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I like di Totti e le ascelle degli inglesi

Jack O'Malley

Il Pupone fa parlare di sé per i “mi piace” (poveri noi), in Premier il Var ha raggiunto livelli surreali

[Anticipiamo un articolo del numero del Foglio Sportivo in edicola domani e domenica. L'edizione di sabato 25 gennaio e domenica 26 gennaio la potete scaricare qui dalle 23,30 di venerdì 24 gennaio]

 


 

Ho sempre considerato Francesco Totti un grandissimo calciatore, ma non ho mai sopportato la retorica alla vaccinara che ne è stata fatta, con l’esaltazione provinciale della romanità come chiave di lettura di ogni vicenda del mondo calcistico. Il suo addio al calcio sembrava un funerale, un osservatore distratto vedendo le immagini delle lacrime che scorrevano a fiumi avrebbe potuto pensare alla morte di qualcuno, mentre era solo un anziano campione che si era deciso a ufficializzare quello che il fisico aveva ufficializzato già da tempo. Tra i più forti giocatori degli ultimi trent’anni, Totti non ha ancora capito cosa fare da grande, e questo ha ricadute angoscianti su giornali, siti di informazione e ambiente romanista. Ogni volta che il Pupone segna un gol durante la partitella infrasettimanale di calcetto con gli amici anziani e in sovrappeso ci viene riproposto in video ovunque, con titolazioni che si vedono solo per Cristiano Ronaldo che mangia l’avocado. La conferenza stampa in cui ha annunciato l’addio alla Roma da dirigente ha avuto più risalto di un monito di Mattarella, e adesso che forse la società giallorossa cambierà proprietario l’unico interesse del giornalista sportivo medio è se il nuovo presidente chiamerà Totti in società. L’oblio è qualcosa di terribile e spaventoso per uno sportivo, ma probabilmente è meglio quello che far parlare di sé per i like messi su Instagram. L’analisi dei “mi piace” sui social network è l’ultima frontiera della pigrizia giornalistica sportiva già da qualche anno: un “cuore” messo al post di un’altra squadra diventa una firma su un contratto, un retweet un rinnovo, ogni foto postata è analizzata nei minimi particolari perché potrebbe nascondere messaggi subliminali. Da un po’ di settimane si parla di Francesco Totti per i like antiromanisti che metterebbe su Instagram. Prima quello al commento di un tifoso che scriveva “Vendete Florenzi” (e subito tolto e smentito), poi quello a Bobo Vieri che faceva gli auguri alla Lazio per i 120 anni del club, adesso quello al post di Buffon che celebrava la vittoria della Juve contro i giallorossi in Coppa Italia. Seguiranno certamente smentite e ritrattazioni, per giorni si parlerà dei “mi piace” dell’ex Capitano della Roma. Fino al prossimo gol a calcetto.

 

Ognuno ha le sue perversioni, e noi inglesi non siamo da meno. Da mesi non parliamo d’altro che di ascelle. L’orrido strumento chiamato Var sta rovinando in parte il campionato più bello del mondo con gol annullati per microscopiche parti del corpo in fuorigioco, misurate con il righello su linee disegnate con i pennarelli dagli arbitri. Si dà il caso che un po’ di reti quest’anno siano state annullate perché in offside risultava l’ascella dell’attaccante. Ora, va bene che abbiamo scoperto da poco che c’è sempre più gente che le usa per trombare, ma non ricordo gol segnati con quella parte del corpo. A norma di regolamento ci sta, lo so, ma le regole troppo ferree sono la morte della verità. Nato per correggere “errori chiari ed evidenti”, il Var sta diventando peggio di un avviso di garanzia di un pm italiano. Se il fuorigioco è questione di misure oggettive, anche un millimetro basta per farlo fischiare. Ci credo che poi molti ripiegano sulle cosacce ascellari.

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