Enrico Papi (foto LaPresse)

Morto un Papi se ne fa un altro. Ma ce n'era davvero bisogno?

Manuel Peruzzo

Enrico Papi ritorna in tv con Sarabanda: “Ragazzi questa sera può succedere di tutto”, ma non succede niente

La precondizione necessaria affinché tu possa mancare a qualcuno è che qualcuno ti stia cercando. Il ritorno in tv di Enrico Papi a Sarabanda viola questo assunto di base, anche se un fantasmatico pubblico di fedelissimi pare abbia chiesto il suo ritorno – per poi uscire a cena e non guardare la tv. “Sembra passato un secolo”, dice trafelato in prima serata il conduttore romano tutto fiero della colonna sonora del programma, già hit su Youtube (quando si dice la viralità del male) che è sintetizzabile come il suo tentativo d’essere un Rovazzi romano: più che per balli da spiaggia sembra l'ideale colonna sonora per iniziare il Blue Whale. In realtà di anni ne sono passati venti. Nel 1997 nasceva il programma musicale che pesca i suoi concorrenti tra i nerd con una cultura musicale fuori dal comune, una specie di "Furore" per gente che presentandosi dice: “sono single per colpa della musica” (voi conoscete persone che sono single per colpa di Venditti o Tiziano Ferro? Sarai single perché indossi un abito color crema). E cos’ha lasciato questo format nella memoria della televisione italiana? L’uomo gatto.

I’ll see you in 20 years è la minaccia mai proferita da Papi Palmer, il quale come David Lynch torna coi casi umani televisivi invecchiati (Coccinella, Tiramisù, la professoressa). Si parte con un monologo comico di pochi minuti sulla nostalgia della carta, dei rullini fotografici, dei telefonini che oggi fanno tutto fuorché telefonare. Roba forte. Papi inconsapevolmente rivela il problema dell’intera operazione nostalgia di cui è vittima: “Quando Sarabanda andava in onda nel ’97 mica c’erano Facebook, Instagram twitter, non c’era niente di tutto questo”. Sì il panorama mediale era totalmente diverso e i freak li creavi in televisione. Forse è per questo che l’Uomo Gatto poteva essere una curiosità: perché non c’erano stati i Dipré, gli youtuber goffi e incapaci, gli schizofrenici da tastiera a fornirci intrattenimento gratis 24 ore su 24. E in tv stavano tutti da Chiambretti e non ancora da Barbara D'Urso.

    

Papi avverte “Ragazzi questa sera può succedere di tutto”, ma non succede niente. E quando c’è un’idea è l’imitazione di Trump, roba che fa sembrare Panariello una specie di Fiorello. “Dobbiamo trovare il campione dei campioni”, cioè il Riina di Sarabanda. Ammesso che a qualcuno possa interessare, come perversione o come forma di intrattenimento, una serie di concorrenti che indovinano in pochi secondi le note di una canzone, impressionandosi delle portentose doti mnemoniche, cosa rimane del resto dello show? Poco. La conduzione di Papi si basa sulla convinzione che più sorridi più sei un tipo simpatico. Vent’anni fa era vestito come uno di quei venditori di modernariato sulle reti locali; oggi si presenta vestito da giovane quarantenne, uno di quello che ti ammorba agli happy hour e indossa una maglietta slim fit sui pettorali cadenti. Quanti errori.

A un certo punto entra uno e avvisa che l’Uomo Gatto è trending topic su Twitter (l’ossessione per il trending topic dei cinquantenni come garanzia di successo, basta questo). Sapete cos’altro era trending topic? Alberto Angela, che su Rai1 attraversava Venezia di notte facendo battere i cuori delle sue spettatrici: “lo faremo così: in tutta calma”. È un fatto che senza alcuno sforzo o intenzione Angela è assurto a sex symbol grazie a un chiacchiericcio online che ne esaltava la plausibilità sessuale, Papi è rimasto Papi. Gli spettatori hanno dovuto scegliere tra quello che urla “fenomenale, è pazzesco” e salta e si esalta coi Cugini di Campagna, e quello che ti porta per Venezia di notte a scoprire le meraviglie. La prima serata contesa tra un programma per quelli che hanno guardato troppo la tv e uno per quelli che non la guardano mai, ma si sentono meno in colpa e più colti se nel farlo vedono le meraviglie di Alberto Angela. Uno che non ti manca perché non se ne è mai andato.

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