Il ceo Apple Tim Cook e il vice premier cinese Wang Yang (foto LaPresse)

Tim Cook globetrotter per scacciare il fantasma della crisi di Apple

Eugenio Cau
Il ceo di Cupertino prima in Cina poi in India. Il miliardo investito dal prudente Buffett e il timore di essere “la nuova Ibm”.

Roma. Prima la visita lampo in Cina, organizzata in fretta e furia, poi la visita a sorpresa in India. Il ceo di Apple, Tim Cook, vola oggi in India, dove incontrerà il premier Narendra Modi e, secondo le anticipazioni, potrebbe annunciare l’apertura oltre che di un centro di sviluppo anche di una fabbrica destinata a soddisfare il mercato locale. La visita arriva subito dopo il viaggio di Cook a Pechino, dove il ceo di Apple è arrivato fresco di un investimento da un miliardo di dollari in Didi Chuxing, la app di macchine con autista rivale di Uber sul mercato cinese, e ha incontrato imprenditori e alti rappresentanti del governo. Dopo i dati deludenti dell’ultima trimestrale di Apple, in cui si nota un calo di vendite preoccupante soprattutto in Cina – che secondo i piani di Cupertino dovrebbe diventare il primo mercato di iPhone al mondo – Cook ha dovuto mettersi in viaggio per rimettere a posto le cose. Gli obiettivi industriali sono chiari.

 

In Cina, che già occupa una percentuale importante del fatturato di Apple, Cook ha cercato di ripianare le divergenze strategiche, e in parte politiche, createsi negli ultimi mesi, dal blocco di alcune sezioni di iTunes ai controlli informali, di cui ha dato notizia ieri il Nyt, a cui le autorità cinesi sottopongono i dipendenti locali di Apple e di altre compagnie tech. In India la situazione è differente: a causa dell’alto costo dei suoi device, Cupertino detiene appena il 2 per cento del mercato locale (secondo il quotidiano indiano Business standard, i dieci cellulari più venduti in India costano in media 10 mila rupie, circa 130 euro; l’iPhone più economico costa 39 mila rupie), ma Cook vuole porre le basi per una crescita solida in un mercato pronto a esplodere.

 


Tim Cook partecipa ad un incontro con gli sviluppatori cinesi di app in un negozio Apple a Pechino (foto LaPresse)


 

Gli obiettivi strategici dei viaggi di Cook, però, sono molto più ampi. Dopo uno dei periodi più neri degli ultimi dieci anni, in cui il titolo di Apple è crollato e gli analisti hanno dato ormai per esaurita l’eccezionale vena innovativa dei tempi di Steve Jobs, Cook cerca di puntare sui mondi nuovi e su mercati non saturi per inviare un messaggio ad azionisti e investitori: non abbiamo perso la voglia di crescere e innovare, intendiamo continuare la nostra espansione che finora ha infranto tutti i record di crescita, vogliamo batterne altri confrontandoci con nuovi mercati. Non abbiamo raggiunto il plateau, fa capire Cook. Peccato che proprio l’unica buona notizia in questo periodo buio, l’investimento da un miliardo di dollari da parte del fondo Berkshire Hathaway di Warren Buffett, sia un’indicazione in senso contrario. Come hanno notato Quartz e il Financial Times, Buffett ha una strategia di investimento decisamente prudente. Preferisce società con un buon flusso di cassa e dividendi abbondanti, ma che sono già assestate e stagionate, non cavalcano più le onde del mercato e garantiscono ritorni costanti.

 

In una parola, società che hanno già raggiunto il plateau. Per questo finora Buffett ha snobbato i titoli tecnologici, e quando ha deciso di investire lo ha fatto in giganti affidabili e remunerativi ma tutt’altro che sexy, come Ibm. Giganti che continuano a macinare numeri eccellenti, ma che, appunto, hanno raggiunto da tempo il loro plateau di crescita e innovazione. Dopo l’annuncio dell’investimento di Buffett, Quartz ha titolato: “Apple è la nuova Ibm”. Sarebbe un complimento per qualsiasi altra azienda al mondo, ma per Apple significa assumere la parte del vecchio dominatore che abbandona il suo percorso rivoluzionario di innovazione per accontentarsi placidamente dell’esistente. Significa smettere di essere la macchina dei sogni che è stata negli ultimi quindici anni. L’affannarsi di Tim Cook in giro per il mondo è indice di questa preoccupazione.

Di più su questi argomenti:
  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.