LaPresse / Roberto Monaldo

Contro i populistoni comici, noi speriamo che vincano Luca & Paolo

Andrea Minuz

Senza Crozza la copertina del programma di Floris si è liberata dall’ossessione antirenziana e non liscia più il pelo al populismo antikasta 

La politica se la passa male, i talk-show sono in crisi ma la satira non sta messa meglio. Sono lontani i tempi in cui l’antiberlusconismo mandava avanti tutta la baracca, sbiadita quella lunga stagione in cui con un doppio senso sulle Olgettine, il bunga-bunga o alle brutte una bella intercettazione della procura, ti eri già lisciato il pubblico. Oggi è dura. L’antirenzismo non dà e non darà mai le stesse soddisfazioni; anzi è persino riuscito a produrre le intercettazioni senza reati, come la Coca-Cola zero, la frittura senza olio, la carbonara gluten free. Crozza si è congedato da Floris con l’imitazione di Gentiloni, non esattamente una miniera di gag, e ormai anche gli autori televisivi fremono per una nuova legge elettorale che restituisca un governo degno di essere perculato. I comici che vent’anni fa dicevano “Berlusconi ci ha rubato il mestiere” non avevano fatto i conti con un movimento politico guidato da un collega e la funesta retorica della ggente con due g. Come si fa a prendere per il culo la gente? Non è solo più rischioso, è più difficile. Meglio andare sul sicuro. Nel tempo, la copertina di Crozza si era ritagliata lo spazio di un residuale baluardo di antiberlusconismo copia-incollato nell’antirenzismo con qualche spruzzata di antikasta. Poi, dopo il 4 dicembre, si è aperta una nuova fase, perentoriamente definita da Angelo Panebianco, “la resa culturale agli M5s”. Una pigra ma inesorabile “soumission” al grillismo che ha ragioni profonde, eterogenee, sistemiche, complesse. Però i talk-show di La7 sono un ottimo terreno di confronto.

   

Per questo, Luca & Paolo non sono solo i sostituti di Crozza volato a Discovery ma una piccola inversione di marcia, un antidoto all’egemonia culturale, quella cosa che fa dire a Floris, “lei Di Maio non ha bisogno di laurearsi tanto ora diventa presidente del Consiglio”, senza neanche finire la frase coperta dagli applausi del pubblico in studio. La copertina di “DiMartedì” ci ha guadagnato. Anzitutto è migliorata nel ritmo, con il duo comico che si alterna in primo piano, movimentando gli sketch secondo uno stile messo a punto dai tempi di “Camera Cafè”. Ma Luca & Paolo si staccano dallo stile di Crozza anche per i contenuti. Hanno fatto tante cose in passato, teatro, cinema, televisione ma soprattutto sono riusciti a far incazzare un po’ tutti, dal fandom dei Marò alle comunità gay, offese dalla loro performance sanremese (“al Festival siamo dei diversi, ci piace la patata”). La loro collocazione da Floris, vetrina di consenso grillino, è quindi decisiva. “In Italia non si può scherzare su Santoro e Saviano”, dicevano un po’ di tempo fa. Oggi il problema sembra un altro.

       

Più che l’annosa dittatura del politicamente corretto, spaventa la naturalezza quotidiana con cui accettiamo golpe in Veneuzela, complotti dei frigoriferi, stream of consciousness di Di Battista senza contraddittorio, funivie progettate “dal basso” con sondaggi di quartiere. Quando Virginia Raggi propone ai turisti di “non fermarsi a guardare la Fontana di Trevi” per evitare il traffico è chiaro che i ruoli sono invertiti e alla fine, un po’ come con tutto, succede che ci si abitua. La satira sembra impotente, paralizzata. Luca & Paolo ci fanno sperare e sono partiti benissimo, salutandoci da La7 “perché la Rai taglia i compensi ai comici”, mandando in soffitta il tormentatone “Ciao Giova” con qualche stoccata a Crozza, complimentandosi con Di Battista per come nasconde bene la sua laurea, e poi via via prendendo di mira Travaglio in studio (“Il suo ultimo libro parla dei giornalisti che hanno rovinato l’Italia… è un’autobiografia”), la cocaina trovata a Palazzo Madama, “così almeno abbiamo capito a che serve il Senato” e l’incubo della democrazia diretta: “Renzi vuole più immigrati, Berlusconi vuole meno immigrati, Salvini zero immigrati. E Grillo? Deciderà il web”. Una copertina liberata dall’ossessione antirenziana, che non liscia il pelo al populismo antikasta, che non sente il bisogno di purificarci puntando l’indice contro le piaghe del paese. E’ la satira nell’epoca della post-verità e del triangolo genovese: Grillo, Crozza, Luca & Paolo. Noi speriamo che vincano loro.