Quando una lattina salvò l'Inter dal Borussia Mönchengladbach

Andrea Romano

Il 20 ottobre 1971 i nerazzurri giocarono la partita di andata degli ottavi di finale della Coppa dei Campioni al Bökelbergstadion. Finì con una sconfitta cancellata dal tribunale di Ginevra

Roberto Boninsegna se li sente piovere addosso dalle gradinate. Vengono giù a migliaia. Fischi che gli esplodono nelle orecchie e che gli graffiano la pelle. Parole straniere che gli ricordano che in quello stadio lui è soltanto un ospite sgradito. L’attaccante dell’Inter si avvicina rapido alla linea del fallo laterale per battere una rimessa. È allora che si rende conto di quel particolare. Anche se sono già passati 29 minuti dal fischio di inizio. Perché i tifosi tedeschi si ammucchiano contro la staccionata che separa il campo dalla tribuna. Hanno gli occhi così piccoli e le bocche così grandi. Hanno mani che vorticano in aria e lingue che mitragliano frasi incomprensibili. Ancora e ancora e ancora. Per un attimo Boninsegna cerca di soffocare la paura che si sta gonfiando nel suo stomaco. Perché i tifosi avversari sono così dannatamente minacciosi. Sono così maledettamente vicini che potrebbero toccarlo con un dito. Bonimba raccoglie il pallone e se lo rigira fra i polpastrelli. Non può permettersi distrazioni. Non in quella serata del 20 ottobre 1971. Non nella partita di andata degli ottavi di finale della Coppa dei Campioni.

 

Al Bökelbergstadion, l’Inter affronta il Borussia Mönchengladbach. Una squadra dal talento sconfinato ma dal nome così leggero. D’altra parte, come scrisse Giovanni Arpino, "anche Waterloo non sapeva di niente prima che vi cadesse Napoleone". È per questo che i nerazzurri arrivano in Germania piuttosto rilassati. Dormono in un vecchio mulino a vento, scherzano durante la rifinitura, ostentano sicurezza. Alla vigilia del match Giovanni Invernizzi si presenta in conferenza stampa e predica autostima. "Il vento che soffia da queste parti può mettere in difficoltà la squadra tecnicamente più forte - dice - Cioè la mia". Poi spiega la mossa tattica che dovrebbe dare una svolta alla partita. Il debuttante Fabbian marcherà a uomo Günter Netzer. "Dovrà annullarlo a costo di annullarsi", dice Invernizzi. Bernardino va in campo e obbedisce. Anche se centrerà solo la seconda parte della sua impresa. Netzer, che fino a qualche giorno prima aveva il ginocchio destro ingessato a causa di una distorsione, è imprendibile. Taglia, cuce, ispira. Dopo 21 minuti il Borussia è avanti 2-1. Gol di Heynckes, Bonimba, le Favre.

 

La svolta, però, arriva alla mezzora. Boninsegna battibecca con Müller, supera la linea del fallo laterale, si prepara a battere la rimessa con le mani. Non ha neanche il tempo di portare il pallone dietro la testa che il dolore comincia ad addentargli la nuca. L’attaccante ondeggia e poi si accascia sul prato verde. È svenuto. Per qualche secondo il Bökelbergstadion viene inghiottito da un silenzio surreale. Qualcuno ha visto una lattina di Coca Cola mezza piena volare dagli spalti e centrare in testa Boninsegna. Secondo altri si tratta della solita sceneggiata degli italiani. Non saranno più i gol a decidere la partita, ma le prove. Netzer è il primo a rendersene conto. Gli basta un calcio per spedire fuori dal campo la lattina. Al resto ci pensa un poliziotto che la raccoglie e la scaglia il più lontano possibile. Mazzola osserva la scena e decide di improvvisare. A pochi passi da lui un tifoso stringe in mano un’altra latta di Coca Cola. È un’occasione unica. L’interista fa un balzo in avanti, gli strappa il contenitore rosso, lo porta all’arbitro. Non sarà la lattina originale ma funziona ugualmente. Perché con il ritrovamento del corpo del reato i nerazzurri sono sicuri di vincere a tavolino. Il resto della partita diventava una semplice formalità. Il Borussia continua ad attaccare, gli ospiti difendono in maniera piuttosto svagata. Finisce 7-1. Con l’Inter ridotta in nove. A 15’ dalla fine Jair si strappa la coscia destra. Solo che Invernizzi ha finito le sostituzioni. Dieci minuti più tardi viene espulso Corso. L’arbitro, il signor Dorpmans, viene colpito a una gamba e accusa l’interista di avergli dato un calcio. E poco importa se l’interista negherà sempre di aver centrato il direttore di gara. Al fischio finale inizia un’altra partita. Stavolta si gioca nelle aule della giustizia sportiva.

 

L’avvocato Peppino Prisco chiede la vittoria dell’Inter a tavolino, il tribunale di Ginevra concesse solo l’annullamento della gara e la sua ripetizione, sul neutro di Berlino, il 1° dicembre. Si crea così un cortocircuito. Perché il 3 novembre, a San Siro, Inter e Borussia si sfidano nella gara di ritorno. Stavolta finisce 4-2 per i nerazzurri. Un risultato che rende inutile la gara di “andata”, che termina 0-0. I nerazzurri passano il turno e arriveranno fino alla finale, dove perderanno contro l’Ajax di Cruijff. E stavolta non ci sarà nessuna lattina di Coca Cola a salvarli.

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