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Se in Italia si è "giovani" a 40 anni, perché Ibrahimovic dovrebbe smettere?

Enrico Veronese

Il rinnovo dello svedese, quello di Quagliarella e degli altri "vecchi" del calcio italiano. La carriera infinita di sempre più calciatori non è così diversa dall’anima del paese

Ce n’è quasi per fare una formazione. La porta è coperta con Buffon da record ma anche Pegolo di scorta, al centro della difesa il neo monzese Ranocchia (al cospetto di certi, ancora un ragazzino) e il salernitano Radovanović che un contratto lo trova sempre, meglio ancora quando arretra con gli anni. Capitava spesso una volta, anche a Matthäus, per protrarre la carriera. Lì nel mezzo, nonostante il ritiro di Magnanelli - re dei rinnovi annuali col Sassuolo, dalla C2 alla Serie A - rimane il piedino sinistro di Miguel Veloso a lanciare in avanti i suoi giochi preziosi; alle ali l’automatico Ribéry e ora Ángel di María per assistere Ibrahimović e Quagliarella di punta, duo d’attacco anni Ottanta. Nel senso che ne hanno quaranta a testa, di media: è la lista di quelli che non mollano l’osso, che non dicono basta, che non se la sentono perché ancora fisicamente integri e che “fanno spogliatoio”. Ancora un anno, uno solo, vi prego: è la supplica che ogni aprile o maggio i procuratori rivolgono alle società, forti del consenso dei tifosi e della stima dei compagni di squadra, manco fossero tutti Zanetti, del Piero o Totti. El Fideo in arrivo alla Juve è stato anzi categorico: solo dodici mesi ancora in Europa, per poi volare a chiudere la carriera al Rosario Central di Carlitos Tévez.

 

A Villa Arzilla una volta dimoravano solo i portieri (Zoff, Boranga, Ballotta, Fortin) che arrivavano tranquillamente sopra la quota simbolica dei 40, l’età dove molti mortali faticano a trovare l’ora settimanale per il calcetto; oggi Cocoon è un esercito sempre più nutrito, di chi allunga il contratto per cifre poco più che simboliche o lo spalma allo scopo di garantirsi un altro anno di foto sociali, presenza nel fantacalcio e tanta panchina, a imparare dal mister. Con davanti lo spettro di diventare presto allenatore-giocatore tra i dilettanti o “restare in società” fra i professionisti, magari a curare il settore giovanile.

 

Circa tutti i suddetti, nelle scorse settimane, hanno apposto la propria prestigiosa firma all’accordo trovato con le rispettive dirigenze; Zlatan lo sta per fare, nonostante l’inabilità per infortunio si protrarrà ancora per molto tempo. Ma ormai il suo ruolo pare essere decisivo più in allenamento e “nell’ambiente” che non in campo, dove spesso scende di rincalzo e deve cercarsi una posizione al largo dell’area piccola (intatti i suoi colpi da arti marziali): la curva lo sa, l’entourage anche, eppure nessuno intende rinunciarvi. Soprattutto gli sponsor. Fosse anche solo per gratitudine, grande propellente di questi percorsi infiniti: due sono infatti i motori dell’eterna giovinezza, la psicologia personale e lo stato della società, specie italiana.

 

Proprio quando i Duemila hanno esordito da tempo, e la caccia è aperta ai migliori calciatori nati a ridosso dei mondiali tedeschi, i loro potenziali genitori in campo si sentono ancora adatti, quindi da non accantonare: perciò non abdicano, anche quando messi gentilmente alla porta. Al pari di quei falsi dandy di provincia, che lasciano invecchiare il ritratto e si mostrano giovanili (non giovani) nell’abito e nei consumi, a maggior ragione gli atleti spostano sempre di un anno l’appuntamento con il possibile, precoce oblio e vogliono assaporare del tutto la propria ultima occasione di gloria, da ascoltati e venerati maestri dopo essere stati brillanti promesse e soliti stronzi. Qui entra in campo l’anima di un paese, dove a quarant’anni - e perché no, anche a cinquanta - ci si sente ragazzi perché si viene fatti sentire tali, dai padri settuagenari che tengono invece ben saldi gli impieghi che contano e i ruoli di potere. Anche loro, a propria volta, imbellettati e tonici per non perdere il passo dei newcomers, là dove l’ascensore sociale è bloccato al terzo piano mentre fuori di qui la generazione X è già fuori uso. E allora sia, prendetevi i voti migliori il lunedì mattina, fissate nuovi record prima detenuti sempre da voi stessi, riducete il cabotaggio dei metri di campo fino a determinare dalla vostra mattonella: vi applaudiranno, saranno orgogliosi, se lo farete ci proveranno anche loro nella partitella serale tra amici, con la vostra maglia addosso e il futuro sbarrato verso la gioventù.

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