Così le aziende hanno sfruttato la blockchain mania

Producevano sigari, pellicole, hamburger. Ora si sono convertite alle criptovalute. Perché basta cambiare nome e il titolo (azionario) va su

Alessandro Berrettoni

Si chiama blockchain, è la tecnologia sottostante ai Bitcoin e alle altre criptovalute e sembra trasformare in oro tutto quello che tocca. Nel vero senso della parola. Tanto che ormai, anche nel mondo della finanza, la sola associazione con il nome “blockchain” o “bitcoin” fa balzare in alto i titoli azionari.

 

Diversificazione del rischio, fiuto per il successo, poco importa, fatto sta che la bolla dei bitcoin ha sforato i confini del mondo “tech” fino a far cambiare i nomi delle aziende. La blockchain è un sistema su cui però non c’è omogeneità di dibattito. In molti sollevano critiche sulla sicurezza e sui rischi finanziari collegati. Non a caso le autorità cinesi, come riporta il Financial Times, starebbero pensando di chiedere alle imprese di uscire dal settore delle cosiddette “'miniere” di criptovalute, perché non è considerato strategico. Le autorità hanno dei timori sugli acquisti di elettricità e sui rischi finanziari che monete come Bitcoin, Ripple, Ethereum possono portare.

 

Un provvedimento simile è stato annunciato dal governo sudcoreano, che ha intenzione di vietare lo scambio di criptovalute sulle piattaforme online locali. Anche Warren Buffet, uno che di investimenti se ne intende, ha dichiarato in un'intervista alla Cnbc, che “le criptovalute faranno una brutta fine”. Secondo Goldman Sachs la moneta virtuale può essere un'alternativa solo nei paesi in via di sviluppo. Ma ormai è troppo tardi: la mania del blockchain ha contagiato quasi tutti.

 

L’ultima in ordine di tempo è Kodak. La storica azienda produttrice di pellicole ha annunciato il lancio della sua moneta virtuale dedicata ai fotografi: si chiamerà KodakCoin e dovrà servire a regolare i diritti delle immagini prodotte, tramite una piattaforma dedicata: KodakOne. In pratica si creerà un archivio digitale crittografato su cui caricare gli scatti, e monitorare in maniera continua gli indirizzi ip delle immagini registrate, così da rilevare usi senza licenza e intervenire, avviando in automatico il processo di compenso per i fotografi. Il solo annuncio dell’iniziativa ha fatto balzare il titolo a Wall Street: in un giorno il titolo Eastman Kodak co. ha più che raddoppiato il suo valore, arrivando alla quota massima di 6,80 dollari. +120%.

 

Il caso più eclatante però è quello che riguarda un’azienda produttrice di tè freddo, che dopo aver deciso di cambiare nome da Long Island Iced Tea in Long Blockchain Corp, a fine dicembre, ha visto aumentare le sue quotazioni del 183%. In un solo giorno. Long Blockchain Corp sta pensando persino di entrare nel mercato del mining, il sistema di emissione virtuale delle criptovalute. Un anno fa rischiava l’esclusione dal mercato azionario. Ora le sue azioni valgono circa 50 milioni di dollari.

 

Vapetek si è sempre occupata, sin dalla sua fondazione nel 2013, di batterie e liquidi per sigarette elettroniche. A settembre dello scorso anno ha deciso di cambiare nome in Nodechain, annunciando che avrebbe iniziato a “minare”. “Siamo fiduciosi che il mining sia la più grande opportunità dei prossimi anni e che possa creare un forte valore azionario, e che le criptovalute siano la vera innovazione del futuro”.

 

Un’altra azienda che ha cercato di inserirsi nel mercato è Bioptix.  Compagnia del settore biotech, a ottobre ha deciso di rinominarsi Riot Blockchain. Continuerà a concentrarsi sulle biotecnologie, ma per diversificare le proprie attività ha deciso di investire anche in una moneta virtuale canadese, Tess, di cui ora possiede il 52 per cento.

 

Rich Cigars, come suggerisce il nome, ha fatto dei sigari il suo core business. Fino a quando, a ottobre, ha annunciato la volontà di uscire dal suo mercato tradizionale, spostandosi in Colorado e creando filiali, anzi, miniere per produrre monete virtuali. Risultato dell'operazione? Un guadagno del 394 per cento in un giorno. Adesso Rich Cigars si chiama Intercontinental Technology.

 

Sigari, pellicole, biotecnologie, ma anche hamburger. La catena statunitense Chanticleer Holdings a dicembre ha offerto ai propri clienti un programma di premi, da distribuire via blockchain. I clienti possono ottenerli semplicemente consumando un pasto nei ristoranti della catena, usarli per futuri acquisti o commerciarli con altri clienti tramite la piattaforma MobivityWind. Anche per Chanticleer Holdings la decisione di buttarsi nel mercato delle criptovalute ha significato un guadagno significativo in borsa: + 50 per cento.

 

E poi c'è Telegram. L'applicazione di messaggistica anti WhatsApp è in procinto di lanciare un'Ico (Initial coin offering) che potrebbe essere la più grande di sempre. E' una specie di crowdfunding, da realizzarsi attraverso l'acquisto di appositi token. L'app ha 180 milioni di utenti e punta a raccogliere 500 milioni di dollari con la sua criptovaluta proprietaria, Gram. Il fondatore, Pavel Durov, stando a quanto rivela TechCrunch, starebbe pensando anche a una rete decentralizzata su cui far circolare la nuova moneta. Ancora non sono chiari i tempi, ma la blockchain di Telegram dovrebbe essere operativa dal primo trimestre 2019. L'applicazione russa punta così a trasformarsi in una piattaforma multiservizi, come la cinese WeChat. Sarà utilizzabile anche da terze parti, che potranno utilizzare la rete Ton (Telegram Open Network) per effettuare pagamenti, ma anche altre operazioni, come stipulare un rogito e pagare l'acquisto di una casa senza intermediazione della banca. Tutto possibile grazie alla blockchain, la catena dei blocchi, il libro mastro su cui è basata tutta l’architettura delle criptovalute. Che ormai ha contagiato quasi tutti.

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