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Setteperuno

Quando finisce un ciclo vincente

Marco Pastonesi

Vincendo lo scudetto l'Inter ha interrotto la serie di nove campionati consecutivi conquistati dalla Juventus. Nello sport italiano solo la Pro Recco della pallanuoto ha fatto meglio. Storie di epopee sportive rovesciate

Il diciannovesimo scudetto conquistato dall’Inter, dopo undici anni di piazzamenti, corrisponde al primo perduto dalla Juventus, dopo nove consecutivi vinti. Se morto un papa se ne fa un altro, figuriamoci con un ciclo. Il Genoa, pioniere del calcio italiano, arrivò due volte a quota tre (1898-1900 e 1902-1904), la Pro Vercelli (dal 1910-1911 al 1912-1913) e il Milan una (dal 1991-1992 al 1993-1994), il Torino – il Grande Torino, prima di immolarsi a Superga – toccò quota cinque (dal 1942-1943 al 1948-1949, con l’interruzione di due campionati durante la Seconda guerra mondiale), così come l’Inter (dal 2005-2006 al 2009-2010). Invece il Bologna “che tremare il mondo fa” riuscì a fare solo un bis (1935-1936 e 1936-1937). La storia del calcio italiano tramanda altri bis e diversi successi solitari, o addirittura unici, e proprio per questo memorabili: il Cagliari di Manlio Scopigno e Gigi Riva (1969-1970), il Verona operaio di Osvaldo Bagnoli (1984-1985) e la Sampdoria di Vujadin Boskov con la coppia Mancini-Vialli (1990-1991).

 

 

Il ciclo così lungo da poter essere considerato un ciclone sta nella pallanuoto: la Pro Recco detiene il titolo italiano ininterrottamente dal 2006, 14 scudetti consecutivi (dei 33 ottenuti in tutta la sua storia), lo scorso anno il torneo fu annullato per il Covid-19, quest’anno se la vedrà con il solito Brescia per raggiungere il quindicesimo. Altrove, dalla pallavolo al rugby, si contano cicli e ricicli, ma non domini, in questi casi, territoriali così estesi e duraturi. Nel basket, Milano e Bologna sono arrivati a quota cinque, Siena addirittura a sette se due scudetti non fossero stati revocati causa illecito sportivo. Tra le donne cestiste, striscia vincente della Pool Comense a quota nove (dal 1991 al 1999). Anche gli sport individuali possono vantare cicli: ciclismo, a proposito di Giro d’Italia (la nuova edizione dall’8 al 30 maggio), tre edizioni consecutive sono state vinte soltanto da Alfredo Binda (dal 1927 al 1929, più altre due nel 1925 e nel 1933, totale cinque) ed Eddy Merckx (dal 1972 al 1974, più altre due nel 1968 e nel 1970, totale cinque).

 

Si sa: rivincere – lo dicono tutti – è molto più difficile che vincere. Si sa: “La voglia di vincere – era il pensiero di Jack Dempsey, campione del mondo dei pesi massimi quando Jack London confessava che avrebbe preferito di gran lunga quel titolo a essere presidente degli Stati Uniti o re d’Inghilterra – è roba da perdenti”. Si sa: “Soltanto i perdenti – parole di Sean Connery – dicono ‘farò del mio meglio’. I vincenti riescono a fottersi Miss College”.

 

Se vincere può essere considerata una somma di fortunate coincidenze, rivincere fino a costruire un ciclo è il segno di una mentalità, ma anche di una società eretta, collaudata e consolidata su solide basi atletiche, economiche e motivazionali. Gli americani ne sanno molto. “Vincere – sosteneva Leo Durocher, americano, giocatore di baseball con i New York Yankees e manager di baseball con i New York Giants – è un’abitudine”. Durocher era celebre per i suoi aforismi. Come “i bravi ragazzi finiscono ultimi”. Una volta entrò nel merito: “Guardate Mel Ott. È un bravo ragazzo, infatti finisce secondo. Guardate invece Brat (Eddie Stanky, ndr). Non sa battere, non sa correre, non sa stare in campo. E non è un bravo ragazzo. Tutto quello che questo piccolo figlio di puttana sa fare è vincere”. “Vincere – giurava Vince Lombardi, americano, allenatore di football, con i Green Bay Packers cinque campionati e due Super Bowl consecutivi nel 1966 e 1967 – è l’unica cosa che conti”. Infatti, “quando vinci – spiegava Johnny Pesky, americano, icona del baseball, soprannominato anche “Mister Red Sox” – mangi meglio, dormi meglio, la tua birra sembra migliore. E tua moglie è identica a Gina Lollobrigida”. Tant’è vero che, come diceva Damon Hill, inglese, Formula 1, “gli unici che si ricordano di te quando arrivi secondo sono tua moglie e il tuo cane”.

 

Le strisce vincenti scrivono e riscrivono, lustrano e illustrano la storia. Come è stata quella della Juventus. Ma le scrivono e le riscrivono anche le strisce perdenti. L’importante è prenderla con la dovuta filosofia. Tom Trebelhorn, americano, manager di baseball con i Chicago Cubs, aveva spirito da vendere: “L’ultima volta che i Cubs hanno vinto una World Series è stato nel 1908. L’ultima volta che vi hanno partecipato è stato nel 1945. Be’, qualsiasi squadra può avere un brutto secolo”. Anche Pat Williams, americano, dirigente di basket con gli Orlando Magic, era un fuoriclasse dell’autoironia: “Non riusciamo a vincere in casa e non riusciamo a vincere fuori. Il mio problema come general manager è che non riesco a pensare a un altro posto dove giocare”. Ma forse il leader assoluto era Bob Hope, il comico inglese ma, non a caso, naturalizzato americano: “Da ragazzo, quando facevo boxe, mi chiamavano Persiano per tutto il tempo che passavo al tappeto”. Oh yeah.

 

 

Un fine settimana di "altri sport"

 

Ciclismo: sabato prossimo scatterà il Giro d'Italia, edizione numero 104, la grande partenza a Torino, l'arrivo a Milano, al pronti-via ci sarà anche Vincenzo Nibali.

 

Basket: Eurolega, quarti di finale, Milano va alla quinta (la bella: decisiva) con il Bayern Monaco, si giocherà domani - martedì - a Milano alle 20.45.

 

Atletica: tutte e cinque le staffette italiane si sono qualificate per le Olimpiadi di Tokyo 2021, addirittura la 4x100 femminile e la 4x400 mista con il primo posto, la 4x100 maschile con il secondo.

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