Carlo Freccero

Il cineforum aziendale e rivoluzionario di Freccero

Andrea Minuz

Il neodirettore di Raidue lancia “Ultimo tango a Parigi” in prima serata. A Canale 5 lo superano a destra e sinistra col prologo di “Adrian - la serie”, puro nonsense di sketch incomprensibili 

Ritorna Cesare Battisti, ritornano gli anni Settanta, la rivolta antiborghese, lo scandalo di “Ultimo tango” e il cineforum sulla Rai, come ai tempi di Claudio G. Fava, solo che ora c’è la rivoluzione di Freccero. Il boom economico di Di Maio è alle spalle, siamo già entrati nel remake del decennio successivo. Nella penombra di uno studio con le tapparelle serrate, come in una versione cine-esistenzialista del discorso di fine anno di Mattarella, Freccero ci introduce a questa “storia di amore e morte in una Parigi decadente, struggente”, a un film “che ho amato, amo e amerò alla follia”, un film che “quando l’ho visto ho pianto”. Naturalmente non è facile introdurre un’“opera così complessa”, quindi Freccero chiede “scusa” a tutti gli italiani e la prende da lontano. Dice che la morte di Bertolucci è passata inosservata, che non c’è stata la grande attenzione di massa, “come per altri funerali di questi ultimi anni, come per esempio per i funerali di Alberto Sordi”. Bisogna fare di più: “Bertolucci è stato uno dei maggiori maestri del cinema e noi siamo obbligati moralmente a programmare questo film”.

 

 

Negli anni Settanta, senza concorrenza, telecomando o posticipi su Sky, anche noi saremmo stati obbligati a vederlo, ma ora, mentre Freccero lancia il cineforum aziendale e rivoluzionario, a Canale 5 lo superano a destra e sinistra col prologo di “Adrian - la serie”, puro nonsense di sketch incomprensibili che accompagna lo spettatore verso la prima puntata della serie disegnata da Manara, sceneggiata dagli allievi di Baricco e ideata, scritta, cantata da Adriano Celentano. Due modi uguali e diversi di essere contro le multinazionali, il consumismo, l’omologazione. Due eventi televisivi contro “il Potere”, come ama dire Freccero. 

 

“Questo è un film che non ha nulla a che fare con il conformismo di oggi”, perché oggi i “film sembrano videogiochi”, hanno “tutti gli effetti speciali” e il cinema d’autore “non ce la fa più”. Sono tempi orribili. “I ragazzi frequentano YouPorn nelle loro ore di studio e naturalmente anche a scuola”, neanche l’anal è più quello di una volta. Addio poesia, appartamenti vuoti a Parigi, inquadrature interminabili. Perché? Ce lo spiega lui: “Quelli erano anni di rivolta” e se il Potere mandò al rogo “Ultimo tango” è perché “aveva paura di ciò che diceva sulla libertà e il sesso”. Il Potere di ieri sono le élite di oggi, il “pensiero unico”. Freccero inizia a scaldarsi, si incazza col Sistema, sprofonda nel linguaggio degli anni Settanta ed è tutto una “problematica”, una “poetica”, tantissimi “in qualche modo”. Si ritirano giù i Marcuse dalla libreria, se non ve li ha già buttati Marie Kondo.

 

“C’è la scena del burro in cui in qualche modo Brando stupra Maria Schneider”; c’è la vita che “in qualche modo è un essere per la morte”, dice Freccero citando Heidegger ma potrebbe essere James Hillman di Gabriele La Porta, altro direttore visionario di RaiDue, stesso ciuffo d Freccero, stessa predilezione per la cultura complessa, l’inconscio, i simboli; lì la “grande soglia dell’immaginale”, qui la gattona di Maria Schneider. “C’è uno stupro”, dice Freccero, “però non è vissuto come sopraffazione maschile ma come liberazione”, è un atto “contro la banalità dell’esistenza”, come per “Sartre, Camus, Moravia”. Anche “Adrian – la serie” però è un “inno agli ideali della libertà e della bellezza”, un atto di rivolta contro un “mondo omologato”; anche lo stile ricorda i cartoni animati anni Settanta, tipo “Lady Oscar” ma ambientato nel mondo di “Matrix” e anche lì, tette, culi, scopate. Celentano e Claudia Mori sembrano Brando e la Schneider, soli e alienati in una via Gluck del futuro. È la controprogrammazione, bellezza. Ma Freccero non teme rivali, sfidava la Rai coi Puffi, continuerà a sfidare il pensiero unico da viale Mazzini. “Saremo in pochi ma saremo i migliori”.