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Il Foglio sportivo

Quando finisce il Giro d'Italia

Giovanni Battistuzzi

Da lunedì tutti saremo più vuoti. Poi ci si ricorda che dopo la primavera inizia l’estate e che se la primavera è rosa, l’estate è gialla. E che manca un mese o poco più al Tour de France

Ogni volta è una piccola storia d’amore. Con i suoi alti, a volte altissimi, e i suoi bassi, mai bassissimi. Ogni anno, ogni maggio, un nuovo inizio, un nuovo innamoramento che inizia. E ogni volta si sa perfettamente che ha una scadenza, tre settimane appena, che sono un niente, un tempo piccolo, così piccolo da non riuscire nemmeno ad abituarcisi davvero. Goditi il momento, ci si dice, non pensare al dopo, hai tre settimane? Goditi queste tre settimane. Poi si vedrà, tanto sai che torneranno. Le tre settimane finiscono e arriva il vuoto, quel senso d’abbandono che compare di lunedì, sempre di lunedì, mentre il trantran della quotidianità riparte. Fa un po’ schifo il trantran di suo, perché spesso, quasi sempre, uno vuole, a volte brama, l’altrove. Si pensa sempre che l’altrove sia meglio, quasi mai è vero, ma tant’è. Senz’altro fa un po’ più schifo il lunedì successivo a quando il Giro d’Italia ha finito di muoversi per l’Italia. Ed è così anche perché il Giro d’Italia è un modo per raggiungere quell’altrove a cui si tende. La corsa te lo sbatte a portata di occhi, in uno schermo, a portata di immaginazione. Perché anche per questo si vede il Giro, perché favorisce l’immaginazione, ci fa muovere senza muoverci, ci porta in posti che mai abbiamo visto, ma che ci promettiamo sempre di andare a vedere, a pedalare, prima o poi.

Quando il Giro d’Italia finisce non ci si abitua mai subito. Ci vuole qualche giorno per riprendersi, per riorganizzarsi i pomeriggi. Non bastano mai tre settimane a noi ciclisti da divano o da poltrona, perché tre settimane sono poche, scorrono via veloci come le ruote delle biciclette in discesa. Meglio non dirlo però ai corridori, che per loro tre settimane sono un sacco di giorni, un sacco di strada, un sacco di fatica: non vedono l’ora che finiscano.

Quando il Giro d’Italia finisce chi è felice è chi ci sta accanto, chi sopporta in silenzio i pomeriggi del fine settimana sul divano, i discorsi sugli scatti fatti e non fatti, su sprint e montagne, su sorprese e delusioni, i tempi passati a osservare un telefono poco prima delle 14, perché c’è la puntata su Bikoo da fare e la chat con gli amici è un continuo trillare.

Quando il Giro d’Italia finisce rimane l’amarezza che altro tempo è passato, che forse poteva essere meglio, ma anche no, che la primavera è già finita. Poi ci si ricorda che dopo la primavera inizia l’estate e che se la primavera è rosa, l’estate è gialla. E che manca un mese o poco più al Tour de France.

Quando finisce il Giro d’Italia è come quando finisce un bel libro, un libro che ti tiene lì e ti fa girare una pagina dietro l’altra. Solo che a differenza di un libro, si sa che inizierà di nuovo, con una nuova trama e altri protagonisti. Basta saper aspettare.

Il Giro d’Italia 2023 finisce domani a Roma. Finisce per la centoseiesima volta nella sua storia. E dovremo aspettare undici mesi e una settimana per rivederlo scorrere sulle strade d’Italia, portare a spasso i nostri pomeriggi, farci scoprire e riscoprire nuove cime, nuove montagne da scalare, farci inanellare nuovi buoni propositi che chissà se e quando realizzeremo.

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