Anche il Regno Unito cambia la sua app e segue il modello Immuni

Eugenio Cau

La decisione britannica rende ormai sempre più chiaro il discrimine tra i progetti di contact tracing con app che stanno funzionando e quelli che no

Milano. La Bbc ha rivelato ieri che dopo mesi di sviluppo e sperimentazione il governo britannico ha deciso di cambiare la struttura della sua app per il tracciamento dei contagiati da coronavirus e rifarla praticamente daccapo, poiché che la app sviluppata dal servizio sanitario nazionale (Nhs) si è rivelata inefficiente. Se la app in sperimentazione fino a ieri utilizzava un modello centralizzato, che consentiva alle autorità sanitarie di ottenere più dati, la nuova app utilizzerà un modello decentralizzato, che fornisce alle autorità meno dati ma che è molto più rispettoso della privacy dei cittadini. L’adozione di un modello decentralizzato inoltre consente di sbloccare la collaborazione con Apple e Google, e di ottenere le loro API, cioè i pezzi di codice che consentono un’integrazione perfetta tra la app e i telefoni. Il problema della app britannica stava tutto qui: se Apple e Google non ti aiutano a rendere la app compatibile, la app non funziona, specie sugli iPhone. (I governi europei hanno protestato, non senza ragioni, contro l’imposizione delle due aziende, che più o meno è: se non fai una app come vogliamo noi allora non ti aiutiamo. Ma paradossalmente i criteri dettati da Apple e Google sono in assoluto i più efficienti e rispettosi della privacy). Il governo di Londra ha cercato di sperimentare la sua app sull’isola di Wight, ma con risultati scarsi: la app riconosceva il 75 per cento dei telefoni Android ma soltanto il 4 per cento degli iPhone. Con la app sostenuta da Apple e Google, è possibile riconoscere il 99 per cento tanto degli Android quanto degli iPhone.

 

La decisione britannica (e il fallimento della app centralizzata) rende ormai sempre più chiaro il discrimine tra i progetti di contact tracing con app che stanno funzionando e quelli che no, e il discrimine è l’adozione delle API di Apple e Google. Questa settimana la Norvegia ha dovuto ritirare Smittestopp, la sua app centralizzata che usava anche la geolocalizzazione dei cittadini assieme al bluetooth, perché il garante della privacy norvegese ha detto che la app era praticamente un incubo per la protezione dei diritti fondamentali. Tra i grandi paesi europei, soltanto la Francia è rimasta fedele a una app che non fa uso delle API. Ma ci sono problemi: StopCovid, la app francese, è stata scaricata soltanto da 1,7 milioni di persone in due settimane e, secondo Mediapart, invia ai server molti più dati di quanto promesso. Inoltre, siccome è l’unica a utilizzare il modello centralizzato, non sarà compatibile con le altre app europee.

 

Le cose stanno andando meglio per i paesi che hanno adottato il sistema decentralizzato di Apple e Google. La Germania ha lanciato la sua applicazione martedì e nelle prime 24 ore l’hanno scaricata 6,4 milioni di tedeschi, in gran parte grazie alla comunicazione composta ed efficace della cancelliera Angela Merkel e della grande fiducia dei tedeschi nel loro servizio sanitario.

 

Ma sapete quale app sarebbe la capostipite in Europa nell’adozione del sistema di Apple e Google? Una delle prime ad adottarlo e la prima a lanciare il prodotto finito? Immuni. Nonostante le polemiche, la app italiana aveva azzeccato con buon anticipo la gran parte delle scelte strategiche più importanti, come la decentralizzazione, l’utilizzo delle API di Apple e Google, e la messa a disposizione del codice della app che, analizzato dagli esperti, è risultato ottimo. Una comunicazione goffa da parte del governo, oltre che l’ostracismo insensato delle opposizioni, hanno tuttavia rallentato per ora i download da parte dei cittadini, che ieri erano oltre tre milioni: meglio della Francia ma molto peggio della Germania – e ancora troppo pochi.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.