Fabio Fazio e Luciana Littizzetto (foto LaPresse)

Ora basta con la Rai pubblica

Giuliano Ferrara

Fazio contro la politica in tv fa sorridere, birichino, ma il tema c’è ed è ora di affrontarlo: una privatizzazione concordata e guidata, parziale ma sensibile e vera della Rai. E’ il nuovo articolo 18, caro Renzi. Perché non provarci?

Fabio Fazio, grande star del mercato televisivo, dice a Rep. che i partiti si intromettono, che lo hanno danneggiato con la storia del calmiere agli stipendi, che la Rai è libera azienda in libero stato o dovrebbe esserlo, che lui con il canone non c’entra affatto, i suoi proventi vengono dalla pubblicità, lui è un’eccellenza (non legge il Foglio, non sa che “in Italia le eccellenze sono mediocri”), per aggirare il calmiere è pronto a mettersi in proprio, a pagarsi da solo con una fetta dei profitti d’impresa (sicuramente sua) comprati contrattualmente dalla Rai (teoricamente nostra), ma poi tra poco scadono i suoi contratti e, dopo una Grande Soirée dedicata a Falcone e Borsellino, a fine maggio è pronto per Mediaset, che problema c’è?, e forse Sky lo vuole, non è un’eccellenza?

 

Non voglio ridimensionare Fazio e nemmeno contraddirlo. Quando cominciava dissi a Angelo Guglielmi che mi pareva professionale ma un po’ vuoto, lui giustamente mi rispose che sì, ma aveva una grazia speciale. E’ vero. Ha una grazia speciale. Se ne accorsero subito i dirigenti socialisti della Rai, e tra questi il grande Agostino Saccà, mio ex capostruttura, che lo definiva il nuovo Baudo. Fazio esercitò la sua grazia speciale nella superRai dei super partiti con grazia. Poi vagolò, dico politicamente, perché le carriere, tutte, hanno un che di politico, e i socialisti furono messi a mal partito. Finì a La7 di Colaninno e Pellicioli, che fu anche mia committente televisiva, e quando arrivò la Telecom di Tronchetti Provera, essendo un’eccellenza carina, Fazio doveva esordire con un talk-show che pare non piacesse come prospettiva a Berlusconi, allora potente. Morale: incassò il malloppo ingente, se ne andò accampando un cambiamento di linea dell’emittente, ma senza fare il martire ché non era il caso, e riemerse in un angolino Rai dove fece strada fino addirittura a Sanremo e a quel simpatico bollito di Gorbaciov.

 

Ora si mette in proprio, in lotta contro i partiti per una tivvù di servizio pubblico, carina, indulgente con tutti tranne che con i nemici del politicamente corretto, di cui nel tempo si è fatto delicato eccellente profeta. Altro malloppo in vista, strameritato. Fa ascolti. Piace a tutti, in primo luogo alla vecchia zia che è in noi, ha talento di scout per gli ospiti, si è messo in scia di un grande talento che ha fatto la storia della letteratura e del giornalismo, quello del Buongiorno, e si è avvalso dell’autorialità più o meno sdraiata del genio del bene Michele Serra. Carino davvero, che grazia. Che astuzia.

 

Non è detto che si debba bere tutta la bibita Fazio, magari con la cannuccia. Ma è fresca, sempre fresca, e piena di ispirazione per gli assetati di cultura e di idee conformi. In questo non ha mai sbagliato un colpo. Però pare che Renzi abbia il problema, ce l’ha eccome, di trovare un’ideuzza che reinneschi un ciclo riformatore serio e lo legittimi come governante in chief nell’Italia riproporzionalizzata, che rischia di risucchiarlo come un capopartito qualsiasi. Insomma una cannuccia per non dover bere tutta la bibita che gli propongono i Fazio d’ogni dove. Eccola. La privatizzazione famosa della Rai. Non un’idea ostile a Mediaset, da covare in un conflitto antimercato contro il competitore che ruppe il monopolio. No, una privatizzazione concordata e guidata, parziale ma sensibile e vera, all’altezza di una fase in cui tutto è di nuovo in discussione, anche il futuro delle aziende del Cav., per esempio il Milan sino-americano, o forse no. Oggi il mercato assorbirebbe perfettamente la fine di RaiUno come escrescenza politica, la vendita di RaiDue come spazio residuale da riattivare, la salvezza al servizio pubblico di una RaiTre e di tante oneste caccole del digitale terrestre affidate a mani esperte che devono finalmente competere, e alcuni di loro lo sanno fare, sono delle eccellenze (ooopps!).

 

Il mercato accetterebbe, i conti pubblici avrebbero notevole beneficio a partire dal debito, Fazio continuerebbe a lavorare e guadagnare ma senza il sopracciò del servire il popolo, cambierebbe lo status ideologico del paese, non più greppia in cui a biascicare il mangime sono sudditi dello stato culturale, con tutto quello che di nutriente hanno fatto, e lo dico senza ironia, negli anni d’oro. Con i partiti e i gruppi di tendenza o lobby sarebbe più dura. Come e più che per l’articolo 18. Ma togliere il canone, riequilibrare il mercato pubblicitario senza strangolare i privati e magari salvaguardando un po’ meglio la fetta della carta stampata, ecco, non sarebbe questo il nucleo possibile di un programma politico e televisivo piuttosto popolare, abbastanza giusto, modernizzante e razionalizzatore? La Bbc è grande, come Oxford e Cambridge, quel modello non si riproduce e non si batte, ma in giro per il mondo è pieno di sistemi televisivi in cui il servizio pubblico è piccino e insieme rilevante, non fa varietà e supercazzole varie, lascia agli imprenditori privati impresa e appalti, disinfetta l’eccellenza di stato dal troppo eccellere. Provarci?

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.