In 280 caratteri, Twitter scrive una missione impossibile: diventare Facebook

Eugenio Cau

Un social network in crisi e i tentativi disperati di rimonta

Roma. Il numero che serve a comprendere la decisione di Twitter di questa settimana non è 280, vale a dire la quantità raddoppiata di caratteri per tweet in sperimentazione da mercoledì. Il numero fondamentale è 300 milioni. Questa è la cifra (che varia leggermente, milione più milione meno) delle persone nel mondo che usano Twitter, e ha una caratteristica fondamentale: è sempre la stessa da più di tre anni. O meglio: un po’ è cresciuta, ma a livelli infinitesimali se rapportata alla concorrenza. Facciamo l’impietoso confronto con Facebook. Nel quarto trimestre del 2013, vale a dire circa quattro anni fa, Twitter aveva 241 milioni di utenti attivi al mese, mentre Facebook ne aveva un miliardo e duecento milioni: quasi cinque volte tanto. Oggi Twitter ha 328 milioni di utenti attivi ma Facebook ne ha oltre due miliardi. Nello stesso tempo, Twitter ha aggiunto 80 milioni di nuovi utenti, Facebook 800. Se si pensa inoltre che Facebook è un social network più vecchio e che ancora nel 2012-2013, al tempo della quotazione in Borsa, Twitter era considerato un prodotto dinamico e dalle eccezionali possibilità, diventa chiaro perché tutti parlano da tempo della crisi di Twitter. Crescita stagnante, guadagni ed entrate stagnanti, progressiva perdita di talenti all’interno dell’azienda: sono gli ingredienti perfetti di un declino lento e straziante.

 

Twitter si tormenta su questi problemi da tempo. L’anno scorso, all’apice della crisi, il fondatore Jack Dorsey tornò a capo della compagnia dopo un lungo esilio, pronto a creare una storia stevejobsiana: come il nume tutelare di Apple tornò dall’esilio per salvare l’azienda negli anni Novanta, così avrebbe fatto @jack, che sostituiva la leadership fiacca del gentile Dick Costolo (@dickc). Da quel momento, Jack le ha provate tutte, giocando con le immagini, con i video, con i sistemi di pagamento, ma niente ha funzionato. Perfino Donald Trump, il presidente twittarolo che attacca alleati, condona neonazi e dichiara guerre tutto via Twitter, non ha avuto sul mezzo l’effetto sperato.

 

Così Dorsey ha deciso di ricorrere all’arma finale, dopo una marcia di avvicinamento durata mesi. Aumentare il numero dei caratteri nei tweet è un’operazione che snatura profondamente il mezzo, ma – questo ciò che pensano gli strateghi di Twitter – uno snaturamento è esattamente ciò di cui c’è bisogno. Twitter ha provato in tutti i modi a crescere rimanendo fedele alla propria vocazione, ma troppe cose si sono messe di traverso: la natura testuale del mezzo, la difficoltà della sintesi, le poche immagini. I tweet più lunghi sono più facili da scrivere, ed è facile prevedere che presto aumenterà l’integrazione con immagini e video, con un obiettivo finale impossibile: diventare Facebook. 

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.