La siciliana che vende vino in tutto il mondo. L'app per ristoranti comprata da TripAdvisor

Federico Sarica

Settimana di cibi e bevande per questa colonna dedicata alle piccole grandi storie contemporanee di successo (segnalatecele a [email protected]), con un pensiero per Michele Ferrero nei giorni della sua dipartita.

    Settimana di cibi e bevande per questa colonna dedicata alle piccole grandi storie contemporanee di successo (segnalatecele a [email protected]), con un pensiero per Michele Ferrero nei giorni della sua dipartita. Sul New York Times dello scorso gennaio, a firma del noto critico gastronomico ed esperto di vini Eric Asimov, in un articolo sulle qualità vignaiole della Sicilia, si leggeva che “la nostra scelta come bottiglia numero uno non è una sorpresa: scegliamo un Siccagno del 2011 di Arianna Occhipinti, una produttrice i cui vini sono da tempo fra i nostri preferiti”. Quella di Arianna Occhipinti, classe 1982, viticoltrice siciliana di Vittoria, è una bella storia di passione, ingegno e maniche tirate su. Storia che inizia nel 2004 quando, complice uno zio del mestiere, Arianna decide di investire su un ettaro di terra dalle sue parti e di scommettere sulla produzione di vini autoctoni. Del resto, come dice lei stessa, quella zona lì “sembra il Messico, non si fa nulla, si aspetta che crescano verdura e uva”. E allora tanto vale farlo seriamente: in dieci anni gli ettari son diventati più di trenta e il sogno di Arianna si è materializzato in un’azienda che produce, oltre al Siccagno celebrato del New York Times, altri cinque vini che si sono fatti strada nel settore, anche e soprattutto a livello globale. Basti pensare che per l’azienda di Vittoria oggi la California è il secondo mercato, e che nel 2010 ha vinto un bando di concorso per l’esportazione in Norvegia, paese dove l’alcol è gestito dal monopolio di stato. Produce vini naturali, ma ha smesso da tempo di farne una guerra di religione, anzi, sostiene che “non c’è nessun conflitto fra vini naturali e convenzionali, detesto etichettare concetti. Quando ho iniziato lo facevo anch’io. Risultato: mi sono ghettizzata da sola”. Considerazione che denota notevole apertura mentale e alla quale brindiamo volentieri.

     

    Negli stessi giorni in cui Arianna diventava per la prima volta presidente della Strada del Vino Cerasuolo di Vittoria, succedendo allo zio ai primi di febbraio, sui media più attenti alle novità provenienti dal mondo della tecnologia e dell’innovazione appariva una notizia apparentemente marginale ma che potrebbe essere destinata a incidere non poco sul settore italico della ristorazione. La notizia è questa: TripAdvisor, il gigante digitale che permette agli utenti di recensire e consigliare hotel e ristoranti a livello globale, ha comprato la start up italiana RestOpolis, un’app attraverso la quale dal 2011 si può prenotare al ristorante con un clic e che vanta circa un migliaio di locali convenzionati distribuiti in oltre sessanta città sul territorio nazionale. Il perché tutto potrebbe avere una certa rilevanza lo spiega bene Simone Cosimi sul sito di Wired: l’acquisizione serve da trampolino di lancio per promuovere l’edizione italiana del noto servizio internazionale The Fork, altro acquisto recente di TripAdvisor, e quindi “ora che c’è un peso massimo in campo, nel giro di pochi mesi uscire a cena non sarà più come prima”. Una mossa che rappresenta un lieto fine per la piccola start up italiana: il country manager del nuovo brand sarà infatti Almir Ambeskovic, il trentasettenne che RestOpolis l’aveva pensata e fatta crescere fino al punto da attirare le attenzioni dei big mondiali del settore. Ambeskovic, nato a Sarajevo, è uno che agita il mondo digitale italiano già da qualche tempo (RestOpolis è stata solo l’ultima delle idee che ha provato a realizzare, tanto che è arrivato a definirsi un’imprenditore seriale) ed è convinto che, per chi fa impresa nel settore, più che alla ricerca dell’idea geniale sia giusto e utile dedicarsi alla fase di realizzazione, di struttura e di ricerca della dimensione aziendale. Il segreto del successo di RestOpolis probabilmente risiede proprio in questo: l’idea è semplice, quasi banale, prenotare online il tavolo al ristorante; la sua funzionalità e il suo network di contro risultano notevoli. Una cosa facile ma fatta bene. Non a caso è piaciuta.