Mark Zuckerberg a Bruxelles

Zuck fa l'amico con l'Ue, diventata un giocatore pericoloso per la Silicon Valley

Micol Flammini

A Bruxelles il creatore di Fb usa toni concilianti con il mastino Vestager su regolamentazioni e tasse

Roma. L’ultima volta che Mark Zuckerberg era stato a Bruxelles era per parlare di Cambridge Analytica e difendersi dalle accuse sulla gestione dei dati personali di milioni di utenti nel mondo. Era il 2018, i leader europei lo attendevano nervosi e arrabbiati, volevano un’audizione a porte aperte, e Zuckerberg si presentò chiedendo scusa e promettendo maggior sicurezza. Per mantenere le promesse non ha fatto granché e a quasi due anni di distanza, è tornato ieri per incontrare Thierry Breton, commissario per il Mercato interno, Vera Jourová, della commissione per la Trasparenza e soprattutto Margrethe Vestager, vicepresidente della Commissione europea con delega alla Concorrenza e alle Politiche digitali. Questa volta l’incontro con i leader brussellesi è stato preceduto da un discorso alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco nel fine settimana e da un editoriale pubblicato domenica sulle pagine del Financial Times.

  

A Monaco, intervistato da Wolfgang Ischinger, presidente della Conferenza, Zuckerberg ha detto che la sua compagnia ha fatto tanto, che adesso spende in sicurezza più dell’intero budget di cui disponeva nel 2012, che i numeri sono buoni, la piattaforma riesce ad abbattere circa il 90 per cento della propaganda terroristica e che sì, ha detto ai leader internazionali presenti alla Conferenza, “occorre regolamentare almeno quattro aree che toccano la nostra azienda: elezioni e discorso politico; privacy e portabilità dei dati”. Si parlava di Westlessness a Monaco, di assenza dell’occidente, dell’effetto che fa sapere che l’ovest non sta più tanto bene e che bisogna far qualcosa e farlo in fretta. In questo far qualcosa per ridare all’occidente il suo posto, anche Facebook deve avere un suo ruolo. Facebook, ha detto Zuckerberg, deve “costruire il muscolo operativo per far rispettare i regolamenti”. E ha aggiunto: “Dovrebbero esserci più indicazioni e normative da parte degli stati su ciò che è considerato interferenza elettorale e contenuti dannosi”. Così ha preparato la sua stretta di mano con Margrethe Vestager, la grande regolatrice che nel 2014, a capo dell’Antitrust europeo, aveva multato Facebook, 110 milioni di euro, per aver fornito informazioni fuorvianti nel momento dell’acquisto di Whatsapp. 

     

A Bruxelles Zuckerberg ci è arrivato con vari ramoscelli d’ulivo, dalle colonne del Financial Times ha detto che Big Tech ha bisogno di una regolamentazione, anche fiscale, che in un primo momento potrà anche fare male ma poi porterà dei benefici per tutti, perché “le aziende tecnologiche dovrebbero servire la società”. Nel lungo articolo il creatore e ad di Facebook dice anche che è necessario trovare un compromesso tra libertà di espressione e sicurezza, privacy e applicazione della legge. L’Ue ha giocato un ruolo importante in queste ambizioni tecnologiche per il futuro e la visita di Zuckerberg lo dimostra: il simbolo della Silicon Valley ha incontrato il simbolo di un’Ue disposta a qualsiasi cosa per aumentare la pressione sulle aziende tech. Il secondo mandato di Vestager è molto ambizioso, “lady tax”, la donna che odia tantissimo gli Stati Uniti, secondo Donald Trump, vuole una politica digitale più trasparente e spinge anche per una tassazione più equa delle grandi società tecnologiche.

 

Zuckerberg ha detto ieri ai giornalisti che sulla trasparenza bisognerebbe pubblicare dei rapporti trimestrali, “con la stessa cadenza dei rapporti finanziari”; ha ripetuto che Facebook sta facendo tanto per combattere la propaganda online, l’odio e le notizie false. E poi ha parlato del suo “white paper”, in cui ha illustrato cosa pensa Facebook della regolamentazione delle piattaforme: i social media non dovrebbero essere trattati né come società di telecomunicazioni né come media tradizionali. Vuole un compromesso anche se, in fatto di responsabilità, spera che Facebook venga assimilato più alle telecomunicazioni che ai media. Bisogna lavorarci e per questo ieri è andato a Bruxelles, desideroso di mostrarsi come un attore responsabile, e anche aperto a pagare più tasse.

 

L’arrivo di Zuckerberg alla corte di Vestager, che per ora se l’è presa soprattutto con Google (otto miliardi di multe comminati per tre casi diversi), è un simbolo importante, ed è il riconoscimento del nuovo ruolo che per la Silicon Valley ha acquisito l’Ue. Gli Stati Uniti non possono colpire le grandi aziende tecnologiche, ma l’Ue sì, è un giocatore importante, per questo, e anche un po’ per prevenire, Mark Zuckerberg è venuto a renderle onore. Un po’ a supplicare, ma anche un po’ a influenzare. A Bruxelles, nella visita che si concluderà oggi, spera di essere ascoltato e di prevenire la tendenza di Margrethe Vestager: politiche sempre più dure in tema di Antitrust contro le compagnie americane, con il sogno in tasca di un’Ue più ambiziosa e con un futuro tecnologico tutto suo.

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