Foto Epa, via Ansa

La forza dell'Italia del volley è saper riconoscere e rimediare agli errori

Gabriele Spangaro

Gli Azzurri di De Giorgi sono in semifinale ai Mondiali (contro la Slovenia). Non ci arrivava da 12 anni, ci è tornata con una squadra giovane che guarda al futuro. La speranza è che non tralasci il presente

A posteriori si dica pure che era inevitabile che una partita del genere finisse al quinto set, e forse è vero. I motivi sono molti: a cominciare dal fatto che si trattava di un quarto di finale mondiale, quindi di una sfida tra due delle migliori otto al mondo della pallavolo, una sfida che ha perfettamente senso sia equilibrata; ma anche perché il talento in campo era conosciuto e annunciato; e, immancabile constatazione, per il semplice fatto che a scontrarsi erano Italia e Francia, una sfida che mai passa al buio, men che meno quando entrambe possono legittimamente ambire al podio mondiale.

 

Quel che proprio non ci si aspettava di questa partita è stato il suo sviluppo. Si è detto che la formazione di De Giorgi ha talento, è giovane ed è tremendamente compatta, ma manca di quell'esperienza che serve quando la bravura non basta. Si è detto anche che la Francia difende benissimo e sale quando le altre scendono – un gigante che si fa colpire e colpisce a sua volta, ma più forte –, dimostrando il suo strapotere quando il filo su cui corrono le partite si fa sempre più sottile. Prima di questa partita si è detto che l'Italia avrebbe dovuto capire in fretta come reagire ai brutti colpi subiti, con la Francia non ne ha sostanzialmente subiti. Si è detto che la compattezza che ha mantenuto in questo mondiale l'avrebbe potuta trattenere eccessivamente in attacco, con la Francia l'attacco azzurro ha allungato proprio quando un allungo era decisivo e ha goduto del braccio di Romanò più libero da quando è arrivato in nazionale da sconosciuto direttamente dall'A2. Ma si è detto anche che a questo punto del torneo l'Italia poteva essere temuta e contro la Francia ha detto al pubblico perché. “Ci giocheremo le nostre carte” dicevano i diretti interessati.

  

Questa partita è stata una mise en abyme del torneo dell'Italia finora. Gli azzurri di questo torneo sono stati protagonisti di una crescita continua, un costante riconoscere e rimediare agli errori – che decisivi non sono mai stati prima e che sarebbero potuti esserlo contro la Francia – in cui è incappata, e una graduale scoperta dei propri colpi. Il primo set lo vince la Francia, il secondo è dell'Italia e il terzo è ancora blues, ma è un regalo da parte degli azzurri. Da lì la Francia non vince più. Vinciamo il quarto set e ci ripetiamo nel tie break, che è una vera prova di forza della nazionale azzurra.

 

Adesso inizia un'altra fase ancora. Adesso, in attesa della semifinale contro la Slovenia, padrona di casa ma non proprio visto che si gioca a Katowice, in Polonia, rimane quella strana sensazione che si prova quando ci si rende conto che l'ostacolo superato erano “solo” i quarti, e che sarebbe un vero peccato doversi fermare a questo punto, dopo un'impresa che aveva tutto il sapore di una finale. Una finale però non era e uno sguardo realista impone di fare una considerazione: adesso si tratta di mantenere questo livello e di non potersi appigliare all'effetto Cenerentola. Sta anche qui l'esperienza che si loda, si ringrazia o si rimpiange in una competizione sportiva di livello mondiale.

 

L'Italia in semifinale mondiale non ci arrivava da 12 anni, ci è tornata con una squadra che ha una caratteristica tutta sua. È campionessa d'Europa in carica, ma quando solo si accenna a un traguardo più ambizioso, la risposta, anche quella del tifoso più ottimista, è: “Siamo campioni d'Europa, è vero… Ma siamo consapevoli che manca qualcosa”. Quella cosa sta in un'immagine: l'esultanza di capitan Giannelli al 15-12, un'esultanza impulsiva e silente a braccia aperte, che dà l'idea di qualcuno le sue semifinali e finali le ha già perse e vinte, e adesso ne giocherà un'altra.

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