Mauro Nespoli (Ansa) 

il paradosso dell'arciere

A Tokyo inizia il tiro con l'arco. Alla ricerca gesto del perfetto in una situazione eccezionale

Mauro Berruto*

Mai come in questa edizione dei Giochi occorrerà l’abilità di “contro-mirare”, sul campo di gara come in tutte quelle fasi della vita al villaggio sfinita da tempi di attesa, protocolli, tamponi, percorsi ad ostacoli fisici e metaforici. Vincerà il più rapido ad imparare

Tre donne (Lucilla Boari, Tatiana Andreoli, Chiara Rebagliati) e un uomo (Mauro Nespoli) per 4 medaglie. I nostri azzurri del tiro con l’arco saranno alla ricerca, a Tokyo, del gesto perfetto: far entrare le proprie frecce il più delle volte possibile nel “10”, grande come la leggendaria mela di Guglielmo Tell, ma messa a 70 metri di distanza che vi assicuro, fareste fatica anche solo a vederla. L’obiettivo è quello di mettersi al collo le medaglia in palio per le gare individuali, maschile e femminile, per la gara a squadre femminile e per il Mixed Team, recente frontiera sportiva dove un uomo e una donna competono insieme. Gli arcieri, quella mela, la colpiscono ripetutamente. Sono ragazze e ragazzi che dedicano, in silenzio, ogni giorno della loro vita all’ideale di saper fare bene, il più vicino possibile alla perfezione, un gesto tecnico, del quale, come ossessivi innamorati, cercano di tirare fuori sempre il meglio.

   

Lucilla Boari (Ansa)
    

Nel tiro con l’arco, però, non basta saper fare bene un gesto: bisogna saperlo fare assumendosene la piena responsabilità e, soprattutto, bisogna saperlo fare quando è difficile, che si tratti di vento, pioggia, luce che cambia, caldo, freddo, cuore che batte all’impazzata o che si tratti di tirare nel bel mezzo di una pandemia. C’è un libro di Paolo Coelho, si intitola Il cammino dell’arco, dove si racconta la storia di un forestiero che, dopo anni di perfezionamento, vuole mostrare la sua abilità a Tetsuya, arciere leggendario che si è ritirato a vita privata. Tetsuya è infastidito, ma alla fine acconsente, così il forestiero impugna il suo arco e infilza una ciliegia a quaranta metri di distanza. Il Maestro non dice una parola, si fa imprestare arco e freccia e si incammina, seguito dal forestiero, verso un ponte spaventosamente traballante sopra a una gola vertiginosa. Lì, oscillando paurosamente sul vuoto, scocca il suo dardo e centra una pesca a venti metri di distanza. “Tu hai fatto molto meglio di me – dice Tetsuya – rifallo qui, ora”. Il forestiero, bianco di paura, non riuscirà neppure a centrare l’albero. “Sei un ottimo tiratore quando le circostanze sono favorevoli – dice il maestro – ma l’arciere non può scegliere il proprio campo di tiro. Ti consiglio di prepararti soprattutto per le situazioni difficili”.

   

Per tutti gli atleti che sono, finalmente, alle soglie della competizione olimpica le “situazioni”, probabilmente, non sono mai state così difficili. Viene da pensare, tuttavia, che questo fatto possa “fare selezione”, come si direbbe nel ciclismo o nelle gare podistiche. D’altronde gli arcieri sono esperti di un paradosso, che si chiama proprio il “paradosso dell’arciere: la traiettoria di volo della freccia non è lineare come quella di una pallottola. La freccia, in quei 70 metri di volo, si contorce, scodinzola, si flette. La punta si allontana e si riallinea continuamente con la traiettoria che dovrebbe essere quella ideale. E poi, a interferire con quel volo così instabile, ci sono le condizioni esterne: il vento, la luce, la pioggia. Insomma, un arciere, molto spesso con un’azione contro-intuitiva, mira in un punto diverso dal centro del bersaglio proprio per trasformare quelle situazioni complesse in fattori “alleati” che condurranno la freccia proprio lì, dove l’arciere vorrebbe. Mai come in questa edizione dei Giochi occorrerà l’abilità di “contro-mirare”, sul campo di gara come in tutte quelle fasi della vita al villaggio sfinita da tempi di attesa, protocolli, tamponi, percorsi ad ostacoli fisici e metaforici. Come affrontare questa inallenabile situazione? Si può forse allenare l’inallenabile? No, per definizione.

  

Ecco perché vincerà il più rapido ad imparare.

  

*Mauro Berruto, allenatore di pallavolo e dirigente d'azienda, tra il 2018 e il 2019 è stato direttore tecnico della Nazionale italiana di tiro con l'arco 

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