Fedez dopo l'eliminazione di Gabriele Esposito, concorrente della sua categoaria (foto LaPresse)

A X Factor con gli inediti i concorrenti si trasformano in cantanti. Ma è sempre la stessa musica

Simona Voglino Levy

I ragazzi cantano, per la prima volta in largo anticipo rispetto alla finalissima, le loro canzoni. Eliminato Gabriele Esposito. Ecco il nostro podio

Partiamo dalla fine, giacché il percorso per arrivarci è così lungo (quasi tre ore di musica musica musica) che il dente conviene levarlo svelto, almeno se ne va anche il fastidio.

E dunque: il verdetto finale, come un miraggio a pochi minuti dalla mezzanotte, ha decretato che l’ennesimo eliminato dalla gara di questa undicesima edizione di X Factor che si spinge verso la fine (il 15 dicembre) è: Gabriele Esposito.

 

   

Salvata in extremis (dai giudici e non senza baruffa) la dolce Rita Bellanza che divide e fa discutere ogni volta, con quel timbro caldo e morbido e un pochino sporco, sempre in bilico fra la meraviglia e il disastro, come ha fatto notare Manuel Agnelli.

 

La puntata è stata a dire il vero speciale giacché, prima volta nella storia nostrana del format, sul palco insieme ai ragazzi sono saliti anche i loro inediti (mai successo prima in fase così precoce). Così i concorrenti si sono fatti cantanti di professione (trovate già i loro brani sulle piattaforme varie, tranne quello dell’ottimo Nigiotti, sostituito da un fac-poco-simile, per un disguido di Spotify).

 

  

L’idea, bisogna dirlo, è buona: consentire agli aspiranti di proporre il loro primo pezzo mentre ancora il clamore mediatico del programma li spinge è un fatto positivo. Soprattutto se si considera la velocità con la quale i potenti riflettori della trasmissione poi si spengono e, passato il Natale, ciascuno di noi, che pure ci siamo impegnati a seguire storie e percorsi dei ragazzi ogni santo giovedì di ogni santa settimana da che l’estate ancora emanava scampoli del suo calore, ci scorderemo -nemmeno piano - persino i nomi di questi giovani sognatori. E quindi, la possibilità di farne circolare parole e note prima che i retaggi della ribalta li ribaltino, sembra cosa giusta e grata.

 

  

Ecco perché l’impeccabile padrone di casa Cattelan, sul far della puntata, ha subito invitato gli spettatori tutti a pensare e ascoltare da discografici. Dunque anche noi ci siamo sforzati di farlo.

 

  

E allora: prima di tutto risulta incomprensibile, ammesso a questo punto che l’intento sia davvero quello di voler far vendere le poche copie che ancora si riescono a piazzare, la scelta di far cantare la metà delle canzoni in inglese. Perché, non è un segreto: gli italiani tendono ad ascoltare in inglese, gli inglesi appunto. Quindi, mettere i ragazzi a gorgheggiare nella lingua della regina Elisabetta rischia di farli apparire tutti quanti cloni. Peraltro con orribili pronunce posticce. Di Aznavour ce n’è uno solo. Remember.

 

Al netto di questa premessa, dichiariamo fin da subito che se la competizione finisse domani, il nostro podio sarebbe formato da: Enrico Nigiotti che ha portamento scenico, competenza artistica e le parole giuste (scritte da lui). I Maneskin, per la sicumera irritante con la quale hanno intrapreso un percorso coerente, fino all’inedito che “è un bel vaffanculo in musica a tutti quelli che fino ad ora hanno detto che me la meno”, come ha spiegato Damiano, il frontman della band. L’inedito funziona e anche il frontman della band.

Infine, Rita Bellanza, con un brano interessante vergato Levante, per quella voce sporca e diversa. Riconoscibile, finalmente.

 

  

Per il resto, bravi tutti. Ma bravi e basta.

 

In the name of love di Lorenzo Licitra è già sentita. Il testo, banalotto. Sì, lui ha pure un faccino spendibile. Sì, un sorriso magnetico e la presenza scenica e pure l’abito che anche se non fa il monaco, non è male. “L’amore è tutto ciò di cui abbiamo bisogno”, suggerisce la sua canzone. Noi aggiungeremmo anche l’originalità.

 

 

Gabriele Esposito eliminato con la sua Limits (nulla di nuovo persino per ammissione della Maionchi), avrebbe potuto essere un pochino il Riki di casa Murdoch. Avrebbe potuto. E invece: stamattina sarà ospite di Rtl e poi chissà.

 

Andrea Radice non lascia il segno con la sua Lascia che sia. Samuel Storm, incapace in lingua italiana, ha portato - di nuovo - la sua triste storia in musica. Capiamo tutto, epperò che palle.  Qunindi, I Ros, un po’ Prozac + e un pochino Donatella Rettore, col loro Rumore. Di nome e pure di fatto.

 

 

Sarà che il format, non ci stufiamo di dirlo, ha stancato. Anche con il suo milione e passa di telespettatori medi che, lo ammettessero, al più si assopiscono dopo la prima ora. Se va bene. Sarà che hanno stancato i talent, dopo almeno due lustri di invasione. Sarà quel che sarà, ma ormai da dire resta poco. E quindi, lo abbiamo già scritto e non ci resta che osare ripeterci, ma l’impressione sembra sempre la medesima: tanti bravi cantanti e nessun talento. Marco Mengoni resta unico, ormai lontano negli anni che si perdono nei ricordi di una gloria mai più rinverdita. Nemmeno dalle Chiare Galiazzo e delle Francesche Michielin, di turno. Bravissime cantanti, appunto. E soltanto quello.