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Una distopia orwelliana è più facile con Rousseau che con Amazon

Alberto Brambilla

In fatto di ipersorveglianza il M5s pone questioni più gravi delle polemiche sui dispositivi elettronici che aiutano i lavoratori

Roma. La settimana scorsa Amazon ha ricevuto due brevetti per un braccialetto di monitoraggio utile ad aiutare i lavoratori dei magazzini a reperire la merce, un apparato capace di dialogare con i server logistici e gli scaffali attraverso impulsi radio. In Italia la notizia è stata esagerata e travisata. Politici, sindacalisti e associazioni di consumatori hanno immaginato un futuro orwelliano per i lavoratori e hanno criticato la multinazionale dell’ecommerce che non ha ancora introdotto i dispositivi, i quali non mirano al controllo della produttività e alla sorveglianza dei dipendenti – vietato in Italia – ma a ottimizzare e velocizzare i processi di consegna, come richiede l’utenza. Dispositivi a complemento del lavoro dell’uomo sono già diffusi.

 

Allo stabilimento Alfa Romeo di Cassino una quindicina di lavoratori indossano l’Apple watch dal quale possono vedere quali sono gli optional da montare su un’automobile in fase assemblaggio. Una volta completate le operazioni una luce verde sull’orologio segnala che è tutto ok, viceversa rossa se per esempio un pezzo è montato male. Due anni fa la Fiom si inalberò perché in Fincantieri si discuteva di introdurre un chip negli scarponi degli operai in modo da poterli soccorre con rapidità in caso di incidente, per esempio un incendio nel cantiere navale.

 

A proposito di Amazon Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, s’è chiesta se la compagnia di Jeff Bezos avesse già immaginato “la palla al piede”. Il presidente della Camera, Laura Boldrini, candidata di Liberi e uguali, ha definito il braccialetto elettronico una “modalità degradante e offensiva per la dignità dei lavoratori” perché “lavorare non è un reato”. Perfino il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, al quale si devono incentivi per le imprese che investono anche nell’interazione uomo-macchina con il Piano Industria 4.0, ha vellicato gli istinti tecnofobi. Il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, ha detto che è “inaccettabile” l’uomo-robot. Luigi Di Maio candidato premier del M5s è riuscito a dare la colpa al Jobs Act quando invece il provvedimento non consente l’uso di dispositivi indossabili ma lo regolamenta adattando la disciplina a nuove applicazioni. La politica ha discusso del nulla, complice la campagna elettorale. Ma a proposito di sorveglianza dei cittadini si potrebbe discutere di pratiche à la Grande Fratello che investono la politica direttamente. Come documentato dal Foglio la settimana scorsa, il Garante della privacy ha sollevato dubbi sul trattamento illegittimo dei dati personali da parte dell’Associazione Rousseau che gestisce l’omonima piattaforma per l’esercizio della democrazia diretta del Movimento 5 stelle di cui Davide Casaleggio è dominus indiscusso a vita per statuto. Il voto degli iscritti (150 mila di cui un terzo attivo) non è anonimo e può essere tracciato.

 

La distopia antidemocratica sta qui piuttosto che nel settore logistico dove peraltro i braccialetti sarebbero solo un’evoluzione dei palmari in uso da tempo. Per Amazon non è una novità nemmeno essere messa all’indice. Tra i valori dell’azienda è previsto: “Quando facciamo cose nuove, accettiamo di poter essere male intesi per lunghi periodi di tempo”. Se nel dibattito in merito al rapporto tra tecnologia e lavoro non ci sarà una riflessione composta su quali siano i vantaggi o gli svantaggi dei lavoratori, il rischio è l’incapacità di gestire le mutazioni e nuovi dirompenti fattori. L’anno prossimo un altro colosso del commercio online, la cinese JD.com, arriverà in Europa per sfidare Amazon. Diversamente da Amazon e Alibaba, JD.com in Cina ha una sua rete logistica e non si avvale di corrieri come Dhl o altri. E’ possibile che in Europa deciderà di avvalersi di corrieri esterni solo per l’ultimo miglio di consegna, ha detto il fondatore Liu Qiangdong. La promessa è di intaccare un altro anello della logistica. La speranza è che l’Italia non venga colta di sorpresa e inizi un dibattito sensato.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.