Il lancio del Falcon 9

Un satellite segretissimo e disperso mette nei guai i sogni spaziali di Elon Musk

Eugenio Cau

Il progetto "Zuma" è costato miliardi di dollari

Roma. Negli ultimi due giorni gli astronomi e gli esperti di cose militari in tutto il mondo si arrovellano su una vicenda che sa di film spionistico: un satellite spia segreto con nome in codice Zuma, finanziato dal governo americano con molti miliardi di dollari (la cifra è stimata, ma si parla comunque di miliardi), è andato perduto dopo essere stato lanciato da Cape Canaveral domenica scorsa, e nessuno sa se stia orbitando inerte intorno alla Terra, se si sia polverizzato ricadendo nell’atmosfera o peggio. Come se non bastasse, il razzo usato per portare in orbita il satellite è il famosissimo Falcon 9, uno dei razzi riutilizzabili (quelli in cui il vettore principale sale, fa il suo lavoro e poi torna sulla Terra, pronto per essere lanciato ancora) prodotti da SpaceX, la compagnia aerospaziale dell’eclettico genio Elon Musk.

  


Space X Zuma Mission


 

Un po’ di background: di Zuma si sa pochissimo, quasi niente. Intorno al progetto c’è un livello di segretezza più alto perfino di altri progetti classificati, cosa “inusuale” secondo il sito di esperti space.com. SpaceX ha già fatto due missioni riservate per programmi di sicurezza nazionale del governo americano in precedenza, e di queste almeno si conosceva l’agenzia federale che le aveva ordinate: in un caso il National Reconnaissance Office e nell’altro l’Aviazione. Per Zuma, non si sa nemmeno quale agenzia stia portando avanti il progetto. Si sa che il satellite è stato costruito dalla Northrop Grumman, multinazionale americana della Difesa, la quale ha costruito anche il payload adapter, il dispositivo che che si deve staccare dal razzo Falcon 9 per portare il satellite alla sua destinazione finale in orbita. Si sa anche che il satellite era destinato a viaggiare in un’orbita bassa, adatta tra gli altri ai satelliti spia. Domenica notte il Falcon 9 con il suo prezioso carico è partito da Cape Canaveral, e SpaceX ha perfino mandato in streaming il lancio. Il primo stadio del razzo si è staccato dal resto ed è tornato sulla Terra con successo, e a quel punto SpaceX ha dichiarato missione compiuta.

 

Ma nei giorni successivi, e con intensità maggiore a partire da martedì, negli ambienti dell’aeronautica si è iniziato a dire che qualcosa era andato storto. Fonti dell’industria aerospaziale e del governo americano hanno iniziato a spifferare ai media che in realtà il satellite era andato perduto, che non si era mai staccato dal suo payload adapter e che era ricaduto nell’atmosfera terrestre, oppure che da Terra si erano persi contatti con il satellite, ora inerte. Secondo Bloomberg e il Wall Street Journal, i congressmen americani sono stati informati dell’accaduto, anche se a livello ufficiale non si sa niente: il governo americano e la Northrop Grumman non hanno emesso comunicati, mentre SpaceX dice che dal loro punto di vista la missione non ha avuto intoppi.

 

Immediatamente è partita la caccia al responsabile. Potrebbe essere il razzo Falcon 9, che in qualche modo non è riuscito a portare il satellite in orbita, o potrebbe essere la Northrop Grumman, che ha gestito le fasi finali di posizionamento del satellite. Gli esperti ritengono che un sabotaggio sia altamente improbabile, così come che questa storia sia in realtà una copertura per consentire al satellite spia di lavorare in segretezza mentre tutti lo pensano distrutto. Alcuni media già danno la colpa a Musk. La Technology Review parla di “disastro SpaceX”, Newsweek si chiede se “Elon Musk ha perso un satellite segreto del governo”. Se fosse vero sarebbe un disastro. Musk ha iniziato a costruire una delle cose più difficili di sempre: razzi spaziali, e per giunta riutilizzabili – è stato il primo a farlo. Quando ci si lancia in progetti così, è normale fallire qualche volta, ma un altro scandalo metterebbe a rischio tutta l’impresa.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.