il foglio sportivo – il ritratto di bonanza

E fu Juve, nel silenzio

Alessandro Bonan

Il lockdown, per Lazio e Inter, ha prodotto l’effetto di un sonnifero. L’Atalanta ha fatto tremare i bianconeri. Ma per batterli servono i cannoni. Lo scudetto di Cristiano Ronaldo e Dybala. E di Sarri che ha rinunciato a se stesso

Chissà se il silenzio ci ha resi più sensibili. Durante il lockdown, ci siamo abituati ad ascoltarlo, provenire dalla strada deserta, dai cantieri abbandonati, dai negozi chiusi. L’assenza di qualsiasi rumore amplificava i gesti, rendeva diverse le parole; migliori, peggiori, difficile dirlo. Le scandiva, le arrotondava, le ingigantiva, le sminuiva, le spezzava, le abbandonava sospese. E così nel calcio, il silenzio degli stadi ci ha restituito un gioco che a tratti ci è parso cambiato, pur essendo questo sport lo stesso di sempre: una rete di passaggi, a maglie strette o larghe a seconda della filosofia di gioco, tesa a portare il pallone nella porta avversaria.

 

In questo silenzio – piccolo paradosso- si è perduta la Lazio, che al rumore di un primato non è certamente abituata. Si è incantata spesso l’Inter, come in preda a colpi di sonno durante un viaggio nella notte. Sia Inzaghi che Conte, più il primo del secondo, hanno smarrito il senso del gioco, del ritmo, della competizione. Il silenzio, per Lazio e Inter, ha prodotto l’effetto di un sonnifero. Conte ha perfino provato ad alzare la voce per svegliare l’ambiente. Lo fa spesso, prefigurando scenari di tempesta a cui seguono malinconici piovaschi. La migliore, tra le inseguitrici della Juventus, è stata l’Atalanta. Il dramma della città colpita dal virus, ha come reso immune Gasperini su cui il silenzio non ha provocato nessun effetto. Come se l’allenatore dai bianchi capelli, sospinto da convinzioni profonde e radicate, trovasse nella mancanza di rumori non il vuoto ma il suo contrario. L’Atalanta ha fatto tremare la Juventus, dominandola per un tempo, colpendola anche quando sembrava un po’ stanca. Di tutte le squadre tornate in campo è quella che ha mantenuto fedelmente la propria identità, non cambiando di una virgola la vocazione alla corsa, all’aggressività e al coraggio. Se fosse stata un po’ più in alto in classifica prima del blocco, avrebbe probabilmente concluso davanti a tutti. Anche se, per battere la Juventus, servono i cannoni. A niente vale qualsiasi discorso sulla qualità del gioco, ormai zucchero sul miele per quanto ridondanti.

 

La Juventus vince con i campioni, con Ronaldo e Dybala, che sono i migliori. Il compito della squadra è portare la palla il più spesso possibile verso di loro, dandogli tante opportunità. Sarri ha rinunciato a se stesso per farlo, forse si è quasi rassegnato, ma questo non toglie nulla al suo esemplare lavoro. Che si è concluso perfettamente in armonia con il deserto circostante, quando ha scelto di rientrare negli spogliatoi senza festeggiare in campo con la squadra e quando poi, sigaretta in mano, ha rotto il personale silenzio con la frase più intelligente che potesse pronunciare: “Se hanno vinto con me, vuol dire che erano forti per davvero”. Quando si dice l’autoironia, il rumore dei giusti.