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Perché Euro 2021 si chiama Euro 2020? L'Uefa e l'importanza del brand

Francesco Caremani

Le grandi competizioni dopo il Covid (occhio ai giochi di Tokyo)

Rinegoziazione dei contratti di locazione, manutenzione dei vari stadi e arene, necessità di trovare nuove aree dove costruire strutture e complessi sportivi. Queste sono solamente alcune delle problematiche che il Comitato olimpico giapponese ha dovuto affrontare quando, circa un anno fa, insieme con il Cio e le autorità nazionali e internazionali, ha deciso di posticipare i Giochi Olimpici di dodici mesi a causa della pandemia da Covid-19. Identica sorte ha subìto Euro 2020, la Copa America (che ha cambiato pure paese ospitante), la Coppa d’Africa posticipata ben tre volte, al momento attuale al gennaio 2022, e la Concacaf Gold Cup, spostata però solo di alcuni giorni. In questi mesi si è discusso molto di come ri-brandizzare un evento sportivo che per cause di forza maggiore deve essere rimandato. Molto banalmente Euro 2020 e Tokyo 2020 non lo hanno fatto, cioè hanno mantenuto la dicitura salvando così tutto il merchandising possibile. Gli altri eventi citati ci perdonino, ma non hanno la stessa capacità di penetrazione nell’audience globale, considerando che l’Europeo è il secondo torneo di calcio più seguito al mondo dopo il Mondiale.

Le difficoltà economiche, per restare in tema, le sta accusando più il Giappone che non l’Uefa, per un semplice motivo: il primo ha dovuto ri-organizzare un intero paese con nuove infrastrutture; la seconda deve benedire Michel Platini che per questi tempi di pandemia, senza saperlo, si è inventato un Europeo ancien régime, più simile alle prime edizioni, fino al 1976 compresa, itinerante, con solo semifinali e finale stanziali, quest’anno a Londra. Statista.com nel marzo 2020 aveva calcolato che posticipare l’Europeo sarebbe costato 300 milioni di euro di perdite, cancellarlo 400. Mantenendo i contratti pubblicitari (alcuni addirittura quadriennali), con gli sponsor che hanno potuto progettare campagne più lunghe per i propri brand, le perdite sono state contenute. Lo dimostra l’Uefa, capace di garantire un premio totale di circa 374 milioni di euro (chi vincerà ne porterà a casa quasi 34). A rimetterci sono stati i broadcaster, la britannica ITV ha dovuto tagliare dal budget annuale 100 milioni di sterline, e le città ospitanti le partite, dovendo rinunciare, tra le altre cose, alla capienza totale degli impianti; il calcio, per i pub, nel solo Regno Unito vale 60 milioni di sterline. Niente a che vedere con Francia 2016 che è riuscito a generare un giro d’affari di 1,22 miliardi di euro, al lordo delle spese per organizzarlo.

In Giappone, però, la situazione è drammatica. Diecimila volontari hanno rinunciato per timore delle varianti, in un paese dove è vaccinato solo il 5 per cento della popolazione. Nel 2013 il Comitato olimpico giapponese dichiarò che avrebbe speso 7,3 miliardi di dollari, sono diventati 12,6; con investimenti privati di 5,6 e il resto denaro pubblico. Dove il Cio contribuisce solo per 1,3 miliardi, nonostante le entrate 2013-16 di 5,7 e un fondo di riserva di 2. Ma un report segreto redatto da una commissione di esperti parla di 26 miliardi spesi per organizzare i Giochi Olimpici. Il Nomura Research Institute ha previsto che i Giochi senza spettatori valgono 15,2 miliardi di dollari, 1,34 miliardi in meno rispetto alla presenza di soli giapponesi sugli spalti, e Takahide Kiuchi (NRI), ha dichiarato: “Anche se i Giochi vengono cancellati la perdita economica sarà inferiore al danno causato da uno stato di emergenza”. Perché la scommessa di volere portare tutto il mondo in Giappone, con la pandemia, resta azzardata. Lo dimostra la Spagna, a Euro 2020 col primo giocatore positivo, Busquets, poiché non tutti hanno seguito gli stessi protocolli.

Per sponsor e inserzionisti, alla fine, non è stato un problema spostare di un anno 1,2 miliardi di dollari di investimenti nei Giochi Olimpici, ma vederli definitivamente cancellati sarebbe, al netto delle assicurazioni, una perdita enorme, così come per i broadcaster, legati a doppio filo. Resta da capire se il Giappone deciderà di rischiare o se avremo dei Giochi senza pubblico dal vivo. Che, anche economicamente, resta l’elemento sacrificabile in questo sport, intrattenimento, pandemico.

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