Un'immagine del funzionamento di Crispr del giornale scientifico Nature

La guerra tra Berkeley, il Mit e Harvard per la scoperta del secolo

Eugenio Cau
Le grandi scoperte scientifiche sono sempre legate al nome di uno scienziato. Ma per Crispr, la tecnica genetica che vale miliardi di dollari e fama imperitura per il suo scopritore, il grande scienziato ancora non c’è. La lotta per il Nobel e i rischi di eugenetica

    Roma. La teoria della relatività di Einstein, la scoperta della struttura del Dna di Watson e Crick, la leva di Archimede: le grandi scoperte scientifiche della storia dell’uomo sono sempre legate al nome di uno scienziato. Gli storici avvertono che è sbagliato, che la conoscenza non si sviluppa così, è più simile a tanti falò che ardono tutti insieme, ma è inevitabile, per semplificazione o per ingiustizia: solo un nome è tramandato alla storia, nessuno ricorda i collaboratori, i sodali, i rivali di un grande scienziato. La più grande scoperta scientifica del secolo, almeno finora, è una tecnica di ingegneria genetica che si chiama Crispr-Cas9 e che consente di tagliare e incollare il Dna di qualsiasi organismo, dai topi di laboratorio agli embrioni umani, con una precisione e una facilità infinitamente superiore a qualunque tecnica mai usata prima.

     

    La rivista Wired, con un’espressione perfetta, l’ha definita “il motore della Genesi”, perché le capacità di Crispr unite alla sua facilità d’uso possono teoricamente consentire a qualunque dottorando di giocare a fare Dio, tanto che l’anno scorso alcuni scienziati coinvolti nel suo sviluppo hanno chiesto una moratoria all’utilizzo sull’uomo, temendo derive eugenetiche. Crispr vale miliardi di dollari e fama imperitura per il suo scopritore. Ma il grande scienziato ancora non c’è. Ce ne sono molti, che a colpi di paper, brevetti e avvocati si litigano la paternità, la gloria e i miliardi della scoperta. La faida va avanti da anni tra l’Università di Berkeley, in California, e il Broad Institute di Cambridge, Massachusetts, sostenuto dal Mit e da Harvard. Sono i più grandi centri di ricerca d’America, forse del mondo, che stanno riproponendo una gran battaglia scientifica e legale come non si vedeva dai tempi della disfida tra Bell e Meucci per l’invenzione del telefono. Le due scienziate di Berkeley Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna sono state le prime a pubblicare nel 2012 sulla rivista Science un articolo rivoluzionario su Crispr, ma Feng Zhang del Broad Institute è riuscito a far approvare per primo il brevetto della tecnica ed è stato il primo, pare, a dimostrare che Crispr poteva essere usato anche sul genoma umano.

     

    Con i mesi la polemica ha assunto livelli aspri, ci sono stati scontri legali, spesso gli stessi scienziati si sono accusati a vicenda di cercare di manipolare la storia. Uno dei protagonisti di questa battaglia si chiama Eric Lander, cofondatore del Broad Institute, tra gli scienziati più importanti d’America, inserito da Time nella lista dei 100 uomini più influenti dei nostri tempi e copresidente del consiglio di esperti scientifici dell’Amministrazione Obama. Un megascienziato con molti addentellati politici, che dieci giorni fa ha scritto sulla rivista Cell un saggio intitolato “Gli eroi di Crispr”, in cui elenca tutti i passi che hanno portato alla scoperta della tecnica, enfatizzando il ruolo di Zhang e del Broad Institute. Da Berkeley hanno risposto inferociti e nell’ambiente è iniziata una “shitstorm”, una “tempesta di merda”. Su Twitter ha cominciato a circolare l’hashtag #landergate, il sito femminista Jezebel ha attaccato Lander per il suo tentativo di escludere dalla storia le due scienziate donne di Berkeley, Charpentier e Doudna. Il biologo di Berkeley Michael Eisen sul suo blog ha definito il rivale “un genio del male al culmine delle sue capacità”, che cerca di usare la sua influenza per cambiare i fatti.

     

    [**Video_box_2**]In gioco in questa gran battaglia tra studiosi ci sono la possibilità di entrare nel pantheon della scienza universale e un inimmaginabile ritorno economico, e non c’è da stupirsi se anche compassati uomini di laboratorio si assestano qualche destro. Per ora gli scienziati di Berkeley hanno ricevuto più premi internazionali, e dunque sono in vantaggio in quanto a legacy, quelli di Harvard e del Mit più riconoscimenti in termini di brevetti e di possibilità di lucro. E poi c’è il Nobel. Un premio è assicurato, ma il problema è: a chi deciderà di attribuirlo l’Accademia di Stoccolma?

    • Eugenio Cau
    • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.