La Rotta del Rum di Ambrogio Beccaria ha raggiunto Guadalupa

Stefano Vegliani

Il navigatore milanese ha chiuso al secondo posto la più importante traversata atlantica in solitario. "Ho addosso l’adrenalina di questi ultimi giorni per difendere la posizione e ora finalmente mi siederò al ristorante dove spero di mangiare una bella aragosta"

“Sono stanchissimo, ma ho addosso l’adrenalina di questi ultimi giorni per difendere la posizione e ora finalmente mi siederò al ristorante dove spero di mangiare una bella aragosta” così Ambrogio Beccaria racconta al Foglio le sue prime sensazioni da uomo di terra poche ore dopo essere arrivato secondo nella Class 40 alla Rotta del Rum, la più importante traversata atlantica in solitario: da Saint Malò alla Guadalupa: sulla rotta ideale 3.542 miglia, quasi seimila e seicento chilometri (in realtà più di quattromila), in quattrodici giorni, sette ore, ventitré minuti e quarantotto secondi.

  

Ambrogio Beccaria, milanese, 31 anni, con questo secondo posto ha ottenuto uno dei risultati più importanti di sempre nella storia della vela italiana che attraversa gli oceani. La flotta alla Rotta del Rhum è numerosa: Alberto Bona, milanese pure lui è ottavo e Andrea Fornaro arriverà tra un paio di giorni; in questo momento è ventesimo. A loro bisogna aggiungere Giancarlo Pedote, nella Classe Imoca (barche più grandi) sedicesimo. Alla partenza i velisti della Class 40 erano cinquantacinque, nella stragrande maggioranza francesi, ma oggi non si può più giocare, come ai tempi delle prime affermazioni di Giovanni Soldini, con il testo della canzone di Paolo Conte “ francesi che si incazzano…..”. Ora i francesi, che sono padroni della vela solitaria, stanno agli oceani come il Brasile al calcio, hanno massimo rispetto dei velisti italiani.

   

    

Già Soldini. Beccaria, come Bona sono allievi di Soldini, Fornaro e Pedote sono stati ispirati dalle imprese negli anni Novanta del velista barbuto. I primi due sono sulla rampa di lancio per dimostrare di essere molto più bravi del maestro. “Non mi permetto di dire, né di pensare, che sono più bravo di Giovanni” sottolinea Beccaria.

  

Allagrande Pirelli è stata l’ultima barca della flotta ad essere varata, a prendere il mare. Una barca tutta italiana, progettata dai compagni di università Gianluca Guelfi e Fabio D’Angeli e costruita a Genova nel cantiere San Giorgio Marine di Edoardo Bianchi, una gemella è già in costruzione, ma c’è da giurare che molti altri ordini arriveranno.

  

Il valore del risultato ottenuto alla Rotta del Rum è amplificato dalla natura di esordiente di Beccaria su questo tipo di imbarcazioni. Nel 2019, primo italiano a riuscire nell’ impresa, aveva vinto la Mini Transat, traversata atlantica in due tappe su un guscio di sei metri e mezzo. Allagrande Pirelli è lunga quasi il doppio “fino a quando non ho fatto la prima navigazione in solitario non mi ero reso conto veramente della differenza delle dimensioni” racconta Beccaria, “tutto è più difficile, le vele più grandi e più pesanti, manovrare molto più impegnativo fisicamente. Così negli ultimi due giorni di regata ci ho messo un po’ a rendermi conto che era indispensabile cambiare vela, ero scivolato in terza posizione, ma quando l’ho fatto sono andato fortissimo e sono arrivato in Guadalupa appena quattro ore dopo Xavier Macaire, il francese che ha vinto. Due ore prima di Corentin Duguet, terzo classificato”. Anche la paura è più grande? “Come sa chi mi segue sui social, io non ho problema a raccontare che è inevitabile avere paura quando navighi in Oceano da solo, quindi la paura c’è stata, ma ben controllata. Non c’è mai stato panico”.

   

  

È stata una Rotta del Rum che ha offerto ai concorrenti ben quattro depressioni, che proprio per il mal tempo ha rinviato la partenza per la prima volta nella sua storia. “vent’anni fa non sarebbe successo perché le barche erano più vicine a quelle di serie, meno tirate. Questo sport è cambiato e la sicurezza è una priorità. A novembre l’Atlantico è sempre cosi impegnativo” specifica Ambrogio. Le depressioni hanno decimato la flotta, di cinquantacinque partenti sono rimasti in gara solo trentasette velisti. Beccaria tre giorni dopo la partenza ha rotto l’aggancio di un fiocco in coperta che gli ha impedito di usare quella vela, dopo quattro è volata via la strumentazione sulla testa dell’albero per la lettura del vento che serve anche per comandare il pilota automatico. “Negli ultimi giorni sono stato tanto al timone per difendere la posizione”.

  

I francesi si sono inchinati alla prestazione, gli amici si sono sprecati nell’iperbole “Allagrandissima”. “In verità avevo avuto la tentazione di chiamarla Allagrandissima proprio perché era più importante del mini 650”, racconta Beccaria, “ma poi mi sembrava eccessivo. Oggi l’iperbole mi sta benissimo. Ovviamente siamo partiti per stupire tutti, ma era un messaggio che veniva dal cuore, razionalmente era molto difficile perché avevamo avuto poco tempo per mettere a punto la barca, perché sono sul podio con due tra i più forti velisti oceanici, con un’esperienza enorme rispetto alla mia. Per preparare la barca ho dovuto vestire i panni del marinaio più di quelli del velista. Ora ho la certezza del gigantesco potenziale di questa barca”.

  

L’arrivo è stato emozionante, trasmesso in diretta su Instagram ripreso dal cellulare della mamma di Ambrogio, preoccupata dalle condizioni delle mani di suo figlio dopo due settime di navigazione. Una volta ormeggiato gli hanno offerto come da tradizione un bicchiere di rum bianco “mi sembrava benzina non bevevo alcol da ben prima della partenza, ma poi aspettavo la magnum di champagne che mi piace molto”. Dopo poco è arrivato un piatto tricolore che nelle intenzioni di Pirelli, che ha organizzato questo benvenuto particolare, doveva essere un risotto: “è stato bello, ma qui alla Guadalupa avrebbero bisogno di un corso di cucina italiana”. Meglio l’aragosta.

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