Maria Elena Boschi ospite di Otto e mezzo (foto LaPresse)

Travaglio, La7 e il Corriere della sera

Maurizio Crippa

Sotto le ali di Urbano Cairo è nato il polo mediatico populista per menare più forte. Prima vittima, la Boschi

Mentre noi, del giro dei media, si sta col naso all’insù a contemplare Murdoch che vende metà dell’impero, roba da 60 miliardi di dollari – ma si tiene stretta Fox News, la televisione fatta per menare – quasi ci sfugge la conclusione di un altro bel merger editoriale, in casa nostra. Un deal non così ricco, ma fatto pur sempre per menare meglio. Il Corriere, il Fatto e La7 sono ormai diventati lo stesso circo, il polo mediatico del populismo in quota M5s. Non ha ancora un nome, ma poiché “Solferino” Urbano Cairo l’ha già speso per la nascente casa editrice, potremmo suggerire: il Circo Grillo.

 

Giovedì sera Maria Elena Boschi s’è consegnata come una santa Giovanna dei Macelli alla mattanza di La7, con Lilli Gruber spalleggiata dal maestro di tonnara Marco Travaglio. Com’è andata si sa, notiamo solo, per dire lo stile, che l’esponente del governo lo chiamava “dottor Travaglio” e lui invece l’apostrofava “signora Boschi”, con esibita cafoneria sessista, sotto gli occhi feroci di Lilli che sembrava la moglie di quello di Gomorra e (sorridiamo) non s’è degnata di lanciare manco un #metoo. 

 

Introdursi disarmata nel campo nemico è stata una follia, avrebbe dovuto andarci con la sciabola, e uscirne come Giuditta con la testa di quello sbruffone di Oloferne in una cesta. Invece niente, “c’è accanimento nei miei confronti. Io non mi dimetto”, ha detto, “lei mi odia”. Sai che paura, per tipacci abituati a manovrare l’informazione come un randello. “Otto e mezzo” ha fatto 8,4 di share, e in fondo è questo che all’editore interessava.

 

Il merger tra il Fatto quotidiano e La7 non è un inedito, il pescaggio nello stesso bacino d’utenza populista-grillino è la sostanza dell’operazione (per le ospitate a la7, Italia Oggi tempo fa ha calcolato che Cairo paga circa 125 mila euro di stipendio all'anno a Marco Travaglio). Solo che l’operazione – ve lo abbiamo già raccontato – è di più ampio respiro. Bastava aspettare la mattina dopo. La mattina dopo, azzimato nell’articolo di fondo, sul Corriere della Sera c’era Massimo Franco: un giustiziere in guanti bianchi. Che attaccava così, testuale: “A questo punto, conta relativamente poco se o quanto l’allora ministra delle Riforme, Maria Elena Boschi, abbia detto la verità sul caso Etruria”.

 

E non è male, l’idea che la testa di una ministra debba rotolare, ma conta relativamente poco il perché. Forse, dal giornale della borghesia italiana ci si dovrebbe attendere un pizzico di savoir-faire e garantismo in più. Ma ormai va così, non si fa più nemmeno finta. Prosegue, Franco: “L’insistenza sulla creazione di una commissione parlamentare d’inchiesta doveva servire a metter in mora Bankitalia e a certificare le ragioni di Matteo Renzi. E i vertici delle istituzioni finanziarie erano stati chiamati a testimoniare come se dovessero passare sotto le forche caudine del partito di maggioranza”.

 

Certo, l’hanno scritto anche altri che il guaio politico per il Pd del caso Boschi-Etruria eccede ormai la sua stessa origine. Ma stupisce un po’ che la sostanza – il tema delle banche – sia glissato, con nonchalance, sul giornale che fu diretto due volte da Ferruccio de Bortoli, il direttore che in vita sua non vide mai un ministro né banchiere in corridoio. FdB è l’autore del pizzino a mezzo libro, “l’allora ministra delle Riforme, nel 2015, non si fece problemi a rivolgersi direttamente all’ad di Unicredit”, che diede fuoco alle polveri.

 

Ma sul Corriere, riuscire a sorvolare – forse è un potersi permettere di non dire – che i disastri delle banche, dei non controlli, li hanno fatti più le grandi banche che non Etruria, e che dunque l’idea di guardarci dentro non era proprio peregrina, è roba grossa, roba da poteri forti. Un approccio reticente da un lato, e populista dall’altro. Ma il perimetro del Circo Grillo è chiuso, e questo è quel che conta. Conta far passare l’idea che il sistema Renzi sia il male assoluto (idea condivisa con Di Maio: Boschi è il nuovo Mario Chiesa), e il tracollo vicino: “Colpisce la mancata difesa dell’attuale sottosegretaria da parte dei ministri. C’è solo un’ufficiosa solidarietà di Palazzo Chigi”, dice Franco. Solo che, zac, arriva Gentiloni in persona: “Boschi correrà per il Pd e spero abbia successo”. Il circo è pronto, la chiusura del cerchio deve aspettare.

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"