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La nuova vita della direttiva copyright

Un accordo franco-tedesco salva la norma Ue. Ma la strada è lunga

Per qualche settimana era sembrato che la direttiva europea sul copyright, la nuova legge dell’Unione per aggiornare una materia che nessuno toccava da più di vent’anni e che aveva come obiettivo quello di riequilibrare i rapporti di forza tra piattaforme digitali e produttori di contenuti, fosse defunta. La maggioranza dei paesi non riusciva a trovare un accordo su un testo comune, a causa di alcuni articoli controversi ma importanti sul trattamento economico dei produttori di contenuti e sulle responsabilità delle piattaforme. Una campagna martellante da parte degli operatori digitali – in particolar modo Google – e i cambiamenti politici in alcuni paesi come l’Italia, che da forte sostenitore della norma è diventata contraria, avevano contribuito a mettere in crisi ogni tentativo di accordo, e a far disperare i proponenti: dopo le europee, e con un nuovo Europarlamento infestato di partiti populisti, la direttiva non avrebbe avuto nessuna speranza di passare.

 

A sbloccare le cose ci ha pensato un accordo franco-tedesco che si è materializzato in extremis, all’ultimo trilogo (la riunione tra i rappresentanti di Consiglio, Parlamento e Commissione Ue). Il testo condiviso della direttiva mantiene sia il famigerato articolo 11, che impone agli aggregatori di news di pagare una somma quando ospitano parte dei contenuti prodotti dai media, e l’ancor più celebre articolo 13, che addossa alle piattaforme una responsabilità di vigilanza proattiva sulla pubblicazione di contenuti che violano il diritto d’autore.

 

La legge sarà votata dal Parlamento prima delle europee, e ci sono buone probabilità che passi visto che Strasburgo ne ha già approvato una versione simile l’anno scorso. Poi i singoli stati dovranno ratificare la direttiva entro massimo 24 mesi. La strada è ancora lunga.

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