Il primo Mondiale che a m'arcord - il foglio sportivo

Mondiale 1970, ossia l'arte di predire il futuro

Marco Ballestracci

"Contro quel Brasile c’era poco da fare: l’unica via percorribile era quella della sconfitta onorevole, così che la mossa di Mazzola al posto di Rivera si rivelò fondamentale"

Da bambino credevo che mio padre possedesse dei poteri divinatori. Riusciva sempre a prevedere i risultati delle partite di calcio importanti. Ricordo che la sera dei quarti di finale della Coppa dei Campioni mi disse: “Non preoccuparti che il Milan batte il Celtic a Glasgow”. La mattina dopo mi svegliò prima d’andare in cantiere e mi strizzò l’occhio: “Cosa t’avevo detto? Il Milan ha vinto 1 a 0”. Mugolai intontito “Chi ha segnato?” “E chi può aver segnato? Prati!”. Era andata così un mucchio di volte, anche durante la prima partita di Mondiali di calcio che vidi in televisione. Era il 14 giugno 1970 e l’Italia giocava a Toluca contro il Messico nei quarti di finale della Coppa Rimet. Potei guardare la partita solo perché si giocava a mezzogiorno ora locale, che erano le sette di sera in Italia. Questo è il motivo per cui, tre giorni dopo, non vidi in diretta Italia-Germania dell’Azteca. Nessun bravo genitore permetteva a un bambino di guardare una partita di calcio, per quanto importantissima, che iniziasse alle undici di sera. Col Messico a Toluca iniziò male perché Gonzales segnò abbastanza presto. Riuscimmo in qualche modo a pareggiare, ma non ad andare oltre, così all’inizio del secondo tempo guardai mio padre e quasi lo implorai: “Papà dici che vinciamo?”. Non ebbe alcun dubbio: “Non ti preoccupare. Vedrai che vinciamo”. Segnarono due volte Riva e una Rivera e questo prodigio confermò che effettivamente, non sapevo per quale preciso motivo, possedeva quei benedetti poteri divinatori.

 

Accadde la stessa cosa una settimana dopo, il 21 giugno, quando si disputò la finale della Coppa del mondo col Brasile. Pelé segnò quasi subito e la partita s’ingarbugliò. Il pareggio venne raggiunto grazie a uno dei gol più strani che abbia mai visto. Una serie fortunata di rimpalli liberò Boninsegna e Riva davanti alla porta vuota, costretti quasi a spintonarsi per segnare. Dopo un po’ del secondo tempo, proprio come era accaduto col Messico, implorai mio padre che ancora una volta mi rassicurò: “Non ti preoccupare. Vedrai che vinciamo”. Dopo pochi istanti Gerson, rapidissimo, incrociò un tiro che s’infilò sulla sinistra di Albertosi. Papà deglutì. Non passò molto e Jarzinho e Carlos Alberto chiusero il conto. Il 4 a 1 finale fu una grande delusione, ma solo perché mio padre aveva perduto di colpo la capacità di prevedere il futuro. Fu molti anni dopo che mi resi conto che aveva solo cercato di rassicurarmi per evitare un dolore che comunque, lo sapeva benissimo, sarebbe arrivato da lì a poco. In fin dei conti contro quel Brasile c’era poco da fare: l’unica via percorribile era quella della sconfitta onorevole, così che la mossa di Mazzola al posto di Rivera si rivelò fondamentale. Se avesse giocato il capitano del Milan il pareggio, seppur fortunoso, non l’avremmo mai raggiunto. Anzi la sconfitta sarebbe stata più pesante. Tutto questo mio padre lo sapeva di certo. Perché, me ne accorgo ora mentre scrivo, i poteri divinatori li possedeva davvero.

    


 

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