Una Champions League senza Barcellona e Real Madrid?

Federico Giustini

Secondo i bookmakers le due spagnole, che per vent'anni si sono divise i favori del pronostico, potrebbero non essere protagoniste questa stagione. Svista o fine di un'epoca? Ecco cosa sta succedendo in Spagna

Che le griglie di partenza nel calcio non siano il massimo dell’attendibilità è cosa nota, basti pensare a poco più di un anno fa, quando per tutti i bookmaker le possibilità del Bayern Monaco di conquistare la Champions League erano inferiori a quelle di altre sei squadre. Tra queste figuravano sia il Real Madrid, vincitore di quattro delle ultime sette edizioni della rassegna, che il Barcellona, campione d’Europa per l’ultima volta nel 2015. Quest’anno gli allibratori considerano un bis del Bayern l’evento più probabile e continuano a nutrire fiducia nel Manchester City di Guardiola, ragione per cui alcune piattaforme offrono la stessa quota (tra 5 e 5,5) per il successo finale di tedeschi e inglesi. Soltanto dopo il Liverpool, vincitore nel 2019, e il Psg, finalista a fine agosto scorso, trovano spazio i due grandi club spagnoli, storici protagonisti della competizione e negli ultimi anni sempre considerati tra i favoriti.

 

Le percezioni dei bookmaker, se non altro, fotografano la situazione attuale e tengono conto di una serie di elementi oggettivi. Per ragioni di bilancio l’ultima sessione di calciomercato di Real e Barça non ha regalato grandi sussulti, e nessuna presentazione, con annessi primi palleggi dentro lo stadio, è diventata un evento mediatico internazionale. Lo standing europeo delle due squadre risente anche delle brutte figure rimediate nella fase a eliminazione diretta delle ultime edizioni, nonostante in patria continuino a vincere e contendersi il titolo da più di quindici anni, eccezion fatta per l’intrusione dell’Atletico Madrid di Simeone nel 2013/14. Merito essenzialmente dei fatturati dei due club, ancora piuttosto distanti da quelli, seppur in crescita, dello stesso Atletico Madrid e del Siviglia.

  

Con il Bernabeu in ristrutturazione, e in seguito a una campagna acquisti che ha registrato solo il ritorno del norvegese Odegaard, il Real Madrid sta vivendo un momento non proprio esaltante. Sabato scorso la matricola Cadice ha vinto sul campo di Valdebebas, casa temporanea dei ragazzi di Zidane, mettendo a nudo le criticità, soprattutto in fase realizzativa, già evidenziate in altre occasioni. L’addio di Cristiano Ronaldo, nell’estate del 2018, ha riconsegnato centralità a Benzema, ma al francese continua a mancare un partner offensivo in grado di arrivare almeno in doppia cifra: il secondo miglior marcatore dei blancos, nello scorso campionato, è stato un difensore, il rigorista Sergio Ramos. Nelle intenzioni di Florentino Pérez sarebbe dovuto essere Hazard a garantire qualità e continuità agli attacchi del Real, ma l’ex Chelsea, che (stando ad alcuni documenti pubblicati dalla stampa belga) nell’estate 2019 sarebbe costato 160 milioni di euro, è sceso in campo soltanto in 22 occasioni, andando a segno solo una volta.

  

Il ritorno di Zinedine Zidane si era reso necessario dopo l’eliminazione agli ottavi di Champions nel marzo 2019, quando l’Ajax vinse 4-1 al Bernabeu rimontando la sconfitta per 1-2 dell’andata. La stagione scorsa il tecnico francese è riuscito a ricompattare il gruppo e a rivitalizzare calciatori come Modric, Kroos e Marcelo, apparsi appannati durante le gestioni di Lopetegui e Solari, e a sfruttare sapientemente la verve e il talento di due giovani in particolare: la mezzala uruguaiana Valverde e l’attaccante brasiliano Vinicius Júnior. La vittoria della Liga, resa possibile anche dalla tribolata annata vissuta dai rivali del Barça, ha fatto passare in secondo piano la seconda eliminazione consecutiva agli ottavi di Champions, stavolta per mano del Manchester City.

 

Di brutte figure in Champions League è diventato esperto il Barcellona, reduce dal pesante 2-8 in gara unica contro il Bayern Monaco che ha contribuito a inasprire una crisi societaria destinata a durare fino a che non verrà eletto un nuovo presidente. Le precedenti due stagioni, in cui comunque il Barça si era laureato campione di Spagna, sono passate alla storia per le rimonte subite nelle gare di ritorno a Roma e a Liverpool. Due trasferte in cui è emersa la fragilità di nervi di un gruppo bisognoso di un ricambio generazionale, di una leadership più carismatica in panchina e di una dirigenza in grado di programmare il futuro con serenità.

 

Sabato è arrivata la prima sconfitta del nuovo corso blaugrana, uno 0-1 sul campo del Getafe. L’allenatore Ronald Koeman, dopo aver all’inizio vestito i panni scomodi del “tagliatore di teste”, congedando senatori come Rakitic, Vidal e Suarez, ha individuato nella maggiore intensità degli allenamenti la base da cui ripartire. Il calciomercato ha offerto poco (il terzino Dest, Pjanic, il ritorno di Coutinho e giovani di sicuro avvenire come Trincão e Pedri) e la coperta in attacco sembra abbastanza corta: l’unica prima punta di ruolo è il danese Braithwaite.

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