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un male oscuro

La kafkiana metamorfosi del Milan di Pioli. In caduta libera, nel silenzio della società

Giuseppe Pastore

Contro il Sassuolo arriva un'altra sconfitta e cinque gol subiti. I rossoneri hanno sempre faticato molto a “gestire la sconfitta”, sono incapaci di soffrire. Mentre ai calciatori vengono meno gli stimoli. Pesa l'assenza di Maignan e di una dirigenza che sul mercato ha sbagliato tanto

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Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, il Milan si trovò trasformato in un enorme insetto. La kafkiana metamorfosi della creatura di Pioli tramuta il solito Sassuolino nella scarpa in un mostruoso macigno dilagante in ogni dove, nelle facce allibite più che disperate dei 70mila di San Siro. Prendiamo i tanti bambini presenti allo stadio, quelli con la verità negli occhi: nei loro sguardi all'uscita non c'erano lacrime di delusione, ma più compatimento per l'imbarazzo dei poveri genitori costretti a giustificargli cotanto scempio. Improvvisamente, da qualche settimana, il Milan ha smesso di essere decoroso e nessuno capisce il perché: un gol dal Torino, due dal Lecce, tre dall'Inter, quattro dalla Lazio, cinque dal Sassuolo, e siccome domenica c'è il derby la sequenza mette i brividi. In particolare, la fase difensiva esibita da gennaio non è solamente scarsa, ma ha momenti di esemplare cattivo gusto: la dormita collettiva in occasione dell'1-3 di Berardi è uno schiaffo alla logica e a uno stadio che s'era appena riacceso dopo il gol di Giroud e aveva iniziato a pregustare una rimonta che, chissà, avrebbe potuto svoltare la stagione.

 

Delle tante possibili origini del male oscuro abbiamo già scritto. Breve riepilogo: l'assenza a tempo indeterminato di Maignan ha tolto alla squadra una fonte primaria di gioco e ha seminato insicurezza nella difesa, costringendola a stare più bassa e a rinnegare i principi che sono valsi lo scudetto. Ma se Calabria, Kalulu e Tomori si abbassano di venti metri il centrocampo non li segue abbastanza, lasciando in mezzo regolari praterie assaltate dai Frattesi di turno; che poi quale centrocampo, se anche in assenza dell'indispensabile metronomo Bennacer Pioli si ostina a giocare con due mediani e una batteria di trequartisti al momento ben poco interessata al sacrificio? Aggiungiamoci che il Milan di Pioli, anche nelle sue versioni migliori, ha sempre faticato molto a “gestire la sconfitta”, quell'attitudine da adulti di stare coperti nei momenti difficili della partita che le portò i tre punti nel derby di Giroud, che domenica sera compirà esattamente un anno. E poi è tutta una valanga: giocatori spompati fisicamente e/o mentalmente, che trovano ben poco stimolante un campionato in cui si ritrovano a oltre dieci punti dal primo posto, la spina che una volta staccata non si riattacca più, una carenza generale di personalità che fino a novembre era stata mascherata prima dall'entusiasmo e poi da un'identità collettiva di colpo smarrita da un gruppo sfilacciato in mille rivoli. Soffrire evidentemente non piace a questa squadra d'animo squisitamente francese, con tutti i pregi e i difetti del caso.

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Non è eloquente, ma semplicemente tombale il silenzio di una società assente innanzitutto dal punto di vista materiale – il nuovo proprietario Cardinale non era presente nemmeno a Riad – e poi economico: lo specchio è il rifiuto di spendere 5 milioni per anticipare a gennaio l'arrivo dell'atalantino Sportiello, non Courtois né Alisson, ma comunque un portiere normale che avrebbe fatto un po' meglio delle 5 parate sui 18 tiri nello specchio ricevuti nel 2023 dallo spettrale Tatarusanu. Per usare un garbato eufemismo, il mercato estivo di Maldini si è rivelato fin qui un bagno di sangue, ma forse non è un'idea geniale chiudergli i rubinetti ignorando l'evidenza di una squadra mentalmente alla deriva, che ha disperato bisogno di qualcosa di nuovo, sia un cambio di modulo o un paio di titolari da pescare con intelligenza. E invece no, a quanto pare la ricetta per resettare tutto si chiama Zlatan Ibrahimovic, dato per revenant – probabilmente in groppa al cavallo bianco del proprio ego – a dettar legge a Milanello, una scena in sintonia con i Carmina Burana di Carl Orff che da qualche partita fanno da sottofondo all'ingresso in campo per il riscaldamento del Milan e non aiutano molto a rasserenare il clima e rendere scalabile questa parete verticale, spaventosamente liscia. “O Fortuna”: ma certamente. Sfortunato lo spogliatoio che ha bisogno di eroi.

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