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Il libro di Rocca e la scienza e la tecnica che universalizzano l'uomo com'è

Giuliano Ferrara

La dittatura dell’algoritmo esiste, ma non possiamo fare di internet la fonte di un pluricomplotto contro la democrazia liberale occidentale

Dopo la lettura del bel libro di Christian Rocca sui pericoli fatali di internet com’è, del web com’è, dei social come sono, mi sono domandato. Posso votare per la Brexit o sono uno dei cretini, tuttora (tuttora!) la metà dei cittadini britannici, che si è bevuta la balla dei 350 milioni di sterline settimanalmente elargiti dal Regno Unito ai burocrati di Bruxelles? (C’erano motivi storici multipli per dubitare dell’attaccamento british a un’Europa franco-tedesca). Posso votare Trump o devo considerarmi una specie di terrapiattista bullo e razzista che esprime nell’irrazionale il suo rancore sociale e la sua infinita ignoranza scegliendomi un impostore come presidente? (Otto anni di un presidente nero, elegante affluente e felice, e politicamente corretto, potevano spiegare un certo risentimento tra i bianchi dell’interno). Posso votare Marine Le Pen o devo subire l’accusa di aver scelto una marionetta del Cremlino, di Sputnik, di Russia Today e del gruppetto di gangster cybernetici di San Pietroburgo che hanno diffuso fregnacce a milioni, fino all’ultima ora, contro il suo avversario? (Giovanna d’Arco però non è una marionetta, e gli influenti intellos si sono vòlti al Gran Rimpiazzo). Posso votare Salvini o Di Maio o Toninelli oppure devo ritrovarmi addirittura in compagnia di Rousseau, che il liberale Berlin giudicava un pensatore eminentemente nemico della libertà moderna? (Con Rousseau e Toninelli appaiati no, e poi no). Posso pensare che dodici vaccini sono troppi, specie se obbligatori, senza per questo vedermi imputata l’inclinazione a credere a un medico truffatore inglese, il dottor Andrew Wakefield, smascherato dalla comunità scientifica per la sua propaganda, dark news, sul nesso tra vaccinazione e autismo nei bambini? (Mai saputo da piccolo che le malattie esantematiche fossero pericolose come la lebbra).

  

 

Dovrei continuare. Posso aprire il mio laptop senza sentirmi parte di una cospirazione internazionale per rimbambire il mondo a forza di cospirazioni internazionali e Protocolli dei Savi di Sion? Posso stare su Twitter e divertirmi un casino, saperne di tutti i colori, ironizzare e castigare di tanto in tanto qualche fesso, magari senza esagerare? Non mi risulta che queste domande siano state proposte nelle interessanti recensioni di un saggio più che interessante nel quale si denuncia, dall’interno di un fenomeno seguito dall’autore con slancio, la degenerazione rischiosa di internet. E lo si fa con buoni argomenti, in una bella lingua italiana e polemica, allo scopo di trovare un rimedio sul quale ho dei dubbi: cambiare il business model della comunicazione globale, far pagare il biglietto a chi la usa, frazionare i motori del gran gioco dei Gafa nel segno della lotta ai monopoli, trattare con severità il furto l’accumulazione e l’uso spregiudicato dei dati, i Big Data, che sono la vera risorsa, in soldi e in politica, di uno strumento che vuole imporre agli uomini un controllo tirannico mentre li diverte e li incanta e li fa vivere meglio (tra Orwell, osserva Rocca con finezza, e Huxley: mondi nuovi opposti a confronto nello specchio di vecchie profezie).

 

Della dittatura dell’algoritmo, e del cosiddetto sentiment sfruttato dai suoi diffusori, grazie a libri come quello di Davis o di Rocca o di Lanier, si comincia a sapere qualcosa di importante. Commissioni senatoriali americane, servizi di informazione di qua e di là dall’Atlantico, e perfino partiti come En Marche! o corporazioni professionali del settore medico, ma in aggiunta bravi giornalisti, osservatori a vario titolo, studiosi, cyberesperti, forze armate, whistleblowers di Cambridge Analytica, gli stessi capi dei Gafa: ormai, sulla scorta dei fatti, e non quelli alternativi della postverità, legioni di persone perbene (e qualcuno permale capita sempre in mezzo) dicono come stanno le cose. 

 

Macron lo disse in faccia a un Putin corrucciato, subito dopo essere stato eletto anche contro i cyber carri armati dello spione in chief, che i suoi organi di stampa erano organi di influenza. Nigel Farage, con la sua nota faccia tosta, confessò a ventiquattr’ore dalla vittoria della Brexit che i 350 milioni di sterline settimanali pronta cassa per la Commissione erano una scemenza inventata dal callido Dominic Cummings per la gioia dei social. Eppure, ecco le domande che facevo prima, a Westminster stanno ancora vedendo come si fa a dare corso alla volontà democratica di un popolo che vuole star fuori dall’Unione europea, sebbene sia accertato che quel popolo ha creduto a una serie di menzogne. Eppure due anni di indagini hanno portato Mueller a fare un mezzo buco nell’acqua, e rimesso Trump in corsa per la rielezione (già ce l’ha fatta, come scrivemmo qui il giorno prima del voto, per le cure dell’Fbi, che lo sostenne platealmente undici giorni prima delle urne, oltre che di Putin, e ora la stessa combinazione, con l’ex Fbi Mueller, promette bene). Marine Le Pen fatica, invece, nonostante i guai di Macron con l’intrattabile società francese, perché le istituzioni della V Repubblica, inventate da De Gaulle e Michel Debré, e la scuola pubblica francese danno una certa minima tutela a chi ha studiato di più da uomo di stato. Quanto ai nostri, vagolano tra minacciosi ritorni al futuro degli anni 30 del Novecento e pinzillacchere all’italiana, con quisquilie annesse.

 

Non so se sia possibile riformare internet, e non chiuderlo, cambiando il business model. Bisogna comunque evitare di farne la fonte di un pluricomplotto contro la democrazia liberale occidentale, il che sarebbe malignamente paradossale, visto che in effetti è attraverso i falsi complotti attribuiti ai demoplutocrati ebrei che procedono le destabilizzazioni numeriche nel mondo. Per ora, se non erro, gli unici che hanno messo un limite al monopolio dei Gafa sono i cinesi dell’impero di mezzo, ma non per commendevoli motivi di difesa del pluralismo e dell’umanesimo individualista. So comunque che l’uomo è sempre lo stesso, Gutenberg lo ha cambiato, ma Lutero di più, e le domande di quelli che scrivevano con i papiri o le pergamene o le tavolette di cera sono tuttora difficilmente eludibili, così come le eventuali risposte. Di tutte le invenzioni occidentali la più pericolosa mi pare l’ingegneria genetica, ma posso sbagliarmi, e i futuri computer quantistici faranno certo la loro parte nell’imbarbarimento, in tempi di clonazione dispiegata. La scienza e la tecnica universalizzano l’uomo com’è, e lo cambiano per il bene e per il male. La domanda decisiva resta quest’ultima, rivolta da un cronista americano al laconico presidente Coolidge uscito dal tempio battista: “Di che ha parlato il pastore?”. “Del peccato”, fu la risposta. “E che ha detto?”. “Era contro”.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.