(foto Ansa)

La paura di Sara Errani e il momento in cui dimentichi tutto

Luca Roberto

La tennista bolognese, vincitrice di Fed Cup e di tornei dello slam, al Roland Garros non riusciva più a servire. Quel timore della fine e il confronto col passato

A un certo punto a Sara Errani, impegnata al secondo turno del Roland Garros contro l'olandese numero 8 al mondo Kiki Bertens, è capitato di servire da sotto, cioè dal basso verso l'alto e non viceversa com'è consuetudine. Che nel tennis professionistico, dove il servizio è un vantaggio e non un semplice esercizio di rimessa, equivale a darsi in pasto all'avversario, offrirglisi in un sol boccone.

 

 

Ha provato e riprovato, la 33enne emiliana, a colpire la palla in volo con la giusta coordinazione tra braccia e gambe, rischiando ogni volta di sforare il limite massimo di 25 secondi tra la fine di un punto e l'inizio dell'altro. O di mancare l'impatto incassando l'incitamento implicito che si concede al gaffeur, spedendo terra e palline sui teloni a fondo campo. E dopo i ripetuti lanci all'indietro, ora un po' troppo obliqui, poi troppo bassi, sempre sbilenchi, ha scelto di far partire i punti in quel modo approssimativo e un po' compromissorio, che nelle scuole tennis cercano di eradicare dopo un paio di lezioni, perché dentro se stessa sentiva di non potercela fare, di non saper più dare seguito a un automatismo, come il semplice respirare.

 

(foto LaPresse)

 

Verso la fine del terzo set, 5-4 per l'altra e indietro di un quindici sul suo servizio, l'ha sfoderato di nuovo, il colpo dal basso. Lo stesso che l'australiano Nick Kyrgios usa per fare avanspettacolo e irretire l'avversario nei suoi non così rari momenti di euforia. Solo che mentre l'altro la usa come tattica per racimolare qualche punto giocando sul paradosso, nel caso della Errani, come era già successo nel corso del secondo set, quel colpo ricadeva mestamente in mezzo alla rete come una triglia durante una pesca a strascico. Offrendo in dote all'avversaria due match point in un clima surreale.

  

 

In una partita di 3 ore e 11 minuti la Errani ha commesso 14 doppi falli, ha offerto 30 palle break e ha servito a una velocità media di poco superiore ai 100 chilometri orari. Statistiche da competizioni juniores. Ha poi perso la partita 9 a 7 al terzo set ma ha lottato su ogni palla, come non la si vedeva giocare da tempo (le si è ridisegnato in volto pure il famoso grugno di cui tanto avevano timore le avversarie). Lei che sui campi di Parigi otto anni fa si giocò un titolo slam in finale contro Maria Sharapova, e che invece ieri da 150 al mondo cercava la seconda vittoria di fila in un major per esibire un segnale di riscatto parziale dopo anni di oblìo e di fuoriuscita dal tennis che conta.

 

 

A pensarci bene, quante volte avrà compiuto lo stesso identico movimento nel corso di tutta la sua carriera, oltre 15 anni, 3 Fed Cup vinte e 5 tornei dello slam in doppio in coppia con Roberta Vinci? Se si includono a referto pure i tornei provinciali a Forlimpopoli e gli allenamenti giornalieri, probabilmente diverse centinaia di migliaia di occasioni, tutte uguali eppure con l'intorno che cambiava. E sempre con la stessa meccanica: l'apertura alare, il braccio destro che si arcua per formare un angolo retto, il sinistro che innalza nell'aria la pallina gialla, Eppure ieri sembrava che si fosse d'un colpo dimenticata tutto. Dei primi “cestini” al campo di Massa Lombarda come delle impercettibili modifiche che si attagliano attorno a un fisico più solido. E a chi le avesse chiesto: “Come ti chiami?”, avrebbe risposto con un nome falso.

 

(foto LaPresse)

  

Dev'essere solo per questo senso di nevrastenico smarrimento che, mentre l'avversaria lasciava il campo in sedia a rotelle, le si formava sulle corde vocali un vaffa rancoroso. Scagliato in primo luogo verso questa nuova versione di se stessa così modesta rispetto a quello che era stata a pochi metri da lì. Solo fino a qualche Roland Garros fa. 

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