Charles De Ketelaere (foto LaPresse)

Il Foglio sportivo - il ritratto di Bonanza

L'idea vincente del Milan

Alessandro Bonan

I rossoneri giocano con convinzione un calcio fantasioso e redditizio, fatto di soliloqui e chiacchierate allegre. E Pioli metterà in campo da subito la stellina belga dal nome che finalmente stiamo imparando a pronunciare: De Ketelaere

In attesa di conoscere quanto sia forte e reale la distrazione inglese che sta vivendo Leao, il Milan va avanti giocando bene a calcio. È successo anche a Bergamo, contro un’Atalanta pragmatica come non l’avevamo mai vista. Accadrà anche contro il Bologna, previsione che, come sempre o quasi, rischia di essere smentita, visto che il pronostico non è esattamente il mio mestiere. Pioli metterà in campo da subito la stellina belga dal nome che finalmente stiamo imparando a pronunciare: De Ketelaere

 

A prima vista, dopo due o tre movimenti, una sterzata e un assist realizzato guardando la luna, il ragazzo sembra disporre di una discreta stoffa. Si disimpegna bene dentro gli spazi, anche i più stretti, e soprattutto gioca di prima quando serve e non quando ha paura. La differenza è tutt’altro che trascurabile e divide il giocatore normale dal campione. CDK, come viene ormai abbreviato, ha la faccia del predestinato, tanto che è uguale a quella che aveva da bambino: un casco biondo sopra due occhi puntuti. Anche il fisico è identico a quello esibito nei settori giovanili. De Ketelaere era alto e magro fin da piccolo, e così è rimasto. Sembra un bambino cresciuto, dal sorriso prestampato, come un marchio famigliare. Un sorriso suo malgrado. Fa un certo effetto vederlo in campo perché spicca in maniera istantanea. 

 

Il paragone con Kakà è plausibile anche se inevitabilmente affrettato. Questione di ruolo, soprattutto. Il belga tradisce una certa propensione a muoversi dalla trequarti in poi, il brasiliano poteva giocare dappertutto. Kakà era di sicuro veloce e svelto, De Ketelaere da questo punto di vista è ancora sotto studio, anche se il passo non gli fa difetto, si vede subito, a differenza di un altro brasiliano, Paquetà, bravo da fermo, ma piantato sulle gambe quando c’era da ripartire in fretta. Con CDK, il Milan ha coperto una falla, quella del trequartista. Poco incisivo Brahim Diaz, troppo adattato Krunic. Pioli gioca sempre con lo stesso sistema, alternando il fraseggio al lancio lungo, di cui beneficia spesso Leao. Se il portoghese resta, la squadra è da scudetto, se invece se ne va le cose cambiano.

 

Per il momento il Milan gioca con convinzione un calcio fantasioso e redditizio, fatto di soliloqui e chiacchierate allegre, come se fosse al bar davanti ad uno spritz. Su tutta questa scena, domina ancora una figura assente, quella di Ibrahimovic. Nessuno lo ricorda, sembra diventato superfluo. E invece sarà importante nel momento in cui ci sarà da difendere l’idea vincente che ha condotto la squadra a conquistare il titolo. In questa idea c’era Leao, in questa idea c’era Pioli, in questa idea c’era anche lui.

Di più su questi argomenti: