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Marketing interspaziale. Con lo Space X Musk manda Tesla su Marte

Paolo Galati

Dalla Florida è iniziata la nuova era dell’esplorazione spaziale per il gruppo guidato dal miliardario americano

Mentre in Italia iniziava Sanremo, in Florida iniziava la nuova era dell’esplorazione spaziale con il lancio di Space X. Al Kennedy Space Center gli spettatori hanno pagato 195 dollari per un biglietto con vista da 3 chilometri di distanza. L’atmosfera che si respirava (e si respira) non si vedeva dagli anni d’oro dei lanci delle missioni Apollo con equipaggio. Cinquecento mila persone hanno affollato le coste della Florida, intere famiglie hanno percorso migliaia di chilometri per assistere al lancio più spettacolare dal 2011, anno del pensionamento dello Space Shuttle della NASA. Numerosi ospiti d’onore hanno riempito le file dei palchetti vip, come l'astronauta di 88 anni Buzz Aldrin della missione Apollo 11, il secondo uomo a camminare sulla luna dopo Neil Armstrong.

 

Il lancio – non a caso effettuato dal “launchpad” 39, lo stesso dell’allunaggio del luglio 1969 –  è stato effettuato correttamente con una riuscita operazione di marketing. Il miliardario Elon Musk – fondatore della Space X (azienda che produce razzi Falcon e altri veicoli orbitali) e cofondatore della Tesla Motors (casa automobilistica che produce auto elettriche) – è un visionario molto bizzarro che fa della comunicazione il suo asso nella manica. Recentemente ha fatto parlare di se perché – per scommessa – ha messo in vendita 500 mila lanciafiamme per un eventuale futura apocalisse zombie. No dai – direte voi – non ne avrà venduto neanche uno, ma chi è così stupido? E invece per 400 dollari al pezzo (più spese di spedizione) in pochi giorni ha fatto il tutto esaurito per un valore totale di 200 milioni di dollari.

 

Elon Musk con il Falcon 9 Heavy (di Space X) ha polverizzato il business della propulsione e dei lanci spaziali perché ha reso “low cost” il concetto di missione spaziale soprattutto con l’utilizzo dei boosters riciclabili. I boosters si usano nelle prime fasi di lancio per fornire l’accelerazione iniziale. Esaurita la spinta, di solito, non possono più essere utilizzati. Quelli del Falcon Heavy no. Riciclare i boosters permette di risparmiare molti soldi: per intenderci, un lancio di un Falcon costa all’incirca 100 milioni di dollari mentre per il lancio di un Delta IV – utilizzato per lancio di satelliti e missioni governative – se ne spendono 430 milioni, tra l’altro il Delta IV ha una capacità di carico di circa la metà rispetto al Falcon. E da uno così non vi aspettate una sorpresa fuori dal comune? E infatti il Falcon 9 poteva andare nello spazio senza trasportare la Tesla decappottabile di Musk? Con tanto di telecamere per un collegamento in diretta: l’auto elettrica più veloce dell’universo. Non c’è nessuna ragione per cui spedire una macchina con un manichino alla guida. O forse c’è. Dopo aver provato l’eccitazione per il lancio e il successo della missione molti hanno dichiarato di avere un crescente interesse per l’esplorazione spaziale. Del resto la trovata pubblicitaria ha un senso per una società spaziale privata che spera di essere la risposta ai futuri viaggi interplanetari.

 

Fantastica l’immagine della Terra vista attraverso il parabrezza dell’auto: per un attimo siamo stati catapultati nel futuro. Non è forse la macchina lo strumento che è più alla portata di tutti? E poi detto da me che la prendo anche per fare 200 metri allora Elon Musk uno di noi.

 

Una domanda, nel bagagliaio l’avranno lasciata una ruota di scorta?

 


 

In una versione precedente, l'articolo riportava erroneamente il dato di 20 milioni di dollari a proposito dei ricavi ottenuti dalla vendita dei lanciafiamme. Su segnalazione di un lettore abbiamo corretto: il valore è di 200 milioni di dollari.

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