La scuola a Parigi che insegna a programmare h24 e quella che fa crescere senza tecnologia

Federico Sarica

    "Lavoro nell’industria legata a internet da più di vent’anni. E da più di vent’anni il problema principale del mio mestiere è sempre lo stesso: come reclutare dei talenti, come trovare gli sviluppatori di cui abbiamo bisogno per concepire le formule che ci permetteranno di creare dei prodotto innovativi. La formazione è fondamentale. Da questo punto di vista, oggi il sistema francese non funziona. E’ incastrato fra, da una parte, l’università pubblica, che propone un tipo di formazione che non coincide sempre coi bisogni delle imprese e del mercato del lavoro ma che è gratuita e largamente accessibile, e dell’altra parte le scuole private, dove l’offerta formativa è spesso di alta qualità ma lascia per strada un grande numero di potenziali talenti vista l’inaccessibilità economica per molti. Per questo nasce Ecole 42, per colmare questo gap”. Lo scriveva Xavier Niel nel 2013, presentando quella che è stata definita da molti la scuola per programmatori più avanzata del mondo.

     

    Niel, una vita spesa nel settore tecnologico con l’etichetta di ragazzo terribile, è fra l’altre cose proprietario del Monde insieme a Pierre Bergé e Matthieu Pigasse. Dentro Ecole 42, dicono i pochi che l’hanno raccontata, si fa una cosa molto semplice ma altrettanto misteriosa: si scrivono codici, ventiquattro ore su ventiquattro. E basta. Ecole 42 è una scuola non convenzionale sotto molti punti di vista: non esiste retta – è di fatti completamente gratuita e i primi cinque anni di vita saranno finanziati da Xavier Niel in persona – non ci sono né esami né classi, per accedervi non serve nessun titolo di studio. Il criterio di selezione è basato su una settimana consecutiva di test, anche molto duri, cui sono sottoposti migliaia di richiedenti all’anno; sette giorni chiamati “la piscine”, durante i quali aspiranti programmatori di ogni età e provenienza si misurano con prove di livello altissimo.
    I migliori di loro, circa un migliaio l’anno, accedono e iniziano i tre anni che li porteranno a entrare nell’élite globale di chi sa scrivere i complicati codici che reggono quell’enorme universo che va sotto il nome di innovazione tecnologica. Non solo ci entrano in questo mondo, ma vanno in qualche modo a impossessarsi delle chiavi. Perché se c’è un punto su cui tutti gli analisti e gli esperti del settore concordano, quando si parla di start up tecnologiche, è la necessità di trovare programmatori all’altezza della sfida che molti dei business immaginati richiedono. L’implementazione è quel che molto spesso determina la validità di un’intuizione.

     

    Le cose sorprendenti di Ecole 42, oltre a quelle già riassunte, sono fondamentalmente due: la prima è che non si trova a Palo Alto ma nel cuore della vecchia e bistrattata Europa, nel centro di Parigi per la precisione. E la seconda è che, a due anni dalla nascita, funziona. “La quasi totalità dei nostri studenti del primo anno è stata mandata in stage presso aziende tecnologiche di primissimo livello. La percentuale di quelli ritenuti dalle stesse aziende immediatamente pronti per un posto di lavoro presso di loro è molto alta, il novanta percento” ha dichiarato recentemente Kwame Yamgnane, uno dei cofondatori di 42. La cosa più interessante venuta fuori è stato l’alto grado di responsabilizzazione riscontrato dalle aziende negli studenti usciti dalla scuola. Ciò, sempre secondo Yamgnane, ha molto a che fare coi metodi formativi di Ecole 42: i ragazzi non lavorano a corsi, ma a progetti, di cui vengono a rotazione nominati responsabili. Questo permette agli studenti di “usare la matematica”, più che studiarla. Non tutti ovviamente la pensano così in materia di innovazione.

     

    No tech school

     

    Se Ecole 42 rappresenta in qualche modo una start up scolastica concepita per dare nuova linfa alla rivoluzione tecnologica in atto, il Guardian in questi giorni ha raccontato un caso di iniziativa imprenditoriale nello stesso campo diametralmente opposto. Si tratta della London Acorn School, già ridefinita una “no tech school”. Tecnologia vietata fino all’adolescenza. Tutta – smartphone, computer, device e schermi di ogni genere, vecchia tv compresa – e su tutti i fronti: i genitori degli studenti accettano infatti un protocollo in cui si impegnano a far rispettare gli stessi divieti ai ragazzi anche fuori dall’orario scolastico, persino in vacanza.

     

    Il credo dei suoi fondatori – una coppia che rivendica una certa continuità con i metodi steineriani – è “niente tecnologia ai bambini piccoli, e poi poca tecnologia e accessibile per gradi in età più adulta”.

     

    “Mio marito lavora nel settore dell’Information Technology – ha raccontato una mamma che ha iscritto i suoi figli alla Acorn - siamo grandi sostenitori della tecnologia, ma siamo convinti che sia una cosa per adulti. Troppa e troppo presto, può risultare molto dannosa”.