Con Pechino Express scopriamo che gli africani non sono tutti buoni (e che qualche italiano è stronzo)

Manuel Peruzzo

Mentre la trasmissione smonta alcuni luoghi comuni, nella cronaca del razzismo quotidiano di questo triste paesino provincialissimo chiamato Italia, abbiamo avuto tre casi sgradevoli

Chi sta su Twitter lo sa: i romani passano il tempo a fotografare i tramonti sul Tevere e la spazzatura accatastata che non viene ritirata: se dovesse andare a fuoco, come è successo a Milano in questi giorni, darebbe vita a immagini pittoresche e instagrammabili da far invidia a tutti. A chi importa l’intossicazione quando puoi avere il tramonto ideale e le strade sgombre? Però non succede e la spazzatura rimane lì, insieme alle macchine in seconda fila, al governo del fare, ai sovranisti che litigano per diventare terzomondisti, ai gabbiani che avrebbero spaventato pure Hitchcock e, peggio di tutto, ai romani. Proprio per questo la coppia dei Promessi Sposi è triste: perché deve lasciare la pulita e civile Africa per tornare a Suburra. La Tanzania, per come ce l’hanno mostrata in quest’edizione di Pechino Express, sembra quasi più brutta della Liguria, è vero, con paesaggi grigi, poverissima, ma sconferma almeno tre luoghi comuni.

  

Il primo è che gli africani siano tutti generosi (non è vero: è stato delizioso vedere gli autoctoni illudere i concorrenti promettendo un passaggio per poi sgommare verso l’infinito e oltre); il secondo pregiudizio riguarda il caldo: i nostri concorrenti indossano i piumini. Tanto che all’inizio gli si chiede una prova di generosità e devono liberarsi di un po’ di vestiti e oggetti per poterli regalare a chi ne ha bisogno e Paola Caruso molla nel cesto un piumino da seicento euro. Paola, non importa: era brutto. Il terzo pregiudizio riguarda lo stato delle regole del codice stradale: non immaginavo che per ogni auto ci fosse un poliziotto a scortarti sulla statale e a farti una multa se superi i trenta chilometri orari. Ecco perché ci sono così poche auto: perché è più conveniente andare a piedi.

 

A proposito di trasporti e luoghi comuni, questa settimana, nella cronaca del razzismo quotidiano di questo triste paesino provincialissimo chiamato Italia, abbiamo avuto tre casi sgradevoli.

 

Il primo lo racconta una ragazza su Facebook. Mamadou, un ragazzo senegalese, sale sul bus che da Trento porta a Roma e fa per sedersi quando una romana (non per essere razzista, come si dice in questi casi: ho alcuni amici romani) gli intima di sedersi lontano da lei, in fondo al bus, perché non è italiano e non crede nel suo Dio. E magari non mangia neanche la gricia. Chiamano addirittura la polizia. Mamadou piange, è stanco, vive da quindici anni a Bolzano e lavora con orari sfiancanti montando forni per un’azienda locale e ora gli tocca pure la sgradevolezza di una sconosciuta. Va a sedersi in fondo al bus e dice alla ragazza: “Credimi, non faccio nulla di male. Non sono cattivo. Voglio solo sedermi e riposare perché sono stanco”.

 

Il secondo caso è ancora più grave. Un ragazzo senegalese, Mame Serigne Gueye, sabato alle due attraversa la piazza di Morbegno, Valtellina, e viene aggredito da alcuni ragazzi ubriachi. Stava andando al lavoro: un panificio. Quando si dice: italiani brava gente e africani fannulloni. Il terzo caso è di un autista torinese che, sprovvisto del resto, decide di non far salire il cuoco gambiano che doveva recarsi al lavoro e che aveva con sé solo venti euro. Il ragazzo ha dato una risposta in perfetto spirito Hakuna Matata, che penso sia il corrispettivo africano dello ‘sti cazzi: “Per me non era un problema camminare sulla Provinciale di Lanzo Torinese per alcuni chilometri, dopo aver attraversato il deserto del Sahara e il Mediterraneo”.

 

Forse il razzismo non c’entra con tutti e tre i casi (uno si organizza prima con i biglietti dell’autobus, i rissosi ubriachi se la possono prendere con chiunque, la sciura poteva aver avuto una giornata stortissima), forse abbiamo solo deciso che essere sgradevoli è accettabile con chi non può difendersi. E se con Pechino Express abbiamo scoperto che gli africani non sono tutti buoni e sorridenti, qui in questi giorni abbiamo scoperto che gli italiani non sono tutti accoglienti. Se in Africa può capitare di indossare un piumino, in Italia può capitarti di incontrare qualche stronzo.

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