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Il Foglio sportivo - That win the best

Ma davvero credete che boicotteranno Qatar 2022?

Jack O'Malley

Oggi tira molto dire #boicottoqualcosa. A tal punto che c’è chi si è messo un codice QR sulle maglie

E quindi come al solito dopo i gironi di Champions League ci sono quattro squadre inglesi su quattro che vanno agli ottavi, mentre Spagna, Italia e Germania perdono pezzi per strada come se fossero allenate da Pioli. Vinciamo i gironi, tranne quello della Juventus che tanto prima o poi verrà eliminata con annesso psicodramma, e andiamo spediti verso la gloria. È vero, c’è stato quell’inciampo in Europa League del Leicester e quello più grosso in Conference League, la Coppa Uefa degli sfigati, ma giova ricordare che il Tottenham è allenato dall’allenatore più vincente a casa propria e meno vincente in Europa, che è ovviamente italiano. Non dirò che mi dispiace per l’eliminazione del Barcellona, una squadra che al momento finirebbe retrocessa pure in Superlega, però vi confesso di guardare con cinica simpatia a chi crede davvero che sia possibile boicottare i Mondiali in Qatar del prossimo anno.

Sono serio (ho posato la pinta), l’idea tutta liberal che lo sport possa sostituirsi alla politica non l’ho mai capita. Semmai lo sport viene usato dalla politica per fare cose che la politica si vergogna di fare, ottenendo solitamente pochissime conseguenze politiche. Ora però c’è un passo nuovo. Poiché dire #boycottqualcosa fa figo e dà visibilità, chi non ha granché da perdere ha iniziato a farci campagne di marketing, come quelli che si sentono in prima linea nella difesa dei diritti mettendo gli hashtag giusti alla fine dei propri tweet. Gruppi di tifosi e qualche editorialista chiedono a gran voce che le proprie Nazionali boicottino i Mondiali giocati in un paese che dei diritti sostanzialmente se ne fotte, ma a parte il rumore di fondo su qualche testata resterà poco. A marzo, prima della partita contro Gibilterra i giocatori della Norvegia hanno indossato una maglietta con la scritta “Human rights on and off the pitch” (“diritti umani sul campo e fuori”).

Poi Haaland e compagni hanno preso talmente sul serio questa cosa di boicottare il Qatar che non si sono qualificati per i Mondiali del 2022. Ci ha pensato allora il Tromsø, sconosciuta squadra norvegese che è finita su tutti i siti perché sulla sua imprescindibile terza maglia ha messo un QR Code “per sensibilizzare su argomenti delicati, come la violazione dei diritti dell’uomo in Qatar”. Scannerizzandolo con il cellulare, il codice presente sulle magliette aprirà un sito che racconterà cosa non va da quelle parti. La cosa divertente, oltre all’assurdità di dovere inquadrare con il cellulare delle maglie per scoprire che in Qatar perseguitano i gay e schiavizzano i lavoratori (come si fa? Davanti alla tv mentre giocano una partita? Allo stadio seduti in prima fila quando vengono a battere un fallo laterale?), è che l’iniziativa è stata presentata come un gesto coraggioso che mette in secondo piano il marketing in favore della giusta battaglia. Certo, infatti mica stiamo tutti parlando di una squadra che prima neppure sapevamo esistesse, no? Il boicottaggio politico per interposto sport è una foglia di fico: serve a lavare le coscienze, a far parlare di sé, a vendere un prodotto “giusto”, e soprattutto offre un perfetto capro espiatorio con cui prendersela se le cose – come purtroppo succederà – non dovessero cambiare. Si potrà sempre dire che è colpa delle Nazionali che non hanno aderito al boicottaggio.

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