Una macchina bruciata durante gli scontri nel prepartita (Ansa)

L'ancien régime del calcio

Viste le violenze di Napoli, era meglio la Superlega

Maurizio Crippa

Quanto successo prima della partita con l'Eintracht non è che l’ultimo disastro della Uefa, che ha peccato di sottovalutazione e presunzione. Meglio allora un bel torneo d’élite, con spettatori d’élite invece dei teppisti

Detto col senno non proprio di poi, ma quasi, visto come si sono messe le cose nella prima guerra europea del football (“La prima guerra del football e altre guerre di poveri” era un gran libro di Ryszard Kapuscinski di molti anni fa, ma parlava di poveri, appunto: qui al massimo c’è un po’ troppo calcio straccione), insomma come si è messa tra i club che si erano consorziati per varare la Superlega – in Italia la Juventus del Cugino Spendaccione – e la Uefa, l’ancien régime che difende con denti mannari il suo privilegio politico ed economico. Detto dunque col senno di poi: vuoi vedere che avevano ragione loro, gli sfidanti della Superlega? L’ultimo disastro scioglie i dubbi. Il capo della Uefa, quel Lord Voldemort del calcio che è Aleksander Ceferin, voleva a tutti i costi che la falange francofortese passeggiasse sul lungomare di Napoli, “decisione intollerabile” non fornirle i biglietti, e anzi pronte le sanzioni per i club che osano rifiutare i tifosi avversari. La libera circolazione delle merci. Anche quando è merce avariata.

 

Si è visto com’è andata, contro il volere del ministro Piantedosi, del prefetto di Napoli e pure del Tar e della Polizia (“il divieto di vendita di biglietti era più che giustificato”) che hanno provato a impedire la calata di gentaccia che sarebbe più logico lacrime dove sta. Dunque hanno ragione i superleghisti: una bella competizione europea senza racaille, riservata solo a club blasonati e soprattutto ben foraggiati, e padroni di stadi adeguati, con posti non solo numerati ma anche privati, come i palchi della Scala nel Settecento, da riservare ai loro altrettanto ricchi e selezionati clienti (pardon, supporter). Spettatori che arrivano in taxi per il lunch pre-match, altro che i cortei urlanti. E niente più tifoserie incontrollate in transumanza violenta, che per di più sbucano da posti senza storia (calcistica), gente che viaggia alla chetichella senza biglietto. O magari avendolo, ma per farci cosa? Davanti a questo sfracello, davvero meglio un calcio d’élite per pubblico d’élite. Invece la Uefa continua a trasmettere, per sfruttare il ritorno di quello che è puro populismo inflattivo, l’immagine arcigna di un’Europa che non funziona più. E non tanto perché Salvini ora vuole i danni dai tedeschi: ci sono pure i nani calcistici di Francoforte a volerli dall’Italia.

 

E si può tralasciare la polemica italiota – Roberto Fico: “Quello che sta accadendo a Napoli è inammissibile”, senza la decenza di ricordare che la scorsa calata dell’Eintracht la s-governò il suo amico Giuseppi. Ma basterebbe il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, che pure forse nel club della Superlega non sarebbe invitato, per censo e per ranking: “Mi auguro che la Meloni faccia come l’unica premier che ha avuto il coraggio: Margaret Thatcher”. E sulla Uefa: “Si rappresenta da sé. Basta pensare a cosa è successo a Parigi per la finale di Champions”. Un anno fa, allo Stade de France, stava per succedere un nuovo Heysel e la Uefa dovette scusarsi “con tutti gli spettatori che hanno dovuto vivere o assistere a eventi spaventosi e angoscianti… Nessun tifoso di calcio dovrebbe mai essere messo in quella situazione e non deve succedere mai più”

 

La verità è che un’altra volta il disastro l’ha fatto la Uefa, lo scrive anche il Mattino in prima pagina: è stata la Uefa a prendere la posizione sbagliata e a sottovalutare, per un interesse che è solo del suo sistema. La verità è che Ceferin deve difendersi dalle offensive di Gianni Infantino, neo confermato presidente della Fifa, che ha varato un insensato Mondiale a 48 squadre e 104 partite (già in Qatar la metà erano inguardabili e non le ha viste nessuno) e pure un “mondiale per club a 32 squadre”, lungo come un campionato. Così la Uefa è costretta a incrementare stadi pieni, a inventare una Champions più lunga e con più squadre, col rischio di aumentare il traffico di dementi. E allora, vuoi vedere che forse avevano davvero ragione Andrea Agnelli e la coppia Barcellona & Real, i Pantagruel e Gargantua del debito calcistico mondiale, a voler fare un torneo con tanti soldi e pochi tifosi? L’Europa che non funziona non è la Ue, tanto odiata dai sovranisti di ogni risma, è la Uefa. C’è l’Europa buona di Macron che vara la riforma delle pensioni senza dar retta ai tifosi in piazza, e c’è l’Europa cattiva, quella del calcio, che pur di gonfiare i fatturati chiuderebbe gli occhi su ogni trasferta di scalmanati. Ma il calcio è un business serio, non si può lasciarlo alla Uefa.

Di più su questi argomenti:
  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"