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La maglia della “Mano de Dios” vale almeno 5 milioni di euro

Furio Zara

La camiseta con la quale Maradona giocò quell’Argentina-Inghilterra 2-1, quarto di finale del Mondiale messicano del 1986, viene messa all’asta da Sotheby’s

La camiseta de Dios quel giorno non la voleva nessuno. Talmente scornati erano gli inglesi che al fischio finale se ne andarono di fretta dal terreno di gioco dell’Azteca, a testa bassa, biascicando maledizioni, umiliati da un gol irregolare e stremati dalla bellezza eterna del gol successivo che ancora avevano impresso nella memoria, come una condanna da scontare.

 

 

 

Il solo Steve Hodge - nel tunnel che portava agli spogliatoi - si avvicinò a Diego Armando Maradona e gli chiese umilmente di poter scambiare la maglietta con lui.

Maradona era Maradona anche in questo, nei piccoli gesti di gratuità, così se la sfilò di dosso e gliela consegnò, ignaro della sorte che quella camiseta numero 10 avrebbe avuto. Oggi la maglia – la sacra sindone? – con cui Maradona giocò quell’Argentina-Inghilterra 2-1, quarto di finale del Mondiale messicano del 1986, viene messa all’asta da Sotheby’s. Base d’asta fissata in 4 milioni di sterline, al cambio fanno oltre 5 milioni di euro.

 

Per anni il cimelio è stato esposto al National Football Museum di Manchester, ora il responsabile di Sotheby's, Brahm Wachter, si dice convinto che la maglia possa migliorare il record dell'asta fissato nel 2019 a 5,6 milioni di dollari per una maglia indossata alla fine degli Anni Venti dalla leggenda del baseball Babe Ruth. Hodge ha raccontato che quel giorno – era il 22 giugno 1986 – entrò negli spogliatoi con la maglia in mano e si beccò pure gli improperi di qualche compagno di squadra, che trovava offensivo accettare un regalo dall’infingardo che li aveva appena truffati. Poi gettò distrattamente la camiseta nel borsone da gioco, tra uno shampoo e un paio di mutande.

Dieci anni fa Hodge ha scritto un’autobiografia, intitolata non a caso: "The man with Maradona’s shirt", 315 pagine in cui ripercorre la sua carriera – è stato un discreto motorino di centrocampo negli anni Ottanta e Novanta con Nottingham Forest, Aston Villa, Tottenham e Leeds – e ricorda quell'epifania che gli ha segnato – e arricchito – la vita. Fermi tutti, però: l’anno scorso l’arbitro di quella partita, il tunisino Ali Bennaceur, svelò che Maradona gli aveva regalato un paio di maglie, una con una dedica speciale – “Per Alì, il mio eterno amico” – e l’altra, così giurò Diego, che era proprio quella indossata quel giorno.

 

Sembra una nemesi, ma il rinvio sbilenco dopo il tocco errato di Jorge Valdano, col pallone che si alza a campanile, è proprio opera di Hodge. Prima della “Mano de Dios”, c’è stato quindi lo “Steve’s Feet”. Invece nell’azione immortale, quella del "Gol del siglo", con Maradona che scarta mezza Inghilterra, Steve Hodge è un personaggio all’inizio del film, quando ancora in sala ci si sta sistemando sulle poltroncine. Il piccolo centrocampista accenna uno scatto, ma desiste quasi subito. Forse pensa: siamo a centrocampo, dove vuoi che vada? Eh, appunto. "Stavamo giocando già da un’ora e non avevo più aria nei polmoni", ripeterà negli anni Hodge. Ora vi chiederete: che fine ha fatto la maglia numero 18 dell’Inghilterra, quella di Steve Hodge? Maradona la scambiò subito con il compagno Oscar Garrè. O meglio: gli impose di dargli la numero 10 di Gary Lineker, che evidentemente considerava più prestigiosa.

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