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Non solo Zemanlandia. 100 di questi Foggia

Alberto Facchinetti

I rossoneri la stagione del centenario l'hanno iniziata dai Dilettanti. Dei tempi di Zemanlandia sono rimaste pochissime tracce, il campionato è stato interrotto con la squadra al secondo posto

Il campo dello Zaccheria non aveva un filo d’erba, durante la partita si alzavano da terra delle nuvole di polvere che rendevano affannosa la respirazione dei calciatori. Oronzo Pugliese, con la grinta dell’allenatore che si è fatto da solo, accompagnava l’azione della sua ala quasi sulla linea di fondo. “Foggia cha cha cha”, urlavano i tifosi allo stadio, caricando la squadra di casa e intimorendo gli avversari. I rossoneri salirono in serie A per la prima volta nella loro storia nel 1964. Sconfissero subito l’Inter di Helenio e poi la Juventus dell’altro Herrera. Fu allora che esplose definitivamente la passione di una intera città per la squadra. Da quel momento il feeling è rimasto sempre lo stesso, anche oggi che il club è nei dilettanti.

 

Già nei primi anni di vita della società, a Foggia si viveva il calcio in maniera molto sudamericana. “Quando si perdeva, anche la gente più equilibrata era capace di toglierti pure… il saluto, di tenerti il broncio duro e impenetrabile per giorni e giorni: cose proprio da innamorati! Ma nei giorni di vittoria, chi poteva frenare quella gente?”, raccontava Giosuè Poli, calciatore negli anni Venti. Però fu con Pugliese che si arrivò al calcio che conta. “Lui è il mago del nord, io sono il mago del sud. E lui mi deve riconoscere come tale”, disse Pugliese rivolgendosi ovviamente ad Herrera alla vigilia della gara in casa con l’Inter. In panchina si muoveva quasi quanto un calciatore e riusciva a essere in completa osmosi con il pubblico. Al gol di Nocera contro l’Inter entrò in campo e stampò un bacio sulle guance del suo attaccante.

 

L’anno successivo venne finalmente impiantata l’erba verde sul terreno dello Zaccheria, il Mago di Turi intanto aveva accettato la proposta della Roma e al suo posto in panchina ci andò il cognato Egizio Rubino, che salvò ancora la squadra.

 

Oggi il Foggia compie un secolo di vita. Le celebrazioni per l’anniversario sono saltate a causa dell’emergenza coronavirus, sia quelle ufficiali della società sia quelle del comitato “Rossoneri per sempre”. Il giornalista Domenico Carella ha scritto per l’occasione il libro “Foggia 100, la categoria… un dettaglio” (in uscita a giugno) e prodotto da sé un documentario artigianale, ma ricchissimo di interviste. Non potendo presentarlo in pubblico, ha deciso in questi giorni di caricarlo sul web.
Prima dello splendido periodo di Zeman, il Foggia visse decenni altalenanti. Negli anni Settanta fu un ascensore quasi perfetto, su e giù. Promosso in A nel 1970, retrocesse subito e fece due anni di B prima di risalire, poi retrocessione e un paio di campionati nei cadetti e altrettanti in A, ancora discesa nel 1977. Da qui stagioni buie di serie C e fallimenti. I Settanta sono stati gli anni di Gianni Pirazzini, il capitano nato in Romagna ma col Foggia nel cuore. Ha giocato 374 partite e qui si è fermato a vivere.

 

Presa in mano la società, Pasquale Casillo scelse Giuseppe Pavone come direttore sportivo. È Pavone che nel lavoro di Carella racconta come avvenne la scelta di Zeman allenatore (il 12 maggio compie gli anni anche il mister). Il neodirettore si era innamorato da tempo del gioco del boemo. Durante un ritiro a Norcia, la Cavese e il Licata condividevano il campo e Pavone, allora ancora in attività come calciatore, poté vedere quotidianamente gli allenamenti di Zeman. Nel 1986 il primo nome a cui pensa per la panchina del Foggia è proprio il suo. A maggio però il Licata andò a Foggia per una partita di campionato e i rossoneri allenati da Giovan Battista Fabbri vinsero 2-0. “Non dare retta a Peppino”, dicevano i tifosi a Casillo. Ma Pavone era talmente certo della bontà della sua scelta, che riuscì a convincere il presidente su Zeman.
Peppino, Pasquale e il Muto, come viene ribattezzato da subito, si trovano per la prima volta tutti insieme. È ancora Pavone a fare di quel primo appuntamento uno spassoso racconto. “Peppino, come fa questo a fare l’allenatore, se non parla?”, gli chiede Pasquale. Il Muto fuma: “Presidente, s’impara di più ad ascoltare che a parlare”. “Oh, abbiamo pigliato il filosofo!”. Anche le imitazioni delle voci sono perfette.

 

In questo momento nasce Zemanlandia. Sei anni (con un’interruzione), dalla C alla A facendo un calcio spettacolare con calciatori poi diventati famosi come Signori, Baiano, Rambaudi, Di Biagio, Shalimov e Kolyvanov. Zemanlandia ebbe un revival poco fortunato nel 2010, ma intanto il gusto per il calcio d’attacco si era ben radicato a Foggia. Dopo Sdengo e Enrico Catuzzi (una solo stagione), sulla panchina arrivò Delio Rossi, già calciatore rossonero e allenatore della Primavera. Nei primi Duemila fece un bel biennio Pasquale Marino e negli anni più recenti vengono ricordati De Zerbi e Stroppa, allievo del boemo.

 

Dopo l’ennesimo fallimento, il Foggia è partito nella stagione del centenario dai Dilettanti. Dei tempi di Zemanlandia sono rimaste pochissime tracce, il campionato è stato interrotto con la squadra al secondo posto. Gli abbonati nel campionato di serie D sono ancora più di quattromila.

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