliti, ladri o assassini, qualcuno è finito in prigione per “crimini” che in uno stato di diritto difficilmente sarebbero stati definiti tali, ma in alcune circostanze estreme la capacità di adattamento dell’uomo può imporre una sorveglianza maggiore e compromessi che in condizioni normali non sarebbero mai accettati (ma anche qui dipende; le virtù non si piegano al contesto storico e politico, o quantomeno non dovrebbero). Di solito, si dice, per il bene comune (come la sopravvivenza dei molti a danno dei pochi). Ecco, in tutte queste serie e romanzi citati, la questione del bene comune e dell’etica della sopravvivenza compare subito ed è l’aspetto più interessante di ogni storia. I protagonisti di “The society”, pur molto giovani, dovranno di volta in volta prendere dimestichezza con i concetti di giustizia, retribuzione e prevenzione della pena, e con la difficoltà che c’è nell’essere terzi rispetto ai casi che si presentano (giudiziari, politici e sociali). Capacità ed esperienza non bastano a evitare errori, anche grossolani, figurarsi cosa può succedere a degli adolescenti che per la prima volta si trovano senza alcuna autorità, morale e politica.

 

Ora, in Italia non c’è affatto bisogno di Netflix e dintorni per capire, anche fantasiosamente, dove può arrivare l’inesperienza e l’incompetenza quando raggiunge ruoli di governo. E’ il motivo per cui possiamo dire che le distopie sono diventate inutili: qui abbiamo i Cinque stelle al governo e non c’è bisogno di pittoreschi sceneggiatori. E’ già tutto nelle mani di quelli di Lost.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.