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Apple, Disney e la nuova “guerra” dello streaming

Gianmaria Tammaro

Cupertino il primo novembre lancerà la sua piattaforma, Apple tv+, in tutto il mondo. Disney+ verrà lanciata (intanto) in Olanda. Le evoluzioni del mercato e le contromosse di Netflix e Amazon Prime Video

I pezzi della scacchiera sono quasi sistemati. Apple è pronta con la sua piattaforma, Apple tv+: la lancerà il primo novembre in tutto il mondo. E Disney, in Olanda, sta già facendo i primi test con Disney+. Manca ancora qualcuno, come Hbo Max, NBC e CBS; ma, più o meno, ci siamo. Netflix, per bocca di Reed Hastings – presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato di Netflix –, che è intervenuto recentemente alla Royal Television Society, si prepara a questo momento dal 2012. Ed è per questo, ha detto, che non ha dato via le sue licenze; perché sapeva che, presto o tardi, tutti avrebbero cominciato a distribuire direttamente i propri prodotti.

  

I costi degli abbonamenti oscillano tra i cinque (4,99, quello di Apple tv+, che qui in Italia si è immediatamente tradotto in 4,99 euro) e i 15 dollari. Ci sono delle differenze, e variano a seconda dell’offerta. Ma il dato rimane lo stesso: per abbonarsi a tutto, l’utente sarebbe costretto a una spesa di circa 70 dollari al mese. Non parliamo di poco, e in questo modo tutta l’effettiva convenienza della nuova televisione – tutto quello che vuoi quando vuoi, dove vuoi, su tutti i device che hai, e senza pubblicità – rischia di scomparire.

  

Le valutazioni che bisogna fare, e che per adesso sono ancora puramente teoriche, si concentrano su due aspetti. I contenuti, e quindi l’archivio che le piattaforme offrono all’utente, e la tecnologia, ovvero il modo in cui questi contenuti vengono fruiti: l’interfaccia a cui bisogna accedere, e che bisogna esplorare.

 

Da una parte e dall’altra, si creano degli schieramenti precisi, con Apple che sta cercando in tutti i modi di legare, giustamente, la sua Apple tv+ ai suoi device (addirittura, offre a chi ne comprerà di nuovi abbonamenti gratuiti). E con Disney, invece, che annuncia, produce e raccoglie titoli, film e serie. In mezzo, temprate dall’esperienza, ci sono Netflix e Amazon Prime Video. Poi ci sono NBCUniversal che vuole prendere l’esempio di NowTv e di Sky, per sviluppare il suo progetto, e WarnerMedia, che ha già stretto un accordo da 500 milioni di dollari con la Bad Robot di J. J. Abrams.

 

Qualcuno suggerisce la rinascita della pirateria (e sarà un dato importante dei prossimi mesi e dei prossimi anni), ma intanto l’unica certezza, l’unica almeno palpabile, è che il mercato globale del piccolo schermo sta per trasformarsi ancora una volta. L’esperimento di Netflix è giunto alla fine, praticamente: e sapremo a breve se la sua politica e se i suoi investitori ne usciranno vincitori. Amazon, invece, ha fatto i compiti a casa, e ha sviluppato lentamente, seguendo tutte le tappe del tracciato, la sua piattaforma. A oggi sembra quella più solida, dal punto di vista della tecnologia, dei contenuti, e anche dell’economia (Netflix è una bolla: funziona finché riceve investimenti, e finché continuano ad arrivare nuovi abbonamenti; e se si fermano quelli, vincolati a una promessa di successo e di novità, rischia di fermarsi tutto il carrozzone).

 

Lo streaming è diventato, in relativamente poco tempo, la frontiera del piccolo schermo; e oramai tutti, anche qui in Italia (la Rai con Raiplay, per esempio), ci stanno investendo. Il punto però, ed è abbastanza evidente, è che ci sono troppi protagonisti, troppe offerte e troppi abbonamenti. E questo, oltre che a portare l’utente a una scelta, determinerà abbastanza velocemente se questo nuovo ecosistema dell’intrattenimento sopravviverà.

 

La soluzione, forse, è stata inconsciamente (oppure no?) suggerita da Apple, che con un’altra sua applicazione, Apple tv, ha già raccolto diversi canali e diverse offerte, e ha proposto ai suoi clienti un pacchetto decisamente più vantaggioso. Dal punto di vista del prezzo, in primis. Ma pure dal punto di vista delle serie tv e dei film. Il futuro, insomma, sembra essere tecnologico: un’unica piattaforma, un’unica interfaccia, con un unico conto da pagare. Il rischio, altrimenti, è l’implosione del mercato, e un ritorno feroce del passato. Si streaming chi può.

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