
Luciano Buonfiglio (foto LaPresse)
Chi è Luciano Buonfiglio, il nuovo presidente del Coni
Il Comitato olimpico italiano ha deciso di puntare sul presidente della federazione canoa e kayak, il candidato sostenuto da Giovanni Malagò. “Siamo piacevolmente condannati a continuare a vincere"
Luciano Buonfiglio non ha lo charme di Giovanni Malagò. Non ha neppure la sua eloquenza. Però ha un passato da uomo di sport che lo ha portato fino all’elezione a numero uno del Coni pagaiata dopo pagaiata.
Atleta ai Giochi di Montreal nel K4 sui 1000 metri, poi ha percorso la carriera dirigenziale fino a diventare presidente della Federazione canoa e kayak nel 2005, ruolo che adesso con ogni probabilità passerà ad Antonio Rossi, portabandiera ai Giochi di Pechino. Una federazione che aveva 5.500 tesserati e oggi ne conta 22.000 con un bilancio sano, un centro federale finanziato dal Pnrr e tante medaglie olimpiche che lo hanno portato a ricevere il Collare d'Oro al Merito Sportivo nel dicembre del 2023. Buonfiglio ha stravinto il confronto con Luca Pancalli (47-34) facendo prevalere la continuità. Lui era la scelta di Malagò e lui ha vinto alla prima votazione dopo essersi presentato con un discorso in cui diceva: “Siamo piacevolmente condannati a continuare a vincere, solo così possiamo far parlare di noi”.
Con lui alla presidenza il Coni invecchia di 9 anni rispetto a Giovanni Malagò. Buonfiglio è nato a Napoli, più precisamente a Posillipo, il 15 novembre 1950, e del Napoli è ovviamente tifoso. Al Circolo Posillipo ha imparato a nuotare e ad andare a vela, ma è a Milano dove si è trasferito a 15 anni (“al liceo ero ghettizzato, è stato uno stimolo”) che ha cominciato ad amare la canoa, fino ad arrivare alla convocazione olimpica nel 1976, considerando il giorno della cerimonia d’apertura di quei Giochi come il più bello della sua vita. Almeno fino a quando non è stata letta la quarantunesima scheda con il suo nome, quella che alle 12.13 ha sancito la sua vittoria.
Buonfiglio è stato atleta, presidente federale, ma anche dirigente d’azienda fino a diventare direttore generale del gruppo Alliance Europa. E’ un uomo che conosce bene il Coni e i suoi meccanismi e che, pur essendo una candidatura di Malagò, vuole lasciare un segno tutto suo: “Cosa dobbiamo fare? Intanto coordinarci con il Governo e Sport e Salute per un piano strategico quadriennale. Per questo abbiamo ideato i dipartimenti, ognuno di voi sarà coinvolto per produrre iniziative che qualche volta abbiamo subite. Abbiamo la forza e la competenza per essere protagonisti e proporre quelle iniziative che devono far sì che il Coni sia sempre protagonista nel mondo. Il Coni non va cambiato, ma si deve sempre migliorare”, ha detto nel suo discorso di presentazione. Come dargli torto.
Era il favorito della vigilia, contro il candidato della politica e di due federazioni vincenti come Federnuoto e Federtennis, e alla fine non ci sono state sorprese nell’urna dove hanno preso voti solo lui e il suo avversario, con Carraro che nel suo intervento si era tirato da parte, lasciando via libera proprio a Buonfiglio che riteneva l’uomo giusto perché rappresentava la continuità e garantiva la riconferma della squadra di Malagò, a cominciare da Carlo Mornati, il direttore generale. I suoi avversari lo descrivevano come un traditore perché ai tempi della prima elezione di Malagò cambiò bandiera in una notte tradendo Pagnozzi. Ma lui ha sempre raccontato quella scelta, guardandola sotto un altro punto di vista.
Si definisce “un uomo di sport con un’unica ossessione: essere all’altezza di rappresentare un mondo che vale tanto”. Adesso ha l’occasione per dimostrarlo.
“Ho portato nel lavoro l’entusiasmo e la determinazione dello sportivo e nello sport l’organizzazione aziendale – dice raccontandosi - Il mio obiettivo è che al Coni tutti sappiano quale sia il percorso da fare e diano il proprio contributo, come avveniva nelle aziende in cui sono stato. Ogni presidente è un imprenditore con competenze specifiche che vanno valorizzate”. Non sarà un Malagò 2 perché è comunque molto diverso dal presidente che lo ha sponsorizzato, ma non sarà certo un presidente rivoluzionario.