(foto LaPresse)

Cose che distraggono da Cittadella-Parma

Paolo Nori

Un libro da presentare, Dostoevskij, il corso di scrittura. Ma sono riuscito comunque a seguire la vittoria dei nostri

Giovedì 28 ottobre, il giorno che si giocava Cittadella-Parma, era il giorno che usciva un libro che ho scritto, che si intitola A cosa servono i gatti, illustrato da un illustratore bravissimo che ha un cognome che mi piace molto, si chiama Andrea Antinori. Quando mia figlia era piccola, e ci succedeva qualcosa di brutto, per esempio eravamo alla fermata dell’autobus, pioveva, davanti alla fermata c’era una pozzanghera e passava una macchina a forte velocità e ci spruzzava, noi dicevamo che quello, l’autista della macchina, era un Antinori, uno dei nostri nemici, una famiglia la cui principale funzione, nel mondo, era di danneggiarci, a noi Nori. Quindi avevo nella testa un po’ questo fatto che era uscito il libro, non ero perfettamente concentrato sulla partita.  

Poi, sempre il 28 ottobre, era uscita la notizia, sul web, di una nuova scuola di scrittura che dirigo io, che si chiama Scuola Karenin e che propone dei corsi tenuti, oltre che da me, da Francesca Milano, Petunia Ollister, Carlo Lucarelli, Nicola Borghesi, Mirka Andolfo, Daniel Brolli, Giuseppe Palumbo e Marco Nizzoli, per esempio. Quindi intanto che aspettavo che cominciasse la partita, guardavo in rete se qualcuno cominciava a iscriversi ai corsi che proponevamo, non ero proprio concentratissimo, sulla partita. 

Poi, sempre il 28 ottobre, è saltato fuori un problema che aveva a che fare con un mio romanzo che è uscito da un po’, che si chiama Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij, e con la presentazione di quel romanzo a Bari. Un po’ di tempo fa mi avevano chiesto di presentare Sanguina ancora insieme a un musicista, in un teatro di Bari, un sabato, e mi avevano chiesto una data. Io avevo chiesto a Malika Ayane se voleva presentarlo con me e, come data, siccome domenica 7 novembre c’è Lecce-Parma, ho proposto sabato 6 novembre così mi fermavo poi a vedere il Parma a Lecce il giorno dopo. E da Bari ci avevano confermato che il 6 novembre andava bene. Solo che poi, mercoledì 27 ottobre, da Bari ci hanno detto che, purtroppo, si erano accorti che il 6 novembre il teatro non era disponibile. Allora noi, con Mondadori, abbiamo provato a trovare un posto, non a Bari, Malika abita a Milano, io abito a Casalecchio di Reno, nel nord Italia, dove farla comunque, questa presentazione del 6 novembre, e la sera di giovedì 28 ottobre, ero a casa mia, a Casalecchio, a guardare Cittadella-Parma, stava per cominciare, mi arriva un messaggio di Rossana, dell’ufficio stampa Mondadori (grande tifosa dell’Atalanta), che mi dice che la presentazione del 6 novembre la farebbero a Bergamo, allo spazio Polaresco, che è un posto dove sono già stato e di cui parlo anche nel romanzo. 

Perché quel romanzo lì, Sanguina ancora, è una specie di biografia di Dostoevskij nella quale però, oltre a parlare di Dostoevskij, parlo anche di me e, prevedendo obiezioni dei lettori, cito un episodio che mi è successo proprio lì, allo spazio Polaresco di Bergamo, qualche anno fa, che ci ero andato a parlare dei romanzi di Tolstoj, e avevo cominciato parlando di un fatto mio privato, se non ricordo male il fatto che, l’ultima volta che avevo riletto Guerra e pace, mi ero appena separato dalla mamma di mia figlia, e mi era sembrato di aver letto, in Guerra e pace, che le persone con le quali abbiamo a che fare sono come il nostro sistema solare,  determinano le nostre orbite, e a me, in quel periodo, ero sembrato di essere senza sole, di non avere un’orbita, di non avere un giorno e una notte, di non avere un anno solare, di non avere una rivoluzione precisa, ed era stata dura. 
Alla fine, lì a Bergamo, mi hanno raccontato che una signora, che era venuta per sentire parlare di Tolstoj, intanto che facevo questa introduzione autobiografica, che è stata probabilmente un po’ lunga, questa signora, mi han raccontato, ha detto, rivolta alla persona che le stava davanti, cioè, in sostanza, rivolta a me, “E a me, cosa me ne frega?”. E si era alzata ed era andata via. E forse la stessa cosa la sta pensando qualcuno dei lettori di questo pezzetto che vorrebbe che io parlassi di Cittadella-Parma, e probabilmente ha ragione, adesso comincio. 

Giovedì 28 ottobre, stava per cominciare Cittadella-Parma, ho scritto a Malika Ayane, le ho raccontato che il teatro dove dovevamo andare a Bari non c’era più le ho chiesto se voleva venire a presentare il libro a Bergamo in un posto citato anche nel libro, quello dove una signora mi aveva detto “E a me che cosa me ne frega?”. Dopo è cominciata la partita. I primi sei minuti di Cittadella-Parma, niente da segnalare se non il fatto che i giocatori del Parma sono finiti quattro volte in fuorigioco e che Malika mi ha riposto e mi ha scritto che viene a Bergamo. Subito dopo Buffon para un colpo di testa molto angolato del numero 8 del Cittadella che si chiama Mazzocco. Dopo, al dodicesimo, il numero 22, del Cittadella, Okwonko, arriva sul fondo, mette dietro un passaggio, Brunetta, un argentino che gioca nel Parma al quale piace entrare in scivolata, entra in scivolata in area sul numero 8, che è Mazzocco, lo falcia, rigore. “Ecco”, ho pensato io “lo sapevo”. Tira il numero 48, Mirko Antonucci, molto angolato, Buffon lo para. E niente. Delle volte, avere un portiere, è un vantaggio, nel gioco del calcio. Dopo, al ventitreesimo, gol di testa di Franco Vazquez,  che è il giocatore più forte del Parma, che è bravo molto coi piedi, non tanto di testa, è il secondo gol che fa di testa va bene così non sottilizziamo. 

Poi, secondo tempo, quarto d’ora, il laterale destro, Del Prato, la mette in mezzo dove il centravanti del Parma, un ragazzo biondo che ha vent’anni e un nome difficile da pronunciare, Benedyczak, spinge la palla in rete due a zero per noi. E lì, la partita sarebbe finita se non fosse che, a dieci minuti dalla fine, danno un rigore al Cittadella per un fallo di spalla di Cobbaut. Che Buffon quel rigore lì lo tocca ma non lo para.   Quindi niente, due a uno. Potevamo vincere due a zero invece abbiamo vinto solo due a uno, pazienza.

Il lunedì successivo, primo novembre, c’è Parma-Vicenza. Il Vicenza è penultimo in classifica, potrebbe essere l’occasione per vincere due partite di fila  che è una cosa che non ci succede da anni, sarebbe bellissimo, mi dispiacerebbe solo un po’ per mia figlia che lei preferisce quando  il Parma perde, perché quando il Parma vince io sono troppo di buon umore: mi preferisce quando son di cattivo umore, sono più simpatico, dice lei. 
Il primo novembre piove fortissimo, arrivo allo stadio tutto bagnato, la canzone che diffondono, dagli altoparlanti, è I suicidi, di gIANMARIA, un concorrente di X Factor di quest’anno, e poi Born to run, di Bruce Springsteen. Che strano.  C’è un tifoso del Vicenza che mi si avvicina e mi chiede “Ha la lista, tante volte?”.  La lista sarebbero le formazioni, mi piace moltissimo questa espressione “tante volte”, erano anni che non la sentivo, gli do il foglio con le formazioni,  le fotografa, ringrazia. 

Vicino a me ho dei bambini che immagino siano delle giovanili del Parma, hanno la tuta, gridan fortissimo “Forza Parma!”, come se dal loro gridare dipendesse l’esito della partita, mi piacciono molto. Poi c’è un gruppetto di bambini e bambine del Vicenza, pochi, quattro o cinque, che gridano “Forza Vicenza” mi piacciono meno, non so come mai. Poi comincia la partita e ci sono due occasioni per il centravanti del Parma, Inglese, che, semplificando, si mangia due gol. Il primo era in fuorigioco ma comunque, per non sbagliare, si è mangiato anche quello. Noi, il Parma, teniamo sempre palla noi ma non siamo mai pericolosi, loro, il Vicenza, non escono mai dalla loro metà campo. La prima volta che ci escono, al trentaquattresimo, Brunetta, il numero 8 del Parma, spinge da dietro il loro numero 9, Diaw, che cade. L’arbitro fischia e tira fuori il cartellino giallo per ammonire Brunetta e Brunetta, ha il pallone tra i piedi, lo calcia forte in faccia a Diaw, per terra. L’arbitro rimette nel taschino il cartellino giallo, tira fuori il rosso, Brunetta espulso.  Parma in 10. Sul mio taccuino io scrivo “Espulso quel coglione di Brunetta”. Mi perdoni Brunetta la maleducazione. Maresca, l’allenatore, fa uscire un attaccante, Inglese, mette dentro un centrocampista, Sohm, restiamo con un attaccante solo, un ventenne polacco con un nome difficile da pronunciare, e al quarantesimo, sei minuti dopo l’espulsione, Sohm pressa Diaw nella loro metà campo, Diaw dà via il pallone troppo forte, il pallone sbatte contro un difensore loro e cade vicino al nostro attaccante biondo, polacco e ventenne che tira una lecca al volo che va a finire all’incrocio. Uno a zero per noi, gol di Benedyczak; lo speaker, come succede sempre, quando il Parma fa gol al Tardini, grida: “E per il Parma ha segnato Adrian…” e il pubblico dovrebbe gridare il cognome, Benedyczak, solo che non lo grida nessuno perché nessuno lo sa pronunciare. Pazienza. Vale poi lo stesso. Benedyczak, tra l’altro, ha giocato, in tutto il campionato, 212 minuti, ha fatto tre gol, cioè un gol ogni 70 minuti, cinque gol ogni quattro partire, se avesse giocato quattro partite, ne ha giocate meno di tre. 

Dopo il Parma, dieci contro undici, rischia più volte di fare il due a zero, Mihaila e Vazquez hanno due grosse occasioni mentre il Vicenza di  occasioni vere e proprie mi sembra non ne abbia neanche una. Buffon fa un paio di parate, non difficilissime, anche se i bambini, vicino a me, tutte le volte che lui para esultano come se avesse fatto un gol. Faticoso, essere bambini. Più volte, tra l’altro, cercano di attirare l’attenzione di Buffon, gridano “Gigi, Gigi”, lui, sta giocando, è concentrato, li sente solo a venti minuti dalla fine, e alza il pollicione nella loro direzione e loro son contenti come delle pasque. Faticosissimo. Poco dopo, al settantesimo, il numero 18 del Vicenza, Di Pardo, che era stato ammonito nel primo tempo, si fa ammonire ancora e viene espulso. Parità numerica, 10 contro 10. Dieci contro dieci, devo dire, la partita diventa più bella, attacchi e contrattacchi, e Del Prato, verso la fine, è da solo in area, potrebbe passarla a Tutino, che è solissimo in area, invece tira, e il portiere del Vicenza para in calcio d’angolo. Dopo si arriva al alla fine, tre minuti di recupero e  nel recupero Diaw, sempre lui, ha un’occasione a tu per tu con Buffon che para ancora, e niente, finisce così. Parma uno, Vicenza zero. Seconda vittoria consecutiva dopo degli anni. E io son così contento. Mi dispiace solo che, da qui a domenica 7 novembre, quando si gioca Parma-Lecce, sarò insopportabile, antipatico molto. Pazienza. 

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