Un'opera di ingegneria unica ha sigillato il reattore di Chernobyl
Grazie a uno dei progetti più ambiziosi al mondo, un gigantesco scudo d’acciaio, il sito ucraino potrà essere smantellato in sicurezza
A trenta anni dal disastro nucleare di Chernobyl, in Ucraina, i resti del reattore nucleare distrutto della centrale 4 sono stati chiusi grazie a uno dei progetti di ingegneria più ambiziosi al mondo. Ha la forma di un arco lungo 162 metri e con i suoi 108 metri di altezza potrebbe coprire la Tour Eiffel e anche la Statua della Libertà. Il New Safe Confinement (NSC) è un gigantesco scudo d’acciaio, un “sarcofago” simile a un hangar, che impedirà la fuoriuscita di eventuali radiazioni dal reattore per i prossimi cento anni. A questo punto, il reattore potrà essere smantellato in sicurezza, grazie a un sistema di ponti mobili. Il NSC è il progetto della joint-venture francese Novarka. Ad amministrare il fondo che lo finanzia, lo shelter fund, è la Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo, per 1 miliardo e mezzo di euro su un totale di 2 miliardi. A fornire i materiali in acciaio, un'azienda italiana, la Cimolai di Pordenone. E' stato spostato per 327 metri, dal suo punto di montaggio alla sua ultima dimora, che racchiude completamente un precedente ricovero di fortuna frettolosamente assemblato subito dopo l'incidente del 1986. L'apparecchiatura nel NSC sarà ora collegata al nuovo edificio tecnologico che servirà come una sala di controllo per le operazioni future all'interno dell'arco.
Scriveva sul Foglio Umberto Minopoli: “Nel 2002 l’Onu ha lanciato un “programma decennale” per Chernobyl. Lo scopo: pubblicizzare le conclusioni della lunga campagna di monitoraggio sanitario (‘The Human Conseguences of the Chernobyl Nuclear accident’) e indicare le strategie per la rinascita dei territori interessati (‘Strategy for recovery’). Tutte le agenzie dell’Onu, dall’Oms, all’Aiea, alla Fao, all’Unscear e ai governi interessati, sono state impegnate a scrivere il bilancio di Chernobyl e a indicare le sue lessons learned. Nel 2003 questa complessa attività di monitoraggio è stata dall’Onu istituzionalizzata nel Chernobyl Forum, composto da 100 esperti internazionali di tutte le agenzie delle Nazioni Unite e dai governi interessati all’evento, Russia, Ucraina e Bielorussia. Il Chernobyl Forum ha prodotto nel 2006, a vent’anni dall’incidente, due distinti rapporti – quello dell’ Expert Group Environment (coordinato dall’Aiea) e quello dell’Expert Group Health (coordinato dall’Oms) – che contengono le conclusioni di 20 anni di studi e analisi. Le assunzioni del Chernobyl Forum sono state, ulteriormente, confermate nel Report del 2008 dell’Unscear sugli ‘effetti sanitari dell’incidente di Chernobyl’ che concludeva con due affermazioni chiave: ‘La maggioranza della popolazione interessata dall’incidente non ha motivi di temere, per il futuro, conseguenze sanitarie dovute a effetti dell’incidente’; ‘i livelli annuali di esposizione radiologica della popolazione coinvolta sono risultati del tutto comparabili a quelli delle dosi naturali (natural background)’. Due conclusioni che demolivano, impietosamente, i fondamenti del catastrofismo mediatico su Chernobyl”.
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